Il monsignore delle orge sodomitiche con cocaina in Vaticano, monsignor Luigi Capozzi è un “ardente sostenitore di Papa Francesco”. E’ il segretario del cardinal Coccopalmerio, il difensore di “Amoris Laetitia” dai “Dubia”, ardente sostenitore anche lui di El Papa, in passato ha fatto dichiarazioni sugli “aspetti positivi” delle coppie omosessuali. E aveva proposto un segretario kulattone e drogato per la carriera vescovile.
Mi resta il dubbio se Capozzi sia lo stesso “prelato appartenente ad un importante ordine religioso” il quale da mesi, hanno scritto i giornali, “nel tardo pomeriggio si mette a passeggiare avanti e indietro nei pressi di Sant’Anna, l’ingresso principale del Vaticano, ad adescare turisti e molestare militari, “come se una forza improvvisa, trascinante, irrefrenabile si impossessasse di lui fino ad indurlo a perdere ogni freno” . Penso sia un altro pervertito impunito. Anche lui sicuramente sostenitore ardente di Papa Francesco.
Come tutti voi ho letto l’articolo Amoris Immunditiae , che per errore è stato postato sul sito come fosse mio – invece l’autore è Antonio Righi, e a pubblicarlo per primo è stata Libertà e Persona
Come tutti voi, mi viene anzitutto il desiderio di congratularmi con “papa Francesco”. Complimenti, lei davvero ha successo nel “mettere i moto processi, gettare semi, aprire spiragli”, come preconizzava in Evangeli Gaudium, per esplicare uno dei suoi “quattro principi” o pseudo-concetti, di per sé alquanto mattoidi: “Il tempo è superiore allo spazio”.
I culattoni clericali non aspettavano che lei per scatenarsi, molestare militari, abbandonarsi senza vergogna né remore a quel che i culattoni fanno: il loro stile di vita “patologico, amorale, narcisistico” (nota). Prima si trattenevano un po’. Giustamente hanno interpretato la sua promozione alla testa dello IOR di monsignor Ricca, quello che conviveva con l’amante, un capitano svizzero, nella nunziatura apostolica di Uruguay in una “intimità così scoperta da scandalizzare numerosi vescovi, preti e laici, non ultime le suore che accudivano alla nunziatura.
Quel Ricca che “nel 2001 recatosi come già altre volte – nonostante gli avvertimenti ricevuti – in Bulevar Artigas, in un locale di incontri tra omosessuali, fu picchiato e dovette chiamare in aiuto dei sacerdoti per essere riportato in nunziatura, con il volto tumefatto”. Quello nei cui bauli dell’amante “ furono trovate una pistola, consegnata alle autorità uruguayane, e, oltre agli effetti personali, una quantità ingente di preservativi e di materiale pornografico”
http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1350561.html
Lei ha premiato il Ricca, “papa Bergoglio”, e cosa ne dovevano dedurre i culattoni brulicanti nei sacri palazzi? Lei ha scritto la Amoris Laetitia per consentire, senza dirlo, da furbo qual è, che si potrà dare la Comunione ai divorziati? E già i preti si son portati avanti: benedicono “nozze” di lesbiche, già padre Martin da lei scelto a dirigere le Comunicazioni in Vaticano augura ogni bene alle sfilate dei Gay Pride ed esorta la Chiesa a far propri i “doni speciali” di cui sono favoriti i sodomiti, già premono per il passo ulteriore: il matrimonio sacramentale delle coppie sodomitiche in Chiesa. Lei ha messo in moto processi, il resto viene da sé. Del resto, in quella Amoris Laetitia tanto amata dai laici illuminati e prelati progressisti e culattoni, non c’è il minimo consiglio alla castità, nessuna esortazione alla purezza, o almeno alla continenza – se non la si consiglia ai laici, volete che se ne sentano legati i cardinali? Quindi liberi tutti. Perché si sa, il tempo è superiore allo spazio.
