“Primo luglio 2014: è la data in cui Estonia, Germania, Italia, Lettonia, Lituania, Polonia e Regno Unito firmano il Memorandum per la creazione del “Centro di Eccellenza NATO per le Comunicazioni Strategiche”.
Un amico richiama la mia attenzione su questo strana adesione italiana avvenuta anni fa. Il suddetto Centro NATO di Riga ha lo scopo di combattere e reprimere le influenze russe sulle opinioni pubbliche occidentali, influenze considerate alla stregua di armi. Lo dimostra lo studio prodotto dalla NATO di Riga che qui potete leggere:
http://www.stratcomcoe.org/social-media-tool-hybrid-warfare
L’immagine di copertina è già eloquente:
Nell’introduzione allo studio si lamenta che “il quasi globale accesso all’ambiente della comunicazione virtuale ha creato molte possibilità di condurre battaglie online [anche] nel campo cognitivo degli atteggiamenti e delle convinzioni della gente”.
L’uso della libertà di espressione e di critica, in cui chi si esprime cerca appunto di cambiare con informazioni, idee ed argomenti “gli atteggiamenti e le convinzioni” altrui, viene considerato dalla NATO non un diritto inviolabile (come si proclama in Occidente) ma letteralmente un campo di battaglia dove sconfiggere il “nemico”.
I nemici sono ovunque.”Abbiamo constatato attori statuali e non-statuali usano metodi ibridi per conseguire i loro scopi politici e militari, combinando abilmente operazioni militari con ciber-attacchi, pressioni diplomatiche ed economiche, e campagne di informazione (propaganda)”.
Se per “attori statuali” lo studio NATO intende probabilmente la Russia, subito dopo estende abusivamente a tutti gli “attori non-statuali” i blogger di informazione alternativa e non-mainstream la stessa “astuta combinazione di operazioni militari”, ciber attacchi e pressioni che attribuisce a Mosca.
Vorremmo chiedere al suddetto Centro Strategico NATO con sede a Riga di precisare quali operazioni militari abbiamo condotto noi Blondet, noi Giulietto Chiesa, noi Comedonchisciotte, noi Disinformazione e noi Senza Nubi, noi Dezzani noi Bottarelli.
In realtà, abbiamo visto continuamente in questi anni Usa, Europa e NATO “combinare astutamente operazioni militari” in Libia e Siria e Ucraina (bombardamenti, uso di reparti interi di wahabiti pagati – con “pressioni diplomatiche ed economiche” (sanzioni, demonizzazioni dell’avversario, isolamento diplomatico) e l’inondazione sistematica tramite mainstream media di propaganda sotto mentite spoglie di informazione giornalistica: basti ricordare i pianti dell’inviata Goracci sui bambini di Aleppo massacrati dalle bombe siriano-russe nei mille ospedali pediatrici di quella città e le presunte atrocità coi gas commesse da Assad, che poi i blogger hanno rivelato essere sì atrocità, ma commesse dai “ribelli” che si battevano “per la democrazia in Siria”.
In fondo il rapporto NATO confezionato a Riga ci dà pure ragione senza volerlo, perché la frase seguente recita:
“I recenti conflitti in Libia, Siria e Ucraina hanno dimostrato che i social media sono ampiamente usati per coordinare azioni, raccogliere informazioni e cosa della massima importanza, influenzare le credenze e gli atteggiamenti di un pubblico-bersaglio, fino a mobilitarlo per l’azione”.
Ora, “influenzare le credenze e gli atteggiamenti del pubblico” è il movente chiaro e aperto di ogni giornalista o medium di informazione, e il motivo per cui è riconosciuta come diritto politico la libertà di espressione ed opinione, non un atto di guerra come credono in Lettonia e nella NATO. Lo fanno moltissimo i media mainstream, specie TV, saturando le mentalità collettive con le credenze volute dal sistema; i social media hanno molto meno forza di suggestione ed influenza, raggiungendo un pubblico molto più piccolo e selezionato – se non altro,quello alfabetizzato (e l’80% degli italiani sono di fatto analfabeti di ritorno).
Quello che sta insinuando dunque la NATO Lettone, è che i social media non hanno diritto di “raccogliere informazioni” e cambiare l’atteggiamento del pubblico sui “conflitti di Siria, Libia e Ucraina” e – Dio non voglia – “mobilitare” l’elettorato, reso consapevole, “all’azione” di opposizione; su tali conflitti, il solo atteggiamento giusto è quello dettato dalla propaganda NATO.
La NATO propone dunque la pura e semplice soppressione della libertà di critica politica. Non è consentito criticare azioni NATO come minimo discutibili e possibilmente criminali, usando “social media”: essi non sono infatti fonti autorizzate, e possono essere usate dal Nemico come arma ibrida … Tale arma ibrida è l’informazione non filtrata dai soli media autorizzati, specie proveniente da fonti del Nemico “statuale”, tipo RussiaToday, o Pars Today. Di fronte a simili informazioni che vengano da simili fonti, il buon cittadino occidentale deve tapparsi occhi ed orecchie.
Continua il rapporto:
“Data questa situazione, al Centro di Eccellenza di Comunicazioni Strategiche (NATO StratCom COE) è stato affidato il compito di indagare su come attori statuali e non-statuali influenzano i social media facendone strumenti per strategia di conflitto e di guerra ibrida”
“- Quale il ruolo dei social media nella guerra ibrida? Come essi vengono “militarizzati” (weaponized)?
