I media hanno riparlato del cosiddetto “idolo di Shigir”, esposto al museo Sverdlovsk di Yekaterinbug. Trovato nel 1890 in una palude di torba della Siberia occidentale, questa sorta di palo sormontato da testa umana – originariamente era alto 5 metri, ne restano 2,7 – era stato datato nel 1997 come risalente a 9500 anni fa’: per cui era già la più antica scultura lignea esistente.
Adesso un sistema più perfezionato di datazione al Carbonio 14 (con spettrometro di massa accelerato) applicato da un gruppo di studiosi tedeschi ha arretrato la scultura di altri 1500 anni: “l’idolo di Shigir” dunque è la prova di una cultura religiosa umana esistente 13 mila anni fa, risalente all’11 mila a. C. in Siberia. Più antica, hanno sottolineato i media, alle Piramidi egizie (attorno al 3 mila a.C:) e al “santuario” di Stonehenge (2600 a.C., ma forse assai più recente). E’ persino più antica del misterioso complesso di templi monumentali, con pilastri scolpiti, ritrovato a Gobekli Tepe in Turchia, e risalente al 9500: un ritrovamento che ha rovesciato la ricostruzione della nascita delle civiltà fino a ieri adottata dagli archeologi, secondo i quali era stata la nascita dell’agricoltura a creare gli agglomerati urbani, come luoghi di culto monumentali. Prima,l’economia di sussistenza dei cacciatori-raccoglitori non avrebbe permesso di mantenere un numero di uomini validi disponibili per alzare pilastri di 50 tonnellate in un complesso di trenta tempi…. Invece Gobekli Tepe, molto precedente all’addomesticamento del grano, dice il contrario: è stata una spinta religiosa a costituire quell’immenso luogo di culto, e da quello sforzo collettivo sono nate probabilmente le civiltà sedentarie organizzate.
Ma anche Gobekli Tepe è una religione estinta. Verso l’8000 a. C., il sito fu deliberatamente abbandonato dai suoi fedeli che ritualmente lo seppellirono con terra riportata, altro enorme e misterioso sforzo.
L’idolo di Shigir è assai meno monumentale. Ma la “religione” (o metafisica) di cui dà testimonianza è ancora fra noi. Nell’insieme l’alto manufatto non ha nulla di misterioso: si tratta di un palo sciamanico, del tutto simile a quelli elevati nelle stesse zone, ancor oggi, dalle tribù siberiane discendenti dagli scultori dell’”idolo”.
La somiglianza generale è impressionante: come si vede, molti dei pali odierni rappresentano facce umane sovrapposte. Sull’idolo di Shigir, l’archeologo (dei tempi zaristi) Vladimir Tolmachev ha identificato sette volti stilizzati.
Simili pali servono come elementi di contatto con “l’alto”, siano spiriti dei “cieli” a cui lo sciamano (di solito mascherato da uccello, o essere alato) , o vere e proprie pertiche in cui lo sciamano si inerpica per raggiungere uno dei sette o nove “cieli”, dai quali ottiene poteri sovrannaturali che gli consentono di guarire malati, smascherare ladri, rivelare nemici (demoniaci o umani) della comunità a cui serve. Lo sciamano è “l’uomo-medicina”, specialista dell’estasi, come lo definisce Mircea Eliade. Si produce uno stato alterato di coscienza (per lo più con suoni di tamburi, di rado con sostanze stupefacenti) e in quello stato “sale” sul palo in contatto coi cieli; spesso è accompagnato da animali-angeli protettori (come il cigno nordico, animale assiale) e deve lottare contro demoni animali, perché il suo “viaggio” è irto di pericoli spirituali e magici, ma molto reali. Ogni sciamano è stato identificato e selezionato dallo sciamano cui è succeduto, il suo maestro. Che talora lo ha reso “diverso” dalla comune umanità sostituendo i suoi organi interni con cristalli di quarzo – dolorosa chirurchia magica e simbolo del cambiamento della sua essenza, analogo di