Dice che lei, Bergoglio non sapeva del passato scandaloso di Ricca, probabilmente notorio in tutto il Sudamerica. Ma quando l’ha saputo, mica lo ha allontanato dalla carica di vertice della banca vaticana (posizione in cui, fra l’altro, si può essere soggetti a ricatti). Forse per debolezza di cuore, bontà, benevolenza e abitudine al perdono? Chiedete ai Francescani dell’Immacolata, se il Papa non è capace di stroncare, imprigionare, punire, sciogliere.
Bisogna tuttavia riconoscere che non è tutto e solo merito suo, “papa” Francesco: lei li ha promossi, esaltati e scatenati, ma in fondo se li è già trovati lì. Qualcuno prima di lei ha favorito la carriera di quei Coccopalmerio, di quei Kasper, di quei Ladaria, di quei Marx e Maradiaga; nessuno ha cercato di bloccarne l’ascesa … Complimenti gerarchia cattolica per la “selezione delle elites”. Eppure, bastava guardarli. Avete visto che facce? Nessuna di queste facce appartiene a qualcuno che si sia mai non dico macerato in digiuni e penitenze, ma nemmeno mai impegnato al primo gradino della vita cristiana. Facce di viziosi, di gaudenti, di tombeurs del femmes (o di hommes), facce lombrosiane da degenerati o da segnaletiche di polizia, da incalliti capibanda.
Non si sa come, ma tutti i cardinali illuminati e grandi sostenitori di Bergoglio hanno queste facce. Sarà un caso? Quelli con facce non diciamo aduste ed ascetiche, ma normali, il Papa li caccia e li liquida selettivamente ad uno ad uno, con la mira precisa di un cecchino. Vuol circondarsi di quelle facce.
Siccome dopo i settant’anni ognuno ha la faccia che si merita, quelle facce dicono qualcosa. Che la rivoluzione teologica e misericordiosa della Chiesa sia in mano a sporcaccioni?
Che sia in fondo questa la chiave de grandi cambiamenti, della “accoglienza senza limiti”, della Chiesa ospedale da campo, della chiesa povera per i poveri?
Non credo di dire una novità se faccio risalire questo tipo nuovo di selezione delle “elites vaticane” al Concilio. Più precisamente alla frase con cui papa Giovanni annunciava il Concilio tutto-misericordia:
“Oggi la sposa di Cristo [la chiesa] preferisce ricorrere al rimedio della misericordia piuttosto che brandire le armi della severità”.
Non fu subito chiaro che la medicina salutare della manica larga i prelati l’avrebbero adottata prima di tutto per sé, e le loro vite. A loro, anzitutto a se stessi, avrebbero cessato di usare severità. Eppure poco dopo Paolo VI lo disse proprio chiaro:
“Avremo nella vita della chiesa … un periodo di maggiore libertà, cioè di minori obbligazioni legali e di minori inibizioni interiori. Sarà ridotta la disciplina formale, abolita ogni arbitraria intolleranza, ogni assolutismo … Sarà promosso il senso di quella libertà cristiana, che tanto interessò la prima generazione cristiana, quando essa si seppe esonerata dall’osservanza della legge mosaica e delle sue complicate prescrizioni rituali”.
Finita la disciplina formale, ecco i prelati che si portano i drudi in ambasciata, i vescovi di curia che molestano i militari davanti al Portone di Bronzo alla vista di tutti; ecco i monsignorini in carriera che si fanno di coca con gli amichetti delle loro notti. Ecco i più alti prelati che sparano le più mirabolanti eresie, eccitati del resto dall’esempio di El Papa che non sa aprir bocca senza spararne almeno due, ogni volta è un nuovo Vangelo personale (“La Chiesa non crede più all’inferno dove la gente soffre”, “Dio sta cambiando ed evolvendo come noi stessi”, eccetera).
