NELLA UE, DOVE ORMAI OBBEDISCE SOLO CHI E’ NATO SERVO.

Ricordate il Nord Stream 2?  E’ il raddoppio del gasdotto che collega direttamente i giacimenti della Russia alla Germania, passando sotto il Baltico.  Fatto da Gazprom, che ha dato  la presidenza  del consorzio all’ex cancelliere socialista Gerhard  Schroeder. Ma con la E.ON di Dusseldorf, la viennese OMV (Österreichische Mineralölverwaltung),  la francese Engie (ex GDF Suez), la Shell….Il punto è che  con esso  la Germania raddoppia la sua  fornitura diretta di prodotti energetici russi, e il gasdotto, come già il Nord Stream 1,   non deve passare sul territorio polacco né quello ucraino,  due paesi che perdono le royalties  di transito e la possibilità di ricatto politico ben note, non potendo chiudere i rubinetti.

Ebbene: un anno fa il governo polacco era riuscito a mettere insieme altri  paesi dell’area (i soliti baltici, ma anche  i cechi, l’Ungheria, la Romania) per  deferire alla UE il problema:  il gasdotto viola le normative comunitarie, specie sulla  “sicurezza energetica”, la  quale è insicura perché dipendente da quasi un unico fornitore. E ciò rende la UE “ostaggio” del russo,  il nemico (loro).  Inutile dire che la Polonia era istigata dal Dipartimento di Stato,   che  aveva fatto balenare a Varsavia la promessa di “diventare  l’hub energetico” dell’Europa del Nord  con l’acquisto di gas liquefatto americano,   tanto da convincerla a fabbricare rigassificatori sulla costa  (negli affari c’era la famiglia di Joe Biden, il vicepresidente di Obama).

A  gennaio anche Svezia e Danimarca –  nel quadro della nuova ostilità a Mosca – si sono unite alla richiesta    alla UE   di blocco delle opere. Qualche giorno fa, Bruxelles ha risposto ai due che e “la Commissione non ha alcuna base giuridica per intervenire contro “Nord Stream-2″ <…> dal momento che le leggi europee non si applicano nei gasdotti che si snodano nei fondali marini.”

Ora Juncker si propone di trattare..

Dando così ragione a Gazprom, ai potenti soci del consorzio, e a  Berlino, che ha sempre sostenuto che   il Nord Stream 2  essendo un’impresa imprenditoriale fra privati, né  lo stato federale né tantomeno la UE devono metterci bocca:  liberismo soprattutto, onore al liberismo.

Tuttavia – ecco il lato più patetico – la Commissione ossia Juncker, nella stessa lettera a Svezia e Danimarca in cui ammette che non può impedire legalmente il NS-2, invita i paesi membri della UE a   dichiarare la loro opinione sul gasdotto, e chiede il permesso di cominciare “negoziati” con la Russia a nome di tutti,  perché   il gasdotto 2 “non può operare in un vuoto legale”,    e vuol convincere Mosca a  “discutere le questioni politiche legate alle preoccupazioni di alcuni Paesi membri. Per la Polonia ed altri Paesi dell’Europa orientale è vantaggioso sfruttare per il transito i vecchi gasdotti, in quanto traggono profitti e la garanzia di non rimanere a secco di combustibile”, onde raggiungere un accordo con Mosca  per inserire il gasdotto medesimo “nel quadro legale della Unione”.

Naturalmente Mosca ha già fatto sapere che non vede  un urgente bisogno di  rinegoziare con la UE, quando la stessa ha riconosciuto     di non avere  motivi giuridici per bloccare il gasdotto.

E  chi applica le sanzioni anti-Russia?

Il fatterello si presta a diverse riflessioni.  Una: che nella UE si coltiva una tale visione dell’ordine giuridico, da doversi far ricordare i principi  generali del diritto dalla “dittatura” non europea  dei “barbari” al  di là degli Urali.  Seconda. Che Juncker, Tusk e la Mogherini ancora non si sono resi conto che i tempi in cui la UE poteva negoziare per tutti (ammesso ci siano mai stati) non  sono passati per sempre.  Terzo: la Germania se ne può infischiare delle  sanzioni contro la Russia  ordinate dalla UE  il suo interesse viene prima; le sanzioni le applichino i venditori italiani di  gorgonzola  e arance.  Il che rende la Unione Europea   una copia  sempre più conforme alla Fattoria di Orwell, dove tutti gli animali  sono uguali, ma i maiali  son più uguali degli altri.

