“Lezioni operative di due anni di impegno russo in Siria”,suona così il titolo della valutazione di Michel Goya, 63 anni colonnello delle truppe di Marina, brevettato alla scuola di guerra, docente e storico. Il testo è interessante perché, in controluce, suggerisce dove e come gli americani hanno militarmente sbagliato.
Piaccia o no, esordisce dunque Goya, l’intervento russo “è stato un successo”.
E perché è stato un successo? “Perché ha conseguito il suo obiettivo politico primo, che era quello di salvare il regime siriano”. Prima lezione: non si entra in un conflitto senza un obiettivo politico ben delineato e delimitato. Mai dimenticare Clausewitz, “la guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi”.
Anche se la guerra è lungi dall’essere terminata, essa “non può più essere perduta da Assad”. Non restano che due poli territoriali sunniti coerenti in Siria, l’oltre Eufrate ancor tenuto da Daesh, e Idlib, tenuto da Al Nusra.”Tutte le altre forze ribelli sono frammentate e spesso servono da suppletivi ad altri attori concorrenti, Turchia, l’Unione democratica curda (PYD), la Giordania, Israele o gli Stati Uniti”.
Punto notevole, la Russia “agisce come intermediario con tutti questi attori, locali o esterni” (che le sono nemici), “il che le attribuisce un peso diplomatico speciale sullo stesso teatro “ d’operazioni. Mosca tratta con gli alleati e con gli avversari; non si propone l’annichilimento del nemico ma il negoziato politico.”Essa appare di nuovo come una potenza di peso sugli affari del mondo, di cui bisogna tener conto”.
E quante risorse ha impegnato per avere questo successo?
“Risorse piuttosto limitate: 4-5 mila uomini, 50-70 mezzi aerei, un costo di circa 3 milioni di euro al giorno, un quarto o un quinto dello sforzo americano nella regione”, e ridotto anche rispetto alla partecipazione francese al contrasto contro Daesh in Irak, operazione Chammal 2014.
“Visti i risultati”, visto il rapporto fra la modestia dei mezzi usati rispetto ai loro effetti strategici ottenuti, “i russi hanno una ‘produttività’ operativa molto superiore agli americani o ai francesi”.
Come mai?
Anzitutto perché “il dispositivo russo, impegnato massicciamente e di sorpresa, è stato completo fin da subito”. Oh meraviglia, “non è stato preceduto da una fase dichiaratoria [Tipo le minacce americane: “Tutte le opzioni sono sul tavolo”, “Assad è un criminale che ha superato la linea rossa” eccetera], “e neppure è stato gradualmente rinforzato e diversificato come nella coalizione americana, che ha aggiunto nuovi mezzi (caccia bombardieri, poi aerei d’attacco, poi elicotteri d’assalto, poi artiglieria…) o ampliando il loro impiego via via secondo la resistenza del nemico, o per “mostrare che si fa qualcosa” alla propria opinione pubblica…”.
Ripetiamo:”La Russia ha dispiegato un dispositivo completo e coerente rispetto al raggiungimento di un obiettivo chiaro, ciò che non ha fatto la coalizione pro-ribelli [Usa, eccetera] in Siria”.
E non l’ha fatto nemmeno di nascosto, fingendo che a combattere fossero i siriani. No, l’intervento russo “è stato pienamente assunto, al contrario della ‘impronta leggera’ (sic) americana”. Impronta leggera significa forse che gli americani hanno fatto finta di esserci poco e di non aiutare i terroristi loro favoriti. Hanno evitato al massimo di avere “scarponi sul terreno”.
Invece i russi sono arrivati apertamente: siamo qui a fianco del nostro alleato. Noi, non ”consiglieri” e “addestratori”, o mercenari d’accatto.
“Ciò ha cambiato il dato operativo”, dice Goya.
La guerra in Siria è “a mosaico”; impegna non due campi soli, ma numerosi, coi loro sponsor, e tutti hanno obbiettivi differenti che li spingono a divergere o a convergere, “ciò che rende il conflitto insieme complesso e stabile, in quanto le riconfigurazioni politiche spesso annullano i successi militari di una parte”.
La strategia del pedone imprudente
Qui, fatto essenziale, “i due sponsor rivali, Stati Uniti e Russi, non hanno alcuna intenzione di affrontarsi direttamente, ed evitano dunque di ‘incontrarsi’. Di conseguenza, una “occupazione-lampo” di un terreno da parte dell’uno impedisce meccanicamente all’altro, davanti al fatto computo, di penetrarvi. E la strategia del ‘pedone imprudente’ che attraversa una camionabile ed obbliga gli automobilisti a fermarsi: una strategia che i sovietici come i russi hanno adottato regolarmente. Ciò comporta l’assunzione di un rischio […] In Siria, le esitazioni americane hanno ridotto il rischio”. Audacia contro paura?
“Dal momento in cui i russi hanno piantato apertamente la loro bandiera e occupato lo spazio – specie aereo – in Siria, per gli altri tutto è diventato più complicato. Il dispiegamento di S-300 e poi di S-400 ha “ha imposto una zona di esclusione aerea agli Stati Uniti, ostacolati in tal modo su un teatro operativo per la prima volta dalla guerra fredda”.
Una interdizione dello spazio aereo che non è stata ermetica, riconosce Goya. I turchi hanno abbattuto un caccia russo il 24 novembre 2015, gli americani hanno attaccato proditoriamente dal cielo gli assediati regolari siriani a Der Ezzor, violando un accordo coi russi di poche ore prima, ammazzando 62 soldati, e in pratica facendo da appoggio aereo al coordinato attacco dello Stato Islamico a terra; la Marina Usa su ordine del neo-eletto Trump ha lanciato i missili da crociera contro la vecchia base di Shayrat (ma, prudentemente, dal mare) e l’armata israeliana ha attaccato il 7 settembre il sito di Mesayf (ma prudentemente dallo spazio aereo del Libano); a giugno un caccia americano ha abbattuto un Su-22 siriano “nel primo duello aereo sostenuto dagli americano dal 1999”.
