Il presidente francese s’è preso per Obama: ha ordinato almeno quattro assassini mirati, fra cui quello del capo somalo degli shabab Ahmed Godane, a settembre. Per di più, l’ha anche raccontato a due giornalisti che stavano preparando un libro celebrativo della sua presidenza, Un président ne devrait pas dire ça,
Per suo ordine le persone da uccidere sono state localizzate dal DGSE (i servizi esteri) che poi hanno passato i dati a droni Usa, che avevano eseguito il lavoro.
Il punto è che la Francia – al contrario di Washington che se n’è ben guardata – ha riconosciuto il Tribunale Penale Internazionale (art,52-2 della Costituzione) , che quindi può trarre in giudizio il capo della Stato francese di aver ordinato l’esecuzione capitale di persone non prima sottoposte a processo, ossia senza inchiesta, senza procura d’accusa, senza avvocato difensore; e ciò nel contesto di un conflitto armato (con l’armata francese presente nella zona) , il che configura un crimine di guerra. La Corte può ovviamente trarre in giudizio capi di stato e di governo.
(Qui per lo statuto della Corte: http://www.cirpac.it/pdf/testi/Statuto%20di%20Roma%20della%20Corte%20Penale%20Internazionale.pdf)
Immediatamente l’ex leader del Fronte della Sinistra Jean-Luc Mélenchon ha rilevato in interviste: “Spero che smentirà quel che è scritto nel libro, perché gli assassini mirati sono materia da Tribunale Penale Internazionale”. Pierre Lellouche, deputato della LR, ha dichiarato che su Hollande “si pone ormai la questione dell’articolo 68”: ossia della destituzione del capo dello Stato “in caso di mancamento ai suoi doveri manifestamente incompatibile col suo mandato”; Lellouche ha apostrofato: “Come si può immaginare […] che il presidente della Repubblica, capo delle armate, si faccia commentatore in tempo reale delle decisioni più segrete in materia di impiego della forza?”. Dunque il deputato non se la prende con Hollande come assassino, ma per aver spifferato segreti di stato. “Ha violato apertamente l’obbligo del segreto”. Effettivamente è difficile immaginare un De Gaulle, o anche un Mitterrand, confidare a giornalisti i sanguinosi segreti degli “arcana imperii”. La storia recente della Francia (basta pensare all’Indocina, all’Algeria, alle operazioni nell’Africa) è probabilmente piena di cose inconfessabili; ma appunto, ad un capo dello Stato il minimo che si chiede è che non ne parli; esibendo in pubblico i suoi intimi interrogativi, stati d’animo, tergiversazioni – il libro su Hollande ne è pieno.
Non so come si svilupperà la cosa. Ma che Hollande abbia raccontato quei delitti senza rendersi conto dell’enormità dei fatti, non dice solo il livello infimo della persona; dice anche lo “stile di governo” che l’America in questa fase terminale ha reso – col suo esempio – plausibile per questo piccolo figurante al potere a Parigi. Barak Obama, il Nobel per la Pace, ha commesso più assassini mirati di chiunque altro, tre al giorno in media. L’omicidio ad Abbottabad in Pakistan, il 2 maggio 2011, di Bin Laden (o chiunque fosse) non fu affatto tenuto segreto, anzi fu mostrata la stanza della Casa Bianca dove Obama, HillaryClinton, ministri e militari seguivano in diretta, da teleschermi, la lontana esecuzione che avevano ordinato, ed avveniva dall’altra parte del mondo.
Il governo americano assistette ufficialmente agli assassini plurimi – i Navy Seals ammazzarono anche tre uomini e una donna, innocenti, danni collaterali nemmeno contati. Da quel momento fu chiaro che commettere omicidi extragiudiziali, come torturare o incarcerare indefinitamente senza processo, erano cose che “si possono fare”, che il governo della democrazia può ordinarle e nemmeno in segreto, ma farlo e parlarne con disinvoltura, senza infingimenti. Da qui nascono le esultanze di Hilalry Clinton su Gheddafi, “ Siamo venuti, abbiamo visto, lui è morto”, o le ultime minacce dei capi della Cia o del Pentagono, e loro gallonati, ai russi di “fargli rimpatriare soldati” russi nei “sacchi mortuari”, o la mail a John Podesta in cui Hillary , irritatissima dalle rivelazioni di Assange, chiede: non abbiamo un drone per costui?
E’ la spontaneità dei gangster, tanto abituati all’assassinio, che nemmeno si rendono conto di rivelarsi appena aprono bocca per quel che sono: gente del crimine organizzato. La novità è che questo “stile” cominci a diffondersi in Europa e suggestioni una figura da nulla come Hollande. Possiamo da qui misurare, spero, il livello di barbarie a cui l’America ultima ha fatto scadere l’Occidente, e ciò che continua a chiamarsi (pretendersi), democrazia.
