A Ulanbator c’erano tutti i 28 rappresentanti dei paesi UE, fra cui 15 capi dei nostri governi, e gli altri avevano mandato i ministri degli esteri, o i vice. C’era ovviamente al Mogherini. Prima, venerdì, arriva la tragica notizia della strage di Nizza, e il ministro Ayrault s’invola. Passano poche ore, e alle 05.30 ora locale, la cancelliera Merkel viene svegliata da una telefonata da Berlino: golpe in Turchia! e l’Europa che conta è lì. All’oscuro di tutto. Le sette ore di differenza di fuso orario non aiutano – anche perché con la Merkel, a 7 mila chilometri dagli eventi, in un inutile “vertice Europa-Asia”, ci sono tutti quelli che contano: il capo della Cancelleria Peter Altmaier, il ministro degli Esteri Steinmeyer, il vice-cancelliere Sigmar Gabriel,. Oltre naturalmente le teste pensanti della Commissione: Juncker, Tusk, Mogherini. Tutti ignari. Mancanza di intelligence, è il caso di dire.
La prima ministra polacca Beata Szydlo chiede alla Canceliera: qual è la posizione tedesca sul golpe turco? Così, tanto per sapere dalla Testa pensante come regolarsi. Juncker, Tusk, la delegazione germanica è già attaccata ai telefoni per cercare di parlare con gli uffici in Europa, e a Washington – e ai computer per vedere le notizia su Internet: la sola fonte di cui spera di disporre la Commissione che (notoriamente) è scarsa di intelligence. Il guaio è che a Ulan Bator i telefonini prendono male; figurarsi il web. La linea cade continuamente. “Proprio quel che non ci vuole in una situazione del genere”, decreta una delle teste pensanti. Passa nelle loro teste la triste situazione: la UE non si è dotata di una sua intelligence, affidandosi a quella americana, e adesso si vedono le conseguenze.
Non migliora la ricezione il fatto che il paese ospitante ha ospitato le nutrite delegazione europee in un quartiere nuovo appositamente costruito per il vertice Asem; bellissima posizione con vista sulla sconfinata steppa che fu dominio di Gengis Khan – dove però “non c’è campo”. Quanto agli incontri politici, il governo mongolo ha avuto la bella idea di farli avvenire in una yurta, una tenda mongola tonda di feltro e pelle. Un’altra idea bellissima, in tempi tranquilli. Ma adesso succede in poche ore che il più potente alleato della NATO, Erdogan, è sotto colpo di stato; che forse è un falso golpe architettato da lui; che Erdogan accusa gli Stati Uniti di aver tenuto bordone ai golpisti, ed ha persino tolto l’elettricità alla base NATO di Incirlik, da cui gli F-16 americani decollavano per (fingere di) bombardare Daesh. Gli americani della base sono di fatto prigionieri. Che succede? Si sgretola la NATO? Mutti è particolarmente preoccupata perché ha mandato a Incirlik 240 fra piloti ed avieri tedeschi coi Tornado, per (fingere di) bombardare l’IS sotto comando Usa, contro il parere del Bundestag; e adesso? Chi li sente, i parlamentari? Cosa sarà dei nostri ragazzi della Luftwaffe? Tanto più che già al vertice NATO di Varsavia due settimane fa, Erdogan – offesissimo per come i satirici tedeschi satireggiano – ha rifiutato di consentire ai parlamentari germanici di visitare i piloti a Incirlik.
Ore d’ansia.
Tusk e Juncker, a nome dei 28 tutti, impapocchiano un comunicato in cui “sostengono il governo democraticamente eletto”. Ma al momento della conferenza-stampa finale, davanti alle domande dei giornalisti, Tusk si chiude in un freddo riserbo: non vuol confessare che gli manca l’intelligence (cosa già fin troppo evidente). La Merkel riesce a far meglio: “In questo momento difficile, ci guida l’impegno per la democrazia parlamentare e le sue istituzioni. Siamo guidati dalla solidarietà con tutte le forze politiche [turche] di governo e di opposizione che si sentono impegnate rigorosamente a questi valori”. Sa o non sa che in nome di questi valori Erdogan ha appena mandato via quasi 3 mila giudici? Chi lo sa. Apparentemente, sono al buio. L’Unione Europea ha tutto, è scarsa di intelligence. Non aveva sentito arrivare nulla. Solo il ministro inglese è rimasto a Londra: una migliore intelligence, probabilmente.
Tutte le delegazioni si affrettano a prendere i voli di ritorno. Ma ecco un problema: lo fanno presente alla Cancelliera il presidente bulgaro Rosen Plenel e il presidente elvetico Johann Schneider-Amman: hanno prenotato i voli via Istanbul, e adesso lo spazio aereo è (forse) chiuso. Sono alquanto angosciati. Fulminea, la Cancelliera prende la decisione sovrana che ci si aspetta da lei: tu, Johann, vieni sul mio aereo, ti scarico a Berlino che è vicino a Zurigo; il bulgaro lo infiliamo nella delegazione ceca.
E’bello avere un capo. Tutti tornano a casa e sapranno le notizie una dozzina di ore dopo. E’un episodio comico ma in fondo altamente simbolico: batte un’ora cruciale della storia, e l’intera Unione Europea è nel posto sbagliato nel momento sbagliato.