Ma certo, se ciò “dimostra l’incapacità russa di interdire totalmente, politicamente o tatticamente, il cielo, la rarità e la prudenza di questi attacchi testimoniano che lo spazio aereo è stato comunque dominato dai russi”.
Gli americani da parte loro, nonostante le verbose declaratorie minacce, “hanno esitato a fornire materiale sofisticato alle forze ribelli, come missili anticarro e terra-aria; ancor meno a impegnare apertamente loro proprie unità di combattimento”. Insomma “non hanno osato”.
Commenta Goya: “la cosiddetta ‘impronta leggera’ è spesso prova della leggerezza degli obbiettivi politici e della motivazione”.
Il colonello si dilunga sull’impiego creativo della Brigata aerea mista” russa, con una settantina di apparecchi al massimo (teoricamente Mosca ne dispone di 2 mila), e “almeno una batteria delle 120ma brigata d’artiglieria, lanciarazzi multipli, droni, un aereo di ricognizione elettronica, più diverse compagnie di forze speciali la cui missione è l’operazione in profondità e l’intelligence”.
“La brigata aerea ha condotto decine di operazioni combinate ad un ritmo molto elevato: mille uscite mensili. Una tecnologia piuttosto antica, con grande uso di bombe non guidate”, ha portato ad una bassa percentuale di colpi a bersaglio rispetto agli standard occidentali e perdite civili sensibilmente più importanti all’inizio. Ma poi nettamente diminuite…”.
Nell’insieme, il sito Airwars (americano), stima le vittime civili dei russi “tra le 4.000 e 5.400 in totale”, ma “da 5.300 a 8.200 quelle da imputare alla coalizione statunitense, che pure usa una percentuale molto maggiore di munizioni guidate”
Le perdite russe sono valutate da 11 a 17 ufficialmente , “ma in realtà tra 36 e 48, comunque molto basse rispetto alla portata delle operazioni”. La Russia, e Goya si sorprende, non ha impegnato direttamente forze terrestri sue in combattimento. Si è limitata a “ un battaglione dell’810 ° Brigata di Fanteria Marina rafforzato da una piccola compagnia di nove T- 90, una batteria di artiglieria dotata di circa quindici lanciagranate multipli, e dotata di quaranta veicoli combattimento per fanteria”, ma “questa forza viene utilizzata principalmente per la protezione delle basi navali Tartous e Hmeimim”.
Armi nuove
I russi hanno sperimentato in questo conflitto “il SVP-24 (per il sottosistema speciale di calcolo ), un sistema che utilizza il sistema di navigazione satellitare russo GLONASS per confrontare la posizione di un aereo e il suo obiettivo tenendo conto di tutti i parametri di volo. Con questo sistema i russi ottengono una precisione simile a quella delle munizioni guidate, sparando però ad una quota di sicurezza.
E s’è visto in Siria anche il “veicolo di scorta” inteso a superare la sconnessione tra i carri armati e la fanteria meccanizzata: è “stata sviluppata una piattaforma dedicata, con un telaio del serbatoio T-90, ma pesante e costoso, e quindi sostituto molto più economicamente con il BMPT-72 (chiamato Terminatore 2) usando vecchi telai del serbatoio T-72.
Per il prezzo di un VBCI e probabilmente per la metà del prezzo di un futuro Jaguar , il BMPT-72, ben protetto e equipaggiato con l’ottica moderna, dispone di 4 lanciatori missili Ataka-T (AT-9 Spiral -2), due mitragliatori da 30 mm e una mitragliatrice da 7.62 mm. È una notevole arma “anti-tank” (ma anche antiaereo e possibilmente anti-drone) che aiuta l’impiego dei tank in AMBIENTE URBANO”.
Le tecnicalità soldatesche non facciano dimenticare erò questo: “La principale novità del dispositivo russo è stata, nel febbraio 2016, la creazione di un Centro di Riconciliazione volto alla diplomazia di guerra, la protezione del trasporto dei combattenti [nemici che si dichiarano sconfitti] , e con le autorità civili, ONG e Nazioni Unite, l’aiuto alla popolazione. Questo centro di riconciliazione è anche , chiaro, un organo di raccolta d’intelligence per le forze russe. Ma implica l’ammissione che la fine più ovvia di un conflitto è il negoziato e non la distruzione totale del nemico”.
Conclusione: “
“Con mezzi limitati, la Russia ha almeno per ora ottenuto importanti risultati strategici e comunque molto superiori a quelli delle potenze occidentali, innanzitutto negli Stati Uniti, ma anche la Francia, i cui effetti strategici in Siria non sono nemmeno misurabili.
Ciò è dovuto principalmente a una visione politica evidentemente più chiara e ad un’azione più coerente, con una presa di rischio operativa e tattica che gli Stati Uniti o la Francia non hanno osato. La stessa presenza dei russi in prima linea, se meccanicamente ha portato a perdite di vite umane”, col “suo effetto deterrente” sugli attori locali, ne ha anche risparmiate, permettendo lo sblocco rapido delle situazioni tattiche congelate. E “Con l’accettazione dei negoziati, gli sviluppi sono stati più rapidi a favore del regime di Damasco rispetto ai quattro anni precedenti, dimostrando ancora una volta che si ottengono più risultati attraverso azioni coerenti sul terreno che azioni da lunga distanza e senza obiettivi chiari”.
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