E accusa Putin di crimini di guerra
E’ lo stesso Hollande che poche ore fa voleva inasprire le sanzioni contro la Russia accusandola di “crimini di guerra” in Siria; senza una prova e con quella disinvoltura che è appunto propria delle coscienze incallite dei criminali abituali. Attenti perché anche i giornalisti stanno dando sempre più prova di avere le coscienze incallite di fronte alla Siria, con sdegni selettivi e complicità reali di omicidi occidentali, o insensibilità di fronte a quel che fanno in Yemen. Ebbene: questo incallire generale delle coscienze è uno dei sintomi, temo, preparatori alla guerra. Si potrebbe dimostrare che stessi calli sulle coscienze collettive si svilupparono nel 1914, nel 1939.
Eppure Hollande dovrebbe preoccuparsi di ben altro che della guerra in Siria. Nella notte fra il 17 e il 18 ottobre, sui Champs Elisées, mezzo migliaio di agenti di polizia hanno manifestato contro il governo, e contro il loro capo (Falcone, un corso) , mentre manifestazioni del genere accadevano a Marsiglia, Tolosa, Nancy; le notti seguenti altre manifestazioni, del tutto illegali. Ce l’hanno col capo “che non li copre”, coi politici, coi magistrati di manica larga verso i delinquenti.
La loro è esasperazione ma anche paura. L’8 ottobre, a Viry—Chatillon, un borgo dell’Essonne, quattro agenti che stavano sorvegliando una telecamere per fare le multe presso un semaforo, sono stati aggrediti di sorpresa da un folto gruppo: con bottiglie Molotov, una violenza inaudita e una volontà omicida chiarissima. Un poliziotto è morto, un altro è in fin di vita per le ustioni. “Ci hanno rotto i vetri dell’auto”, ha raccontato un agente superstite, hanno bloccato le portiere, “hanno dato dei pugni per non fare uscire i colleghi, e gli hanno gettato le Molotov sulle ginocchia”.
Da dopo l’estate, il numero di attacchi ai poliziotti con bottiglie incendiarie o armi atte ad uccidere sono divenuti di colpo numerosissimi: durante manifestazioni sindacali dell’estrema sinistra a Bastia, durante una protesta separatista, o nelle banlieues. “Ciò è divenuto consueto, così come l’aggressione per bande: a Lione, due settimane fa, due poliziotti in abiti civili sono stati identificati a margine di una manifestazione e aggrediti da una ventina di persone”, così racconta l’avvocato Thibault de Montbrial, penalista e consulente del governo per la sicurezza interna. “E il pericolo non cessa più, per gli agenti, con la fine del servizio – aggiunge. Il 13 giugno un capitano di polizia è stato accoltellato a Magnaville da un maghrebino islamista : “Quello è il momento dopo il quale gli incidenti, quasi mai mediatizzati, si moltiplicano: poliziotti riconosciuti per la strada e seguiti, minacciati, talora aggrediti,;eventi che conoscono una crescita esponenziale”. Ogni agente è sotto “una usura psicologica formidabile, ciascuno sa che tutto può succedergli, in ogni momento”.
Anche gli insegnanti vengono sempre più spesso aggrediti, picchiati, schiaffeggiati dagli allievi; interi corpi insegnanti sono intimiditi, edifici scolastici incendiati con le Molotov.
“Una popolazione in guerra con la polizia”
“Si deve constatare che la funzione di poliziotto, come quella di maestro, e più generalmente di persona depositaria dell’autorità pubblica, non è più rispettata assolutamente. Al contrario: esiste oggi una disinibizione assoluta ad impiegare la violenza contro le forze dell’ordine, in servizio o fuori, e le altre figure che rappresentano le istituzioni dello Stato”. V’è, aggiunge l’avvocato, “una popolazione che è in guerra contro la polizia”.
E se gli si chiede chi è questa popolazione, risponde: “Queste violenze si fondano essenzialmente su derive comunitariste, a volte etniciste, alimentate da un odio incredibile per la Francia. Bisogna esser ciechi per non essere inquieti per la coesione nazionale”.
I poliziotti che hanno manifestato sui Champs Elisées si sono poi radunati sotto l’ospedale Saint-Louis, dove giace il collega ustionato dalle Molotov nell’assurdo attacco gratuito nell’Essonne. Hanno intonato la Marsigliese, come soldati superstiti di un’Indocina che già si agita, omicida, nelle banlieues. Consapevoli di essere l’ultimo freno a una violenza totale e corpuscolare, che non si può chiamare né guerra civile né rivoluzione, nemmeno rivolta, o insurrezione…, ma è odio allo stato , e ai bianchi, nella forma primaria. “Noi agenti siamo in ginocchio”, ha detto uno di loro al giornalista di Le Monde, “ma se la polizia cade, sarà l’anarchia in questo paese”.
Naturalmente al vostro apocalittico cronista vengono a mente le parole del veggente bavarese Alois Irlmaer (1894-1959) suParigi:
“La grande città con l’alta torre di ferro è in fiamme; ma questo è stato fatto dalla propria gente, non da quelli che sono venuti dall’est. Posso vedere esattamente che la città è rasa al suolo – e anche in Italia sta andando selvaggiamente”.