MA CHI GLI DOVEVA INSEGNARE LA CIVILTA’, AGLI STUPRATORI??

Sento  da tutte le radio l’immane chiacchiera sul  tema: “Stuprano i clandestini musulmani rifugiati politici, ma  stuprano anche i carabinieri”;  chiacchiera italiota, con l’intervento dello Psicologo e della Femminista; la chiacchiera sfinente italiota, debilitante – perché, ebbene sì, la forza morale si perde  dalla bocca,  solo un popolo  che non tace può ripetere ad infinitum   il suo eterno 8 Settembre.

Scusate, pongo una domanda: da chi mai dovrebbero imparare gli immigrati il rispetto della donna, il pudore, la dignità cavalleresca? E chi la insegna ai giovani carabinieri?  Forse i manifesti e la pubblicità, inviti alla lussuria e alla esibizione sensuale? Forse la scuola? Le infinite agenzie d’informazione e di Stato che insegnano “La liberazione sessuale” come la ultima delle liberazioni di “tutti i tabù”?

Tutto è telenovela.

Chi insegna, in una parola, la civiltà? Prendiamo navi intere di maschi musulmani  gonfi di testosterone, come dice Silvana De Mari,   “senza donne, in età militare,  nullafacenti, senza la dignità e la stanchezza che dà un lavoro, privi di controllo sociale, mantenuti in una situazione di irresponsabilità, di impunibilità e di non rintracciabilità , coesi dall’appartenenza a una stessa religione, una religione che vieta la convivenza pacifica, che ordina l’aggressione agli infedeli, che permette ufficialmente lo stupro delle loro donne”,  e poi ci aspettiamo che si comportino come cavalieri,  buone maniere, baciamano, ed accettare un “no”? Un no dalle donne che trovano qui: donne “liberate”, a cui è stato insegnato fin da bambine che il pudore è schiavitù,  il riserbo della propria intimità un tabù superato  donne che ballano in discoteca mostrando cosce e seno e pelo pubico, ubriache?   Cosa volete che capiscano, quei maschi musulmani?  Noi ripetiamo continuamente loro che vengono da una società repressiva che  li reprime, e poi, cosa ci aspettiamo?

Dove mai abbiamo insegnato ai giovani   maschi – immigrati, carabinieri – che si deve e si può resistere alla concupiscenza? Al contrario, le ideologie e le dottrine correnti, i messaggi è pubblicitari, la depenalizzazione della pornografia, dell’adulterio, dell’aborto,  la glorificazione della sodomia  con pubbliche sfilate di oscenità,    “celebrano la lussuria come liberazione totale”, gridano da ogni angolo, schermo e muro che “il piacere di Venere forma la felicità dell’uomo   e che perciò ogni impedimento alla libido debba rimuoversi come impedimento alla felicità”.

Leggo queste parole da Iota Unum di Romano Amerio. Da cui potrete  apprendere che, dopo il Concilio Vaticano II,  anche la Chiesa, nel ’73, in una lettera pastorale dei vescovi tedeschi,   dichiarava: “la sessualità informa tutta la nostra vita  e […] determina anche la sensibilità la sua sensibilità e fantasia, il nostro pensiero e le nostre decisioni”.   MA questo è pansessualismo che avrebbe invidiato Wilhelm Reich.  SE la sessualità “informa l’intera nostra vita”, anzi è “determinante persino dei nostri pensieri e decisioni”  – capiscono cosa significa “determinante”? . E’determinante quello  a cui non si può sfuggire, quello che è decisivo.

E infatti tutta la società liberata insegna ai giovani che la felicità sessuale è la cosa più importante nella vita, il successo erotico  è la misura del senso vitale, o  del “tuo fallimento come uomo” (o donna).  Nemmeno la Chiesa insegna più altro: dove volete che imparino, i giovani, la contenutezza, il riserbo, il mirare a valori  più alti del sesso, se persino la Chiuesa desiste ormai dal dire la verità?

La verità del pudore, spiega Amerio, non è affatto moralismo, men che meno un costume storicamente determinato, di cui ci si possa liberare con la “evoluzione” e modernità . La radicale essenza del pudore è metafisica: è la vergogna di un Adamo nato con e per  lo spirito  in un corpo soggetto allo zoologico, alla eiaculazione come alla defecazione, all’orgasmo  come alla digestione, sentito come “l’assoggettamento della parte vedente e razionale alla parte cieca e istintiva”,  il quale è “massimo nella consumazione carnale”.  Per cui  essa va  almeno praticata   nell’intimità,  e “ornata” di segni di amore e gentilezza,  di tutti i possibili ornamenti della cultura, della buona educazione, della civiltà e cavalleria, della protettiva sollecitudine che l’uomo deve alla donna amata, della capacità di sospirare  da lontano, di ricevere con gratitudine un fazzolettino profumato,  di procrastinare il desideri –   tutte cose volte se non a spiritualizzare, a civilizzare la zoologia , che va  sentita  per quel che è: umiliazione della natura umana, nata “per altro”.

Perché,  come dice Amerio, si deve mostrare e insegnare che “la natura umana non è incatenata alla concupiscenza, come voleva Lutero, ma è incatenata al combattimento – al  combattimento contro la concupiscenza”.

Perché la civiltà si insegna; non nasce da sé in generazioni giovani che, chissà perché,  adesso   la società liberata   proclama essere “tanto maturi da capire da sé”. Capire da sé cosa? E dove? In discoteca  fra cocaina e alcol? Dove mai dovrebbero imparare “Il combattimento contro la concupiscenza”, quando la vita ” è presentata irrealisticamente ai giovani come  ‘gioia”,    dove le conquiste e i “valori” sono lì facili da cogliere,  e si nasconde loro – per principio, per partito preso ideologico – che  ”la vita è difficile, o se si vuole seria”, che la vita è “una condizione di milizia, anzi di guerra”, che “la vita è difficile e le cose difficili sono interessanti”, perché ciò che è dato come potenzialità deve esser fatto fiorire, coltivato:  coltivazione, cultura. Civiltà. Nessuno la insegna più. Da dove devono apprenderla gli immigrati mascalzoni? Da dove i carabinieri?

Quando “il borghese e l’avvocato, il proletario il nero, il bianco, la vedova e l’orfano, tutta la società nel suo carattere endemico e transnazionale,  che affonda  nel cinismo, il distacco assoluto, il nichilismo, la  devianza sociale, la violenza e le altre turpitudini della fuga” (Wyatt Tusérian,  un vecchio punk),  cosa volete? Che siano i carabinieri a non essere toccati dalla turpitudine? In una società dove i banchieri sono così, sono così i tramvieri dell’ATAC e gli ingegneri dell’ufficio tecnico di Livorno o di ISchia,  dove son di scarsa qualità  tutti  i pubblici dipendenti, perché loro soli dovrebbero essere di qualità superiore? In un mondo dove persino El Papa è trasgressivo,  si è liberato dai tabù e sputa sulle regole?, chi glielo avrà mai  dovuto  insegnare? La civiltà si insegna, e non lo vogliamo, né sappiamo fare.  .