Un generale tedesco : “La Turchia vuol trascinare la NATO in questa situazione (la guerra in Siria) perché lo scope reale della Turchia è di abbattere Assad…Le azioni dell’ISIS e quel che accade ai curdi sono secondarie. Deve essere chiaro che un alleato che si comporta così non merita la protezione dell’Alleanza”. Era l’8 ottobre 2014, il generale tedesco (ora a riposo ) si chiama Harald Kujat, e in qualità di membro della Commissione Militare NATO denunciava – durante una trasmissione ARD-TV, Anne Will – che Ankara stesse cercando di invocare la clausola articolo 5 (che obbliga i membri della NATO ad intervenire a fianco di un suo membro minacciato) per i suoi interessi loscamente locali. Specificamente, Ankara vuole creare in Siria una zona cuscinetto (no-fly), grosso modo tra Aleppo, Idlib. Latakia e la propria frontiera, con l’idea nemmeno tanto nascosta di farne poi la propria “82 esima provincia” (la definizione è del giornale Hurriyet). Il generale tedesco auspicava allora che la NATO ritirasse i Patriot dal confine turco, per dare un segnale. I Patriot sono stati ritirati a fine agosto.
http://atimes.com/2015/11/german-general-nato-article-5-wont-apply-to-turkeys-buffer-zone-in-syria/
A metà novembre la strage di Parigi, immediatamente attribuita all’ISIS. Ma che cosa è l’ISIS? Si noti, la strage islamista è accaduta il giorno prima dell’importante vertice del G-20 di Antalya, Turchia. Dove Erdogan – esaltato dall’aver stravinto le elezioni – incontra i governi occidentali che gli hanno tenuto bordone, e forse non gliene hanno tenuto abbastanza, e cominciano a volersi ritrarre – data anche la presenza dei russi. E pone condizioni, minacciando di inondare l’Europa di altri pretesi profughi.
Perché il Sultano di Ankara non ha affatto rinunciato al suo caro progetto di zona-cuscinetto proteggi-ribelli. Il 9 novembre scorso, il suo primo ministro, Davutoglu, sé fatto intervistare da Christiana Amanpour (CNN) ed ha rilanciato la proposta di una invasione militare di terra per crearla: “…Truppe di terra è qualcosa di cui dobbiamo parlare insieme (con gli alleati, ndr.) e condividere…occorre una strategia con campagna aerea e truppe al suolo integrate…non possiamo farlo da soli”.
Cercava un pretesto per trascinare l’Occidente nella sua guerra. Ora, il fatto che dopo lo sterminio di Parigi Hollande abbia gridato: “Guerra! Guerra!”, come tanti media occidentalisti, significa che lui (e noi) stiamo facendo ad Erdogan il favore lungamente atteso? Guerra! All’ISIS si risponde solo con la guerra!
Si fa’ presto a dire ISIS – è , come si diceva di Al Qaeda, un franchising: nella zona che Erdogan vorrebbe fare cuscinetto sono impiantati, secondo l’insospettabile Syrian Observatory for Human Right (un apparato di propaganda anti-Assad) almeno 2 mila combattenti provenienti da Cecenia, Daghestan ed altre regioni del Caucaso che sono spesso turcofone, proprio il tipo di gente su cui il neo-ottomano stende la sua protezione. Ad Idlib è impiantato il partito Islamico Cinese del Turkestan, ossia gli uiguri; gli uzbeki dello “ Imam Bukhari Jamaat and Katibat Tawhid wal Jihad”; secondo l’USAID sono tre i gruppi militari usbeki (5 mila in tutto) che si battono in Siria. I ceceni sarebbero 2 mila; gli uiguri, un migliaio. Tutti estremisti dell’Asia centrale, che minacciano la Russia e i suoi satelliti, nonché la Cina.
Se la NATO andasse a fare “la guerra” in Siria, sarebbe per creare questa zona-cuscinetto e santuario sicuro per questi terroristi-guerriglieri, sfidando l’interdizione aerea russa. Sono gli stessi combattenti per la libertà che abbiamo visto all’opera a Parigi, a scuoterci dalle nostre piacevoli vite? Si fa’ presto a dire ISIS.
Il fatto è che ad indicare Erdogan come il mandante ultimo possibile della strage non sono mezze figure. E’ un’analista come Christina Lin, del Washington Institute for Near Aest Polico WINEP (che scrive anche per il Times of Israel) e l’inviato speciale informatissimo Pepe Escobar di fama internazionale.