La conclusione di Scalfari, l’interlocutore preferito da El Furbo, è logica: “Francesco ha abolito il peccato”. La smentita della sala stampa vaticana (perché non da Bergoglio stesso? ) vuol dire poco.. Sono i prelati culattoni che hanno tratto la stessa conclusione, e si vede. “Minori obbligazioni legali, minori inibizioni interiori”, ecco il risultato.
La “misericordia” per la Kabbala
L’altra sentenza di Paolo VI, l’auspicio di quella “libertà cristiana, che tanto interessò la prima generazione cristiana, quando essa si seppe esonerata dall’osservanza della legge mosaica e delle sue complicate prescrizioni rituali”, mi evoca nella mente qualcosa.
Come sapete (o forse no), mi sono a lungo occupato delle sette ebraiche aberranti, quelle dei “credenti” nel falso messia Sabbatai Zevi, e nel falso messia polacco Jacob Frank. L’essenziale delle loro credenze era: l’arrivo del Messia abolisce la Legge; siccome il Messia è arrivato, non siamo più tenuti ai comandamenti. Dunque possiamo celebrare scambi delle donne, e fornicazioni rituali – cosa che infatti in queste sette si praticava e si pratica probabilmente ancora. Questa suggestione percorre tutto l’ebraismo, anche ai tempi di Gesù, se Egli ha avvertito che “non sono venuto a cambiare un solo iota” della Legge. Sabbatai Zevi, per scampare alla morte, finse di convertirsi all’Islam, Frank al cattolicesimo. Per i seguaci, Zevi compiva così la sua vera missione messianica, “scendere oltre le porte dell’impurità”, ipostatizzare era la vera salvazione. Violare la Torah era diventato da allora il vero suo adempimento. Di lì, la conclusione che “la salvazione si ottiene attraverso il peccato”. Del resto, il kabbalistico Tikkunei ha-Zohar (tikkun 69) sentenzia: “In alto non vigono più leggi d’incesto”, e loro, i veri credenti, sono ormai stati esentati perché vivono “in alto”.
Ebbene: un altro testo kabbalistico scritto in Spagna nel tredicesimo secolo, Sefer ha-Temmunah, dà una spiegazione (chiamiamola così) molto d’attualità: i precetti della Torah, positivi e negativi, i dieci comandamenti, vanno applicati alla lettera in questo eone, perché questa epoca è sotto il segno del “rigore”. Ma YHVH ci darà la prossima epoca: in cui la stessa Torah sarà letta in modo diverso: “Ciò che è al presente proibito sarà permesso”. Ciò perché questo nuovo eone, questa nuova epoca, sarà sotto il segno della misericordia (rahamim) .
(Gershom Scholem, Le Messianisme Juif, 1974, pagine 177-178)
NOTA
Così hanno definito lo stile di vita gay due fautori del militantismo sodomita: lo psichiatra Marshall Kirk e Hunter Madsen, esperto questo di tattiche di persuasione pubblicitaria e social marketing. I due sono stati arruolati dai militanti gay negli anni ’80 per preparare l’opinione pubblica ad accettare il “matrimonio” omosessuale. Sono loro gli inventori della “normalità” e “stabilità” della coppie omosessuali, della proiezione di tali coppie come famiglie del Mulino Bianco, con “la torta al forno e le tendine alle finestre”, desiderose di tagliare la torta nuziale convolando a giuste nozze a presiedere il focolare e la fedeltà coniugale. “La messa in opera della strategia però deve affrontare un notevole ostacolo: gli stessi gay, lo stile di vita gay. Questo stile di vita, descritto dagli stessi Kirk e Madsen come “amorale, narcisistico e patologico” rischia di rendere gli attivisti dei testimonial poco credibili per il messaggio normalizzante e rassicurante che si vuole trasmettere”. (Marshall Kirk e Hunter Madsen, After the ball. How America will conquer its fear and hatred of Gays in the90’s”, New York 1990 – Citato da Elisabetta Frezza, Malascuola, Roma 2017, pagina 45).
