Un lettore mi scrive dagli Usa: “Il collega con l’ufficio di fianco al mio, uno scienziato sessantenne piuttosto famoso, mi ha appena detto, sconsolato, che la sua alma mater, Yale, ha cancellato la sessione di esami di mezzo termine, perché gli studenti sono troppo stressati per parteciparvi…”.
La generazione Snowflakes (”Cristalli di Neve”, così perfetti e delicati) è traumatizzata dalla vittoria di Trump. Università e scuole superiori stanno offrendo “safe spaces”, spazi sicuri dove i giovani delicati e perfetti non possano essere raggiunti dalle durezze della realtà.
La St. Mary’s University di Moraga, California, ha inviato una email a tutti i suoi studenti invitandoli “consolarsi a vicenda” nel Centro Interculturale, e nel Cento di Risorse Femminili (Women’s Resource Center), due “spazi sicuri” dove vengono forniti “bevande tiepide” e “nutrimenti”, e dove possono calmare l’insopportabile stress “dipingendo, impegnandosi in progetti creativi, dialogando e riflettendo”.
La Illinois State University ricorda ai suoi studenti che l’istuto dispone di un “Servizio di assistenza psicologica” (Student Counseling Service) ove “Il consulente vi può aiutare a verbalizzare i vostri sentimenti, trasformare la vostra angoscia in azione, e auto-consolarvi”. Fra le tecniche di “auto-consolazione” (self-soothing) sono indicati: succhiare una caramella dura, guardare le nuvole, prendere un bagno caldo..
Alla Miami University, il Women’s Center annesso alla Facoltà di Studi Internazionali offre “spazio di sostegno condiviso” a tutti coloro che “vivono nella paura e nel dolore” dopo la vittoria di Trump. Perché “la campagna di Trump ha alzato le possibilità dell’oppressione delle comunità vulnerabili e sistematicamente emarginate. Molti studenti oggi non si sentono sicuri oggi”.
Il preside di un college (New School) comunica ai suoi studenti ai quali l ‘esposizione alla “islamofobia, misoginia, razzismo, xenofobia, e un’ondata di altri discorso d’odio” ha creato “insicurezza sostanziale” che si posso servire del “safe space” fornito dall’istituto, dove potranno “elaborare le loro emozioni”: Similmente la university of California Merced comunica che è stato allestito nel campus “uno spazio di riunione” dove coloro che soccombono alla “crisi emotiva dovuta alle elezioni” potranno trovare counseling”, anche “di gruppo”.
Decisamente, se l’Europa è afflitta dalla Erasmus Generation (che unisce “studio e divertimento” mentre viene indottrinata all’ideologia della Commissione), l’America ha un problema con la Snowflakes Generation. Cinquant’anni fa dai campus di Berkeley e Harvard, un’altra generazione di studenti innescò la protesta contro il Vietnam, la rivoluzione sessuale, il movimento Hippy – e la rivoluzione culturale , il “vietato vietare” che poi dilagò nel’68 in Europa , ora c’è il rischio che arrivi da noi anche la Snowflake Revolution? C’è tra tremare al pensiero.
E’ dunque urgente imparare a conoscere il fenomeno, che si rivela nel diluvio di lacrime, strilli (e minacce di uccidere Trump) in questi Cristalli di Neve. Essi chiedono, anzi, pretendono di essere protetti da parole ed idee contrarie alle loro, invocando che esse provocano loro “traumi emotivi”. Nella Harvard Law School, la celebre facoltà di diritto (da cui è uscito anche il presidente Obama), le studentesse hanno chiesto ai professori di non usare la parola “violare” – come nell’espressione “violare la legge” – perché essa può “scatenare angoscia” in compagne che possono aver subito atti di aggressione sessuale. In certe facoltà al docente di letteratura latina gli studenti hanno intimato di smettere di leggere le Metamorfosi di Ovidio perché non aveva dato il “trigger warning”, ossia avvertito in anticipo, e preparato psicologicamente gli studenti, che nel testo si parlava di “aggressioni sessuale”, ciò che traumatizzava studentesse che potevano averle subite. La lettura del Grande Gatsby di E Fitzgerald, ed ancor peggio la visione del film tratto dal romanzo, con Leonardo di Caprio protagonista, ha fatto sì che il docente di letteratura americana di Harvard sia stato sottoposto ad un vero e proprio processo da parte degli studenti, con interrogatorio: “Perché ha scelto di mostrare questo film?”, “Perché ci ha imposto la lettura del testo senza preavvertirci del contenuto?”.