Quindici formazioni di terroristi operanti in Siria – ricorda Escobar – hanno inviato le loro congratulazioni ad Erdogan per la sua brillante vittoria elettorale: dalla branca locale dei Fratelli Musulmani alla Armata di Conquista…tutte formazioni che hanno giurato lealtà al Califfato, quello sostenuto dalla Cia e dai sauditi, il regnante del Katar, insomma i soliti. Nell’incontro di Vienna, i russi hanno messo insieme tutti costoro cercando di far sì che stilassero una lista di “oppositori moderati” da mettere al tavolo per trattare la transizione e la deposizione controllata di Assad.
http://atimes.com/2015/11/and-heres-the-top-ten-terrorist-list-escobar/
Naturalmente Erdogan, sauditi e americani hanno voluto escludere i loro 15 protetti dalla lista dei “terroristi” delegittimati a partecipare alla transizione verso la supposta democrazia: sono tutti gruppi che – ironizza Pepe – “rispetteranno le elezioni democratiche; gli altri gruppi religiosi; pronti a negoziare con chiunque; che rispetteranno il cessate-il-fuoco, e poi di disarmare e mai più impegnarsi nella jihad globale”.
Certo, come no.
Escobar paventa che ad Antalya, i turchi otterranno dall’Occidente – sia sotto mandato NATO o del Consiglio di Sicurezza dell’Onu – il permesso di mettere “scarponi al suolo” per invadere la futura zona-cuscinetto siriana di 10-11 mila soldati turchi, con la scusa di battere il solo “gruppo terrorista” che sarà rimasto sulla lista dopo i depennamenti di questo e di quello stato-protettore (ciascuno protettore dei “suoi” terroristi).
Speriamo di no.
Ma perché no, dopotutto? Laurent Fabius, il ministro degli esteri di Hollande, nel dicembre 2012 si rifiutò che fosse messa nella lista delle formazioni terroriste Al-Nusrah (ossia Al Qaeda in Siria) con la motivazione che “sul terreno, fanno un buon lavoro” (un bon boulot, uccidendo i soldati siriani e, en passant, cristiani, donne bambini…): non è lo stesso modo di pensare di Erdogan e dei sauditi? Non è forse l’identico frasario criminale inaugurato dai neocon e dalla loro “guerra al terrorismo globale” senza limiti né remore morali dopo l’11 settembre? Nell’agosto 2014, Le Monde – il più ufficioso dei media francesi – ha rivelato che Hollande aveva dato ordini ai servizi francesi di consegnare clandestinamente armi da guerra ai ribelli in Siria, contro le norme internazionali che mettevano l’embargo su simili consegne: non è l’identico comportamento criminale?
La “guerra al terrorismo” ha prodotto 13 milioni di morti come minimo fra Irak, Afghanistan e Pakistan: crimini contro l’umanità che restano impuniti e a cui abbiamo preso parte anche noi, se non altro come contribuenti. Un minimo ritorno ai principi di umanità e del diritto richiederà che questa gente sia trascinata davanti a un tribunale internazionale che li giudichi per questi orrori, un Norimberga vero.
Per adesso Hollande dichiara “lo stato di guerra”: è in combutta con Erdogan? Ha consentito la strage a questo scopo?
Per ora dobbiamo registrare la frase di Alain Chouet, che è l’ex capo dei servizi francesi di antiterrorismo, DGSE: questo preteso scontro di c iviltà, questa guerra al terrorismo del governo francese , “è un’impostura che ne maschera un’altra, quella dell’alleanza militare tra i paesi occidentali e i padrini finanziari del jihadismo”.
Intende le petromonarchie del golfo, sauditi in testa. Ma si può escludere la partecipazione americana? Non è l’occasione d’oro (e di sangue) per recuperare l’iniziativa in Siria, persa dopo l’intervento di Mosca? Pochi giorni prima della professionalissima strage di Parigi, il 29 ottobre, il capo della Cia John O. Brennan s’è incontrato col direttore attuale della Cia francese, il DGSE Bernard Bajolet, l’ex capo del MI5 John Sawers, un caporione israeliano de servizi di nome Yaacov Amidror, alla George Washington University, Center for Cyber and Homeland Security. Titolo dell’incontro, Panel on the Shared 21st Century International Mission , ossia missione condivisa per il 21mo secolo.
In questo “panel”, il francese ha tenuto un discorso ai colleghi sul tema: “Le Moyen-Orient d’avant ne reviendra pas”, ossia: Il Medio Oriente di prima non tornerà. In pratica, paesi come Siria e Irak resteranno smembrati secondo linee etnico-religiose: il francese non ha fatto che ri-illustrare un’altra volta il progetto che fu indicato già nell’82 dalla rivista ebraica Kivunim.