Dopo questo articolo, ho ricevuto qusta obiezione dal lettore Marco Sbarra:
Eh no caro Blondet, così non va.
Il suo anticonciliarismo Vaticano II la porta ancora una volta ad attaccare ingiustamente Papa Paolo VI, ed in questo caso assai scorrettamente.
Lei cita un passo tenuto all’Udienza Generale del 9 luglio 1969, dall’eloquente titolo “Educarsi all’uso schietto e magnanimo della libertà sottratto al dominio delle passioni” e si “dimentica di citare passi fondamentali e conseguenti ad un bellissimo discorso che esalta la libertà individuale alla luce dell’insegnamento della Chiesa.
Lei interrompe la citazione appena prima dei seguenti passi, che chiariscono il senso del discorso di Paolo VI e confutano tutta la sua interpretazione malevola: “Noi dobbiamo perciò educarci all’uso schietto e magnanimo della libertà del cristiano, sottratto al dominio delle passioni (cfr. Rom. 8, 21) e alla servitù del peccato (Io. 8, 34), e interiormente animato dal gioioso impulso dello Spirito Santo, giacché, come dice San Paolo, «coloro che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio» (Rom. 8, 14).
Ancora: “Ma dovremo nello stesso tempo essere coscienti che la nostra libertà cristiana non ci sottrae alla legge di Dio, nelle sue supreme esigenze di umana saggezza, di sequela evangelica, d’ascetismo penitenziale, e d’obbedienza all’ordine comunitario, proprio della società ecclesiale”.
E queste affermazioni sarebbero un invito all’uso sfrenato dei sensi e del piacere rivolto pure ai prelati del Vaticano?
Infine non le dico legga, perché senz’altro l’avrà letta, la conclusione della prolusione del Beato Paolo VI: “Dunque riassumiamo: il nostro tempo, di cui il Concilio si fa interprete e guida, reclama libertà. Noi dobbiamo sentirci felici e pensosi di questa nostra fortuna storica. Dove poi troveremo la vera libertà, se non nella vita cristiana? Ora la vita cristiana esige una comunità organizzata, esige una Chiesa, secondo il pensiero di Cristo, esige un ordine, esige una libera ma sincera obbedienza; esige perciò un’autorità, la quale custodisca e insegni la verità rivelata (2 Cor. 10, 5); perché questa verità è l’intima e profonda radice della libertà, come ha detto Gesù: «la verità vi farà liberi» (Io. 8, 32). Ricordatelo, Figli carissimi. Con la Nostra Apostolica Benedizione”.
Mi spiega Blondet come abbia potuto accostare il Beato Paolo VI a quei depravati delle sette ebraiche da Lei citati?
Non si può deplorare, giustamente, le aberrazioni di tanti esponenti della Chiesa e poi infangare un grande Papa come il Beato Paolo VI con accuse pretestuose e infondate.
Con la massima franchezza.
P.S. Egregio dottor Blondet, questo è il secondo invio del mio commento. Il primo è stato pubblicato e subito dopo è scomparso. Probabilmente la sua fuoriuscita è dovuta ad in inconveniente tecnico, perché non posso pensare che Lei abbia voluto censurare un’opinione dissonante con le sue.
Spero che questa volta apparirà insieme agli altri commenti. In caso contrario non potrei che ritenermi oggetto di censura per non adesione al Pensiero Unico di questo blog.
Mi duole dirlo, ma in tal caso mi sentirei in dovere di raccontare la vicenda su altri blog con i quali corrispondo.
Saluti.
Marco Sbarra
La pubblico volentieri nel testo, perché lo completa con informazioni utili. Ma che, mi pare, non cambino il mio assunto. Certamente Paolo VI ha sempre avuto le migliori intenzioni. Purtroppo l’inferno ne è lastricato.