“Nell’universo ebraico, la Creazione del Mondo ha separato il mondo da Dio, rendendo per ciò stesso il mondo senza Dio: l’Onnipotente nella Sua misericordia ha scelto Yisrael, a cui ha affidato la Torah (…) scesa nel nostro mondo al modo di Sophia nella visione gnostica. (…) Yisrael è la Chiesa dell’Umanità: è la sola presenza di Dio nel mondo materiale, perché Yisrael può comunicare con Dio, mentre i goym sono diversi dal popolo d’Israele dal punto di vista esistenziale, e non hanno alcuna possibilità di adorare il Dio di Yisrael, se non servendo Yisrael.
Yisrael è la Luce delle Nazioni, e le Nazioni son illuminate dalla sua Luce, come un albero illuminato dal sole, restando tuttavia un albero”.
Così spiega Israel Adam Shamir, il convertito all’Ortodossia, in un suo saggio (Dei mondi e degli dèi, che leggo nel volume che ha pubblicato in Francia, dal titolo “La Bataile du Discours”: chiedere a www.israelshamir.net). Ma ancor più desolato è quel che segue: attualmente, spiega Shamir,
“Nell’universo ebraico, ogni comunicazione tra l’Uomo e Dio è troncata. L’idea stessa di un intervento diretto di Dio è rigettata dai Savii ebrei, in una parabola talmudica, con queste parole: ‘Da quando la Torah è stata data ad Israele, tutte le decisioni sono prese da noi sulla Terra. Dopo la distruzione del Tempio, anche Yisrael non può comunicare con Dio’. Quindi, come si vede, l’universo ebraico è un universo senza Dio, e ciò si manifesta in tutti i campi”.
Prezioso insegnamento, che illumina la natura profonda – radicale – dell’ ateismo ebraico, che a noi cristiani sfugge. Non soltanto sono atei gli ebrei “normalmente” secolarizzati; è ateo – disperatamente – l’ebreo religioso, l’haredi, il Lubavitcher che vediamo circolare fra noi con yarmulke, riccioli unti che spuntano dal cappello nero, frange che pendono di sotto la giacca nera alla moda negli shtetl polacchi dell’Ottocento, che si coprono di tellit e tefillim quando “pregano”: pregano un Dio che non esiste nel mondo, e con cui la comunicazione è interrotta, finché non ricostruiranno il Tempio a Gerusalemme; da cui la necessità totale con cui gli ebrei puntano ad avere il Tempio nel solo luogo dove si ristabilirà (per loro) il contatto, la nobile spianata.
La prima volta che ho letto questa preziosa pericope di Shamir, il pensiero è andato alla “dottrina esoterica” che Leo Strauss insegnava solo agli allievi selezionati (quelli che oggi chiamiamo neocon), gli iniziati: “una versione giudaizzata del pensiero di Nietzsche” che comunicava solo a quelli “ capaci di sopportare la verità, cioè che non esiste alcuna moralità, né bene né male, e che la storia umana è insignificante di fronte all’universo”. Mentre alla comune umanità (ai goym), insegnava Strauss, bisogna inculcare che esiste la morale, la verità, il bene, ed esiste un Dio “padre fustigatore”, che premia il bene e punisce il male – una religione come puro instrumentum regni, mezzo di dominio politico sulle masse inferiori.
Adesso, è opportuno ricordare in quale disperato deserto metafisico vive il popolo ebraico, a causa del documento che il Vaticano di Bergoglio, a cura della Commissione per i rapporti religiosi con l’Ebraismo, ha ritenuto necessario diramare il 10 dicembre: dove non solo si ripete che gli ebrei non hanno bisogno di riconoscere Cristo, ma – per la prima volta così esplicitamente – si afferma – “La Chiesa cattolica non conduce né incoraggia alcuna missione istituzionale rivolta specificamente agli ebrei”. Un rifiuto, si sottolinea, “di principio” (cap.6).
La Chiesa, con questo documento si proibisce, e vieta ai suoi fedeli, di convertire gli ebrei, “perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili” (citazione di Paolo, Romani 11,29). La missionarietà “istituzionale” della Chiesa si applichi gli altri, ai goym; verso gli ebrei, no (1).
Ed è molto indicativo che questo avvenga nelle settimane in cui Bergoglio ha indetto il Giubileo, ossia ha aperto le porte della Misericordia a cui tutto il genere umano è chiamato prima che giunga l’anno della Giustizia. Tutto il genere umano, tranne l’ebreo.
Che dire? Per duemila anni la Chiesa non ha sentito il bisogno di Commissioni. Adesso vediamo che cosa significa. Ogni commissione è burocratizzazione e perdita di carità. E questa Commissione, dedicata al “dialogo” – come le Kommissioni della UE – invece di aprire, chiude. Proibisce ai cristiani di compiere, verso gli ebrei intesi come popolo, il massimo atto di carità cristiana immaginabile: che accettino il Messia e salvino le loro anime. Abbiamo il tipico caso di una Chiesa scaduta a burocrazia: per fare un atto politicamente corretto, rinuncia ad un atto di amore.