Quest’ultimo  dato però richiede una parziale correzione:  la Polonia, s’è visto, almeno ha provato a bloccare il lucro tedesco, senza complessi d’inferiorità.  L’Ungheria di Orban ha indurito la sua politica di contenimento dei “profughi e clandestini” a alla frontiera, rigettando il ricatto   per cui   la UE negherà i fondi europei a chi non aderisce alla politica migratoria di Bruxelles. Riuscendo a trascinare con sé tutto il gruppo di Visegrad. Di più. “   Orban ha denunciato “l’alleanza ipocrita dei burocrati di Bruxelles, dei media sinistroidi internazionali,  e del capitale mondiale insaziabile”, senza nascondere che alludeva a Georges Soros;  ed ha avanzato un progetto di legge per chiudere l’università che Soros  ha aperto  a Budapest, piena (ha detto) di “agenti stranieri”; suscitando, è vero, le immediate proteste – degli Stati Uniti – e del rettore, l’americano (j) Michael Ignatieff. Ma in ogni caso, come si vede, non occorre essere delle  potenze globali per sostenere   il proprio interesse nazionale  contro l’egemonia bottegaia dei tedeschi nella Fattoria, che è una UE in pieno disfacimento.

Apparentemente, solo il nostro “governo” è rimasto ad obbedire bovinamente alle “direttive”  cosiddette europee,  tagliandosi da solo l’interscambio  agro-alimentare con la Russia con un danno notorio di 9 miliardi   l’anno.  In più, siamo rimasti  i soli a riempirci di “profughi” e a tenerceli, perché gli altri non li vogliono.

Naturalmente, notizia del 27 marzo, “L’Eni esclude l’ingresso in Nord Stream”,  ha detto l’amministratore delegato Descalzi.  Ma   su questo lo si può capire:  i capi dell’ENI sono soggetti a tempestive   incarcerazioni  per corruzione da parte dei nostri magistrati se non   obbediscono,  e persino a  incidenti aerei.

Magari non è un caso se appaiono poi notizie così:

“Polonia: sorprendente ripresa demografica”.

 

Il  paese conosceva un gelo della natalità. Adesso si ritiene che a fine dell’anno saranno nati 400 mila piccoli polacchi in più.  Qual  è il segreto? Forse – dico   forse –  la nuova politica governativa di sostegno alle neo-mamme:  il programma, chiamato “500 +”,  assegna alle famiglie con due bambini o più, 500 zloty  (ossia 115 euro) : al mese: e per ogni figlio.   Insomma una mamma con tre figli si avvicina al salario minimo polacco (409 euro).  Ovviamente c’entra anche “il dinamismo del mercato del lavoro”  in Polonia, che è vivace in un paese che non ha accettato l’euro.

http://www.thenews.pl/1/9/Artykul/298154,Poland-experiencing-baby-boom-report

L’Ungheria segue

Anche Victor Orban ha  posto la crescita demografica come sua priorità:   le coppie che s’impegnano ad avere 3 figli nei prossimi 10 anni, e le famiglie che già li hanno, beneficeranno di un aiuto finanziario di 10 milioni di fiorini, 32.230 euro  per l’acquisto di un appartamento, più altri 10 milioni in credito agevolato; la misura è intesa anche a ravvivare  l’’industria edilizia.  Sono cifre ragguardevoli: il salario   minimo ungherese ammonta a 333 euro lordi al mese. http://mobile.lemonde.fr/europe/article/2016/02/22/la-hongrie-relance-sa-politique-nataliste_4869393_3214.html

Dopo il tragico arretramento degli anni ’90, anche la Russia ha conosciuto – grazie a politiche governative – una  “primavera” della natalità che nessuno poteva prevedere.   Dal 1990 al 2014  il numero delle nascite è passato da 1.214.689  a 1.947.301,  un aumento del 58%;  contemporaneamente, il numero dei decessi, prima altissimo, è  sceso sotto i 2 milioni l’anno. Dal 2009, la popolazione russa (che aumenta grazie anche a nuova immigrazione)  ha un bilancio positivo, di 33 mila  l’anno, anche al di fuori dell’apporto  dell’immigrazione.

Sarà un caso, ma sembra proprio che i governi più assertivi della propria dignità nazionale,  sono anche quelli che acquistano in vitalità demografica. Ma non pensateci, cari italiani: i 30-35 euro al giorno che voi contribuenti pagate per gli “immigrati”, e che negate  alle mamme, sono quelli spesi meglio. Come conferma la vostra amata Terza Carica dello Stato Pietoso di cui pubblichiamo qui il video , a grande richiesta, proveniente dalla trasmissione La Gabbia, di Gianluigi Paragone:   l’unico giornalista  che   risce a porre questioni del genere in una tv.  Magari lo conoscete già. Ma si gusta sempre un’altra