Bruxelles. L’11 febbraio scorso, al quartier generale della NATO, il capo del Pentagono ha convocato i colleghi ministri della Difesa di 49 paesi. Scopo: discutere una invasione terrestre della Siria.
Nessuna informazione sull’incontro è stata diffusa alla stampa alla fine. La notizia è stata taciuta da tutti i media europei. Unica eccezione, il britannico Guardian. Da cui apprendiamo le poche cose che son filtrate.
Arabia Saudita, Bahrein ed Emirati (sono questi adesso i nostri alleati) si son detti pronti a fornire truppe di terra. I sauditi, pronti a spaziare del programma minimo: un drappelli di forze speciali da aggregare a 50 teste di cuoio Usa, fino all’intervento su grande scala attraverso la Turchia, per creare un santuario per i ribelli che combattono contro Assad e il suo regime.
La rapidità dell’avanzata delle truppe governative sostenute di bombardamenti aerei russi nel Nord della Siria e dalle milizie appoggiate dall’Iran, ha preso la coalizione americana di sorpresa”, scriveva il Guardian. Ecco il motivo della riunione.
Il capo del Pentagono, Ashton Carter, lo ha detto chiaramente quell’11 febbraio: la riunione è importante “perché abbiamo bisogno di accelerare la campagna – e noi abbiamo un piano operativo molto chiaro sul modo di farlo”. Non ha escluso l’invasione di terra, ma non c’è bisogno di truppe saudite, che possono aiutare in tanti altri modi. “Adesso – disse – abbiamo solo bisogno di risorse e di forze per proseguire”.
Forze europee NATO, mica i mercenari della Casa di Ryad. Chi darà “risorse e forze per proseguire” la guerra per rovesciare Assad, oggi rafforzato dall’intervento aereo russo che ha rovesciato la situazione a sfavore della coalizione, di Erdogan e dei Saud?
Basta aspettare “l’evento catalizzatore” che fu già auspicato da un documento del PNAC un anno prima dell’11 Settembre: “un evento traumatico, catalizzatore, come una nuova Pearl Harbor”. Che spinga le opinioni pubbliche europee a chiedere a gran forza di “farla finita con i jihadisti”, e a dare uomini e mezzo per l’incursione di terra in Siria.
Se fosse necessario, la NATO può mobilitare le sue organizzazioni stay-behind (leggi: Gladio) per provocare, che so, un attentato islamico con strage nella sede stessa della UE e della NATO.
Ma un momento: non è la Russia che, appoggiando militarmente Assad, sta già debellando i jihadisti del Califfato e di Al Qaeda, sosenuti invece da sauditi e turchi e Cia? Ovviamente. Ma l’intervento sarà venduto come “la spallata finale all’ISIS”.
E’ esattamente ciò che ha detto Obama subito dopo l’attentato di Bruxelles: “La mia priorità numero 1 è sconfiggere l’ISIS” (anche se per un anno e mezzo non pareva proprio). “Già abbiamo tolto all’Isis il 40% del loro territorio e la sua leadership è stata colpita. Continueremo a spingerli fuori dalle loro roccaforti fino a quando saranno distrutti». Quando si dice menzogna, pochi lo superano: Obama s’è attribuito insomma i successi che invece sono delle forze russe e delle truppe iraniane, o curde.
Ma Obama e chi guida sanno di poter mentire quanto vogliono, fidando della memoria corta delle masse ben terrorizzate da un mega-attentato. Queste masse hanno già dimenticato, per esempio, che Erdogan ha fatto affari con l’ISIS, comprandone il petrolio che poi raffinava in Turchia; un affare miliardario in cui è coinvolto suo figlio, fino a quando i bombardamenti di Putin sulle colonne di autocisterne non gliel’hanno rovinato. E giustamente, vuole recuperar le perdite. Continuando la mira adesso bloccata: Assad must go.
Si tratta di costruire la “narrativa” giusta, che i media si stanno già applicando a diffondere. Per esempio: Bashar Assad è il “facilitatore massimo del Califfato”; il Califfato esiste solo perché esiste il regime di Assad; rovesciato Assad, il Califfato scompare e arrivano le forze democratiche.
Dite che questa è troppo grossa perché le masse la bevano? Ma è proprio quello che ha scritto Frederic C. Hof, già consigliere del segretario di Stato della Clinton nel 2012, e prima, di Bush jr: un neocon collegato agli israeliani, che attualmente è membro di una entità che si chiama Atlantic Council – Consiglio Atlantico – e che è evidentemente un think-tank collegato alla NATO, con sede a Washington. Dentro l’Atlantic Council c’è un organo, palesemente pagato dai sauditi, che si chiama “Rafik Hariri Center for the Middle East” (in memoria del miliardario libanese, capo della componente sunnita, ucciso in un celebre attentato che invano l’Occidente ha cercato di attribuire alla Siria).