Potete leggere il documento qui, se ne sopportate la verbosa banalità, la piattezza superficiale, il conformismo (non può mancare l’obbligatoria menzione della “grande tragedia della Shoah”) e la profonda insensibilità per la vera tragedia di Ysrael, che ha perso il contatto con Dio…
Di fatto, questa pronuncia lascia fuori l’Ebreo dall’Anno della Misericordia. O piuttosto – perché sicuramente un documento simile è stato concordato col rabbinato, se non dettato di sana pianta (al Concilio fu il B’nai B’rith a fornire la bozza della Nostra Aetate, con cui la Chiesa vietò di ricordare che gli ebrei hanno ucciso l’Uomo-Dio) – sarà stata Ysrael ad imporlo: lasciateci fuori dalla Misericordia, nel nostro mondo dove Dio non c’è.
E sarà coincidenza il momento storico in cui ciò avviene? Alle porte di Sion eserciti ed irregolari si combattono; addirittura due coalizioni, che fingono di combattere contro i terroristi che in realtà sostengono i massacratori, e in realtà cercano il conflitto contro la terza, che li sta battendo. E la preda torturata è la Siria dove tutto è cominciato, è Damasco dove l’ebreo Saul galoppava pieno di rabbia fanatica prima di essere scavalcato; Damasco dove visse Luca evangelista; Damasco dove nella moschea Ommyade era venerata la testa del Battista decapitato.
Sono radunati lì in armi, è stato notato, più stati, popoli e regni di quanti parteciparono alla seconda guerra mondiale. Non è possibile non ricordare l’Apocalisse 16:
“12 Poi il sesto angelo versò la sua coppa sul gran fiume Eufrate, e le sue acque si prosciugarono perché fosse preparata la via ai re che vengono dall’Oriente. 13 E vidi uscire dalla bocca del dragone, da quella della bestia e da quella del falso profeta tre spiriti immondi, simili a rane. 14 Essi sono spiriti di demòni (che) vanno dai re di tutta la terra per radunarli per la battaglia del gran giorno del Dio onnipotente. 15 (Ecco, io vengo come un ladro; beato chi veglia e custodisce le sue vesti perché non cammini nudo e non si veda la sua vergogna). 16 E radunarono i re nel luogo che in ebraico si chiama Harmaghedon”.
Damasco sta a nemmeno 160 chilometri dall’antica Megiddo. Il luogo di tutte le battaglie finali, della battaglia che liquidò l’ultimo discendente “germoglio” di David”, il re Giosia nel 609 a.C. “restaurò il culto di YHVH” e, fidando nelle promesse di dominio mondiale di Ysrael, sbarrò il passo (o rifiutò il tributo?) al faraone Necho; il quale lo uccise “appena lo vide”. Come ha potuto – si son domandati per due millenni gli ebrei – un re così giudaicamente pio, pollone di David, allevato dai sacerdoti de tempio, essere a tal punto sconfitto? Dov’è YHVH se non “retribuisce” l’osservanza con la fortuna e il potere?
Dopo Giosia, la stirpe di David scompare dalla scena politica. Perduta per sempre – a meno che non si creda che una modesta coppia di Nazareth, nel cui sangue scorreva quello del re biblico, 1400 anni dopo abbia dato nascita ad un “germoglio di David”, ad un Re ancor più disfatto, “appeso al legno”.
Disfatto? “Nell’universo cristiano – conclude Shamir nel testo con cui esordito, al contrario che nell’universo giudaico, “non ‘è alcun abisso insormontabile fra Dio e il Mondo, perché Dio stesso è sceso nel mondo, dove si è incarnato”. Ecco la risposta alla disperazione ebraica.
Eppure, ebrei continuano a venire.
Nota 1
Ovviamente, ebrei continuano a bussare alla porta della Chiesa – di questa Chiesa – attratti, come chiamati da Cristo ad uno ad uno; alla spicciolata, singolarmente, e incontrando difficoltà incredibili. Nel numero di dicembre di Culture Wars, la rivista cattolica fondata e diretta da Michael Jones, una ebrea ha raccontato con disperato umorismo gli ostacoli e le difficoltà opposte dalla comunità cattolica Usa a chi cerca di convertirsi. “Nel protestantesimo, ho incontrato presbiteriani amichevoli, luterani accoglienti, pentecostali che mi invitavano calorosamente nel loro gregge e hanno spesso ore ed ore a insegnarmi cose che non conoscevo, come ‘chi era Gesù’? …”. Quando invece ha bussato alla Chiesa, ha incontrato “indifferentismo, cattolici che non sanno molto della loro religione, gente che non legge i Vangeli…non posso contare le volte in cui qualcuno mi ha detto che non avevo bisogno di farmi cattolico, perché essere ebra era già abbastanza”. Alla fine, l’hanno passata ad una organizzazione a cui devono fare riferimento in Usa quelli che vogliono proprio insistere a convertirsi: la RCIA, che sta per Rites of Christian Initiation of Adults, esempio tragicomico della burocratizzazione clericale. Mesi e mesi di sedute di gruppo- tipo quelle degli Alcoholics Anonymus – in cui dei volontari laici, per lo più pensionati con tanto tempo libero (i preti non si fanno vedere che di rado), invece di insegnare il catechismo e la dottrina, fanno propaganda progressista, ideologia e molta psicanalisi da retrobottega, quasi volessero sapere “perché”, per quali oscure frustrazioni o motivi inconfessati, uno vuol farsi cattolico…”Io rispondo: lo sa Dio”, conclude la signora. E’ vero, Dio solo lo sa, in questa Chiesa.