- Quali tecniche usano gli attori statuali e non statuali per sostenere i loro fini politici e militari coi social media? Quali effetti possono conseguire?
- Cosa può fare la NATO e i suoi membri per identificare e rispondere all’uso malizioso dei social media?”
Il rapporto offre generosamente se stesso “come materiale educativo utile” per “chiunque sia interessato” a capire “le tecniche di influenza usate nello spazio digitale”.
Si rende infine noto che il rapporto non fa altro che “sintetizzare” altre ricerche commissionate dal suddetto centro di Riga, che sono:
“Il trolling come arma di guerra ibrida: il caso della Lettonia” ( Internet trolling as hybrid warfare tool: the case of Latvia) confezionato dagli sforzi congiunti del Latvian Institute of International Affairs (LIIA) in cooperazione con la Riga Stradiņš University. Il LIAA è ovviamente una copia conforme del Royal Institute International Affairs, tipico agente d’influenza atlanticist, che ha copie conformi in tutta Europa (in Italia, lo IAI: http://www.iai.it/it/iai/direttivo . Vedrete i soliti nomi: Emma Bonino, Marta Dassù, Enrico Letta…).
http://mondos-porco.blogspot.it/2014/12/listituto-affari-internazionali-iai.html
“Influenza sociale nel conflitto Russo-Ucraino nella comunicazione dei social media”, ( Social infl uence in Russia-Ukraine-con flict- related communication in social media), confezionato esclusivamente da ricercatori polacchi ( Dr Jan Zając (University of Warsaw, Faculty of Psychology), Julia Zając (Graduate School for Social Research, IFiS PAN), Dr Tomasz Grzyb (Opole University), Filip Cyprowski (Sotrender), Aleksander Zawalich (Sotrender).
Infine, “Rete del terrore; come Daesh usa i social network per diffondere il suo messaggio” (Network of terror: how Daesh uses social networks to spread its message ), di Joseph Shaheen, che è un vecchio arnese del Dipartimento di Stato.
Per curiosità sono andato a cercare notizie sul primo cosiddetto studio, “Troll come arma da guerra, il caso Lettonia”.
Ebbene, ne ha parlato un anno fa il Guardian. Il quale ci riferisce che gli investigatori lettoni “hanno esaminato 200.000 commenti pubblicati sui tre principali portali di notizie in linea della Lettonia tra il 29 luglio e il 5 agosto 2014, ed appurato che l’1,45% di questi erano “troll ibridi”, fenomeno è emerso recentemente quando s’è scoperto che la Russia aveva reparti in cui un esercito di blogger, giorno e notte, inondava internet con commenti favorevoli agli interessi russi”.
Putin farebbe bene licenziare questi eserciti di blogger se lavorando “giorno e notte” riescono a produrre solo l’1,45% di troll favorevoli alla Russia”.
Il Guardian, per una volta buttato alle ortiche il celebre umorismo britannico, spiega senza batter ciglio che gli studiosi della Lettonia hanno “trovato cinque tipi di troll: la ” troll che incolpano il complotto statunitense”; “Troll bikini” (adornati da immagini di giovani donne che chiedono gentilmente ai loro lettori-bersaglio ripensare le proprie opinioni);
“Troll aggressivi” determinati a espellere guidare le persone fuori dal web; “Troll di Wikipedia” che lavorano per modificare blog e pagine web al vantaggio della Russia; e “Troll di attachment“, che postano link dopo link a articoli e video da piattaforme russe di notizie”. Pensate la mostruosa malvagità di queste macchinazioni.
Poi si scopre che “gli studiosi” lettoni autori della ricerca sono uno solo, tale Janis Sarts: “suo nonno è stato deportato in Siberia, e lui si ricorda ancora delle code per il pane e la salsiccia sotto l’ Unione Sovietica. Ed è convinto che “non è per niente impossibile” che la Russia invada la Lettonia nel prossimo futuro, come ha già fatto per la Georgia e l’Ucraina”.
Insomma un tizio coi suoi conti personali da regolare, e che forse dovrebbe esser curato da psichiatri, ed invece adesso conduce il Centro di Eccellenza NATO di Riga e dà le direttive a tutti i membri dell’alleanza.
https://www.theguardian.com/world/2016/mar/05/europe-vladimir-putin-russia-social-media-trolls
Nell’intervista lasciata al Guardian, questo Sarts indica come nemici siano molto attivi anche in Gran Bretagna, infatti “Nigel Farage” e “Jeremy Corbyn” appaiono “molto su Russia Today”, come “George Galloway” un deputato ex laburista, che il lettone individua come “il classico utile idiota”. Naturalmente accusa la Lega Nord e il Front National in Francia di combutta col Nemico.
Possiamo complimentarci col signor Sarts per essere rimasto un sovietico, con queste denunce e questa terminologia rivelando di non essersi ancora abituato alla pluralità di posizioni politiche che vige(va) qui in Occidente. Ma saremmo curiosi di sapere come mai l’Italia abbia firmato questo Memorandum molto baltico e liberticida; mentre altri membri NATO, come Francia, Spagna, Portogallo, Turchia, se ne sono astenuti.
Naturalmente non ci aspettiamo risposta. Ma oggi comprendiamo meglio le campagne di Boldrini e Mogherini contro le “fake news” e per la repressione penale della libertà di parola sui social media. La nostra presidenta della Camera sta facendo la guerra per la NATO.