http://www.atlanticcouncil.org/blogs/syriasource/bombings-in-brussels
Ebbene, questo Hof, pochi minuti dopo l’attentato di Bruxelles, a cadaveri ancor caldi, ha postato la sua “soluzione” sul sito del Council: una massiccia invasione di terra della Siria; “mettere assieme una coalizione diretta dagli americani, composta da una solida forza europea e regionale che entri in Siria per farla finita con lo Stato Islamico. (…) Il tempo non gioca a favore dell’Occidente. L’idea che Bashar Assad, facilitatore massimo dell’IS, dia le dimissioni nel quadro di negoziati, è cosa buona in teoria. Le operazioni russe e iraniane in appoggio al loro cliente siriano hanno chiuso la porta a questa possibilità”.
http://https://youtu.be/ZrI7frXXZGM
Un bambolotto, non un bambino (“narrativa” aiutata da video falsi)
Ecco costruita la “narrativa”, che poi andrà ampliata e riempita di particolari, finchè tutti crederete: sì, finché resta Assad, il jihadismo non sarà sconfitto.
Interessante quel che aggiunge Hof: “… Perché attendere? Perché non formare questa coalizione solida che è stata raccomandata da mesi e uccidere questi criminali sanguinari più presto che tardi? Bruxelles dimostra ancora una volta che il tempo è nemico”.
La coalizione solida a guida americana è stata “raccomandata da mesi”: nella riunione NATO a Bruxelles dell’11 febbraio, evidentemente. Magari Hof era presente.
Vedete quanto bene questi poteri sanno approfittare dell’evento catalizzatore. Per esempio istruiscono i media: “i servizi segreti europei hanno fallito perché non condividono l’intelligence; bisogna formare uno spionaggio europeo che li unifichi tutti”. Nel concreto, vogliono mettere le mani sulla intelligence che i nostri servizi (e l’ENI) hanno sulla Libia; vogliono toglierci l’autonomia. In cambio, credete che i servizi di Parigi e Berlino, e la Cia, condivideranno le loro informazioni con noi? Se ci credete, ho la Fontana di Trevi da vendervi per una cifra ragionevole.
Per intanto, toglieranno quel che resta di sovranità al Belgio (“Uno stato fallito!”, strillano; l’hanno scoperto di colpo) onde diventi un puro protettorato degli eurocrati non votati. “Ci vuole più Europa”, e ve la daranno. “Bisogna rinunciare alla libertà per avere sicurezza”, è stato il tema di una trasmissione di Oscar Giannino su Radio 24. Hanno invitato un israeliano dello Herzliya – l’università del Mossad – per chiederli consigli su come difendersi dai terroristi. Un business in cui Sion non teme concorrenti.
Altri hanno già riportato le parole del deputato belga Laurent Louis, del partito “Debout les belges” : “Come sapete, non ho mai nascosto che pensavo che gli attentati che sono stati perpetrati negli Stati Uniti e in Europa dall’ 11 settembre 2001 erano degli attentati “false flag”, degli attentati attribuiti a delle organizzazioni terroristiche islamiche ma in realtà perpetrati dai nostri governi per servire gli interessi politico-economiche con sullo sfondo la destabilizzazione del mondo arabo, lo sviluppo dell’islamofobia nel mondo, la concretizzazione del progetto del grande Israele e in fine la realizzazione di un nuovo ordine mondiale che impone un governo mondiale che limita i nostri diritti e delle libertà fondamentali al fine di lottare contro il terrorismo creato da coloro che, nell’ombra, tirano le redini della politica mondiale”.
Questa è la sintesi realista. Verrà chiamata “complottismo”. Mentre sarà creduta per vera la “narrativa” che stanno già facendovi ingollare a palate. E di cui Matteo Renzi è uno dei piccoli esponenti: “Viviamo in un momento dove la ‘generazione Erasmus’, che fra l’altro è rappresentata al governo, ha conosciuto il sogno degli Stati Uniti d’Europa come concretezza, ha conosciuto l’euro come moneta unica” (sic). Questa generazione chiede “una prospettiva di futuro e non di vivere di rimpianti e di ricostruzioni fasulle del passato”.
Il passato “fasullo” sarebbe quello delle identità e delle culture storiche europee, delle sue articolate diversità. Come è stato scritto in un saggio monumentale sul tradimento della Sinistra e il suo accodamento al capitalismo globale, il “futuro che Renzi fa’ balenare “non è che l’auspicio dei liberali postmoderni alla avvenuta estinzione degli Stati, delle sovranità dei popoli, e dei popoli stessi – nell’indistinto magma globalista della Erasmus Society, della Fun Generation e della Selfie Generation virtualizzate, de-territorializzate ed omologate nel modus pensandi, negli stili di vita e nei desideri di consumo, alla classe media globale liberal newyorkese e californiana” (Paolo Borgognone – L’Immagine sinistra della globalizzazione . Critica del radicalismo liberale – Zambon Editore). Non ci dicono già che dobbiamo resistere ai jhadisti per difendere il nostro stile di vita?