Nell’insieme, dunque, gli snowflakes hanno di fronte alle idee, realtà, e persino alle parole a loro sgradite il seguente atteggiamento: non si preparano a combatterle non vogliono attrezzarsi per contrastarle; non vogliono sentirle, invocando che esse producono loro“angoscia emotiva” , emotional distress, e “urtano i loro sentimenti”. Ed effettivamente, gli Snowflakes sono grandi utenti dei pronti soccorsi psichiatrici e notevoli consumatori di psicofarmaci.
Ovviamente sono dei pericolosi nemici della libertà d’espressione e di pensiero che dovrebbero dominare le università; essendo figli di papà ricchissimi e le università con le loro rette costosissime dovendo accontentarli, il corpo studentesco nel suo insieme esercita una dittatura del politicamente corretto dove gli studenti si assumono da soli il compito di psico-polizia e sorveglianti dei tabù e divieti di pensare in modo “emozionalmente urtante”, a cui li ha abituati il conformismo mainstream imposto dalle “minoranze oppresse” o “discriminate” o che si proclamano tali: donne, lgbt, musulmani, immigrati clandestini, finocchi vari. Adesso si vede che sono anche contro la realtà (che non fornisce affatto “safe spaces”) e contro la democrazia, che non obbedisce ai loro delicatissimi sentimenti. E si lanciano in terrificanti bizze e capricci, ma si rivelano anche capacissimi di atti di violenza.
A Stafford, Texas, uno studente di undici anni è stato pestato dai compagni perché, in una finta elezione a scuola, aveva ammesso di aver votato per Trump.
E’ solo un caso fra le centinaia che stanno avvenendo in Usa; gli snowflakes sono parte delle folle che bruciano auto, bandiere, spaccano vetrine – affiancati dai disoccupati organizzati pagati per questo lavoro da Soros e simili finanziatori, e dai violenti di Black Lives Matter, di cui possiamo vedere qui come pestano un bianco gridandogli “Tu hai votato Trump!”. Ovviamente i mainstream media non l’hanno diffuso.
Un altro docente italiano, che lavora in una prestigiosa università frequentata da jewish princessses, figlie viziate di miliardari ebrei (non farò il nome né dell’uno né dell’altra) scrive: “Qui al College e in generale nel Paese s’è scatenata tutta una sarabanda di “Hitler ad portas’, ‘proteggiamo le studentesse’, ‘siamo in pericolo’, creando un tale panico che ovviamente le cose- come nel film di Ken Russell The Devils of Loudun– poi succedono, almeno nell’immaginazione. Esempio: Sono passati, si, due scemi con la bandiera di Trump sul campus e avranno anche sbeffeggiato le studentesse del college, ma si è cominciato a dire che han sputato a dei neri. Io non so quale sia la verità, ovviamente, ma …petizioni di qui, petizioni di la, ho ricevuto oltre trenta email dalla presidentessa, dal decano, da professori che organizzano marce, studentesse che non si sentono ‘sicure’ (da notare che tre anni fa fu una statua di un uomo in mutande a renderle non sicure…).
Snowflakes delicatissimi e picchiatori negri pagati: che disagevole alleanza. Durerà? Saranno in grado di innescare la rivoluzione colorata in Usa? Stiamo a vedere. Se la speranza prima è che Trump sciolga la NATO e faccia amicizia con Putin, anche una guerra civile americana che li distraesse dal mondo, non sarebbe sgradita: the second best, come dicono loro.