(Andrea Cavalleri)
Non sto parlando di clima, ma di prezzi.
Negli ultimi anni ho notato la tendenza inarrestabile agli aumenti, appena finite le vacanze, certamente una mossa psicologicamente studiata per colpire il cittadino in un momento in cui è più remissivo e pacifico.
L’inflazione non c’è, anzi l’economia rallenta (ci raccontano gli esperti) ma i prezzi salgono (ci raccontano le nostre tasche).
Bene, esiste il termine: stagflazione e ora che l’abbiamo detto siamo tutti contenti.
Vorrei qui esaminare alcune concause di questa penosa situazione che rappresenta l’inizio della fine.
Il primo tema è quello della moneta. Ci raccontano che la moneta deve essere buona e forte per essere accettata e sicura per essere risparmiata.
Il risultato di questi sforzi è una moneta troppo buona per essere usata. Il fatto che sia così sicura da essere risparmiata è un’aggravante ulteriore, ha anch’essa un nome tecnico: trappola della liquidità.
Invece che mezzo di scambio, il denaro troppo buono si trasforma in meta dell’azione economica, causando la rovina dell’economia stessa, che non dovrebbe essere una guerra per accaparrarsi percentuali sempre maggiori di proprietà dei beni esistenti, ma una collaborazione per incrementare la ricchezza totale accrescendo il benessere di tutti.
Il diffuso condizionamento mentale ci dice che è il denaro la cosa importante, non i beni e servizi che creiamo. Ci raccontano che è facile produrre, difficile vendere (cioè trasformare le merci in denaro). Che è facile disporre di poco denaro, difficile manovrarne tanto. Tra i mezzi di condizionamento mentale di massa segnalo la pessima filmografia holliwoodiana, che sforna mensilmente almeno una pellicola in cui i cattivi commettono atrocità inenarrabili solo per denaro, per inculcare il concetto che il denaro sia più importante di ogni altra cosa.
Il risultato è la cosiddetta finanziarizzazione dell’economia, che gli imbecilli criticano dopo aver aderito alle premesse che la producono.
Cosa sta dunque succedendo? Che a furia di considerare facile e secondaria la produzione e a furia di vessare e strozzinare chi lavora, si stanno scoraggiando l’impresa produttiva e il lavoro attivo.
Il risultato sarà la penuria di beni, cioè la carestia, con annessa l’inevitabile esplosione dell’inflazione ai livelli del terzo mondo: l’equivalente della storia di re Mida che morì di fame a causa del suo potere di trasformare in oro tutto ciò che toccava.
E qui si chiude il cerchio del discorso monetario, perché ci raccontano sempre che l’eccesso di moneta produce inflazione, invece che dire correttamente che è lo squilibrio della domanda rispetto all’offerta che la produce. A furia di banalizzare e sottostimare l’importanza dell’offerta, l’inflazione si verificherà comunque e in modo violento.
Un sottoinsieme di questo tema riguarda la privatizzazione dei servizi di interesse generale: acqua, energia, trasporti, telefonia, autostrade.
Nel silenzio generale vedo una costante e rapace crescita dei balzelli, delle spese e dei tributi, quali nemmeno i più oscurantisti satrapi orientali avrebbero mai osato imporre ai loro sudditi.
Ma come, ci hanno raccontato che con la privatizzazione sarebbe migliorata l’efficienza dei servizi e i costi si sarebbero abbassati! Perché accade il contrario?
La realtà è che i padroni (lo so è un termine desueto, ma se non lo si usa non si capisce il concetto) delle grandi aziende hanno incrementato l’efficienza dell’attività a favore delle proprie tasche, non certo a favore dei cittadini.
Costa meno, costa meno, ripetono ossessivamente le voci storpiate dei call-center. Ma no, sei tu che costi meno, povero cretino sfruttato, non certo la bolletta.
E poi le favolette, che uno si aspetta di trovare sul libro di Esopo e invece vengono ripetute persino nelle aule universitarie e senza ridere: la concorrenza abbassa i prezzi a vantaggio di tutti…
Primo, la concorrenza non se la fanno certo i grandi gruppi che lavorano come cartelli monopolistici, pensate alla benzina o alla telefonia. Secondo, la concorrenza abbassa i prezzi abbassando lo stipendio a chi lavora, il vantaggio quindi non è per tutti, ma per chi ha il denaro indipendentemente dal lavoro, cioè finanzieri e redditieri.
Terzo, come sperimentiamo, i prezzi si alzano comunque.
E adesso la domanda finale, ma chi mette in giro queste bestialità, che la moneta deve essere forte e sicura, che i servizi vanno privatizzati, che le imprese pubbliche non devono esistere, che l’efficienza e il guadagno sono il fine dell’economia?
In ambito scientifico, chi avanza affermazioni temerarie, non comprovate e incuranti dei solidi risultati raggiunti e confermati da lunga esperienza viene definito “ciarlatano”.
Allora mi rendo conto che la quasi totalità dei giornalisti economici sono ciarlatani, che molti sedicenti professori ed economisti sono pluriciarlatani.
Stranamente , in questo campo, non si vedono le reazioni “a protezione dei cittadini” che stiamo constatando in campo medico: i ciarlatani economici non vengono radiati dall’albo dei giornalisti, né allontanati dalle aule universitarie, e neppure si varano leggi per imporre una dottrina economica fin dall’asilo (tanto per fare un esempio un “gender keynesiano”). Non vedo leggi che impongano “l’investimento esavalente” alle banche, né gli undici investimenti di Stato, obbligatori, per raggiungere la “piena occupazione di gregge”.
Viaggiamo spediti in direzione di un regime di assoluta schiavitù, la schiavitù della miseria, con l’entusiasta beneplacito dei nostri governanti.