Avranno parlato anche del terroristico mega-attentato prossimo venturo a Parigi? Certo si può obiettare che noi qui si dia per scontato che la strage di Parigi sia una precisa strategia della tensione da addossare a quei mandanti occidentali. Ma ogni ora che passa, è chiaro che si è trattato di un’azione professionale del più alto livello: sette attentati simultanei, personale perfettamente addestrato, che ricarica le armi con fredda efficienza, non sono certo dei teppistelli venuti da qualche banlieue parigina. Basta pensare anche solo quanto costa una simile operazione, per intuirlo.
Beh, ci sono piccoli indizi che i blogger francesi stanno racimolando. Il teatro Bataclan, per 40 anni proprietà di una famiglia ebraica, è stato venduto al gruppo Lagardére l’11 settembre scorso…forse conviene ricordare che anche il piccolo mercato ebraico Hyper Cacher, era stato venduto dal suo prorpietario, Michel Emsalem, alla vigilia dell’orribile evento seguìto alla strage di Charlie Hebdo. Gli apparati di sicurezza privati della comunità ebraica avevano preavvertito i loro correligionari che ci sarebbe stato un attentato il 13 novembre, e conveniva non uscire: questo risulta dal Times of Israel.
http://www.timesofisrael.com/in-france-defense-experts-see-parallels-to-israel/
E poi c’è la firma: i terroristi che si sono fatti esplodere, non senza aver prima lanciato lontano da sé il prezioso documento d’identità che li identificava, onde non si danneggiasse nell’auto-esplosione. Uno di loro, dal passaporto siriano, risultava arrivato in Grecia. A parte che i passaporti “siriani” si vendono ad Istanbul un tanto al chilo, onde Berlino li prenda per buoni, è una costante ben nota. Dall’11 Settembre ai fratelli Koauchi, sempre occorre che appaiano documenti miracolosamenti intatti, o dimenticati sui sedili delle auto usate per gli attentati. Massimo Mazzucco ricorda che anche nel ’63, quando l’FBI diramò la segnaletica di ricercato per Lee Oswald, non potendo dire che era quello che aveva sparato a Kennedy (non si poteva ancora sapere) dissero che il fuggiasco aveva perso un documento d’identità…un vecchio trucco poliziesco, di cui non possono far a meno.
In tanta bassezza ed orrore morale dei governi occidentali che si coinvolgono in questi sporchi giorchi con criminali e formazioni delinquenziali o jihadiste – brilla per nettezza il saluto del presidente Assad ai morti francesi: “Parigi prova adesso quel che i siriani provano da cinque anni”; E poi: “Ipocriti, chiamate ‘terroristi’ quelli che colpiscono voi, e ‘ribelli moderati’ quando colpiscono noi”. E infine il monito:
“Il terrorismo non è una carta che giocate e poi vi mettete in tasca – è uno scorpione che vi morde”.
POST SCRIPTUM
Un lettore mi passa la seguente dichiarazione del generale di divisione Vincent Desportes:
“Una parola su Daesh. Non c’è dubbio sulla realtà della minaccia diretta per i nostri interessi vitali, fra cui la nostra popolazione. Daesh è il primo movimento terrorista a controllare un così vasto territorio,35% del territorio irakeno, 20 per cento del territorio siriano. Che rappresenta 200 mila chilometri quadrati e 10 milioni di persone (…) Questo territorio è imperfettamente ma realmente ‘amministrato’ da un ‘ordine islamico’ fatto di barbarie e di racket. Daesh dispone in un vero tesoro di guerra, 2 miliardi di dollari secondo la Cia, di introiti autonomi e massicci senza paragone con quelli di cui disponeva Al Qaeda. Dispone di equipaggiamento militare abbondante, anche pesante e sofisticato. Siamo di fronte a un vero esercito inquadrato da militari professionali.
Chi è il dottor Frankenstein che ha creato questo mostro? Diciamolo chiaro, perché ciò ha delle conseguenze: sono gli Stati Uniti. Per interesse politico miope, altri attori, alcuni pretesi amici dell’Occidente, altri per compiacenza o volontà deliberata, hanno contribuito…ma i primi responsabili sono gli Stati Uniti. (…) Il punto è di farlo sparire prima che il male sia irreversibile, che le sue braci disperse appicchino un incendio universale. Bisogna agire in modo potente e determinato, con tutti i paesi della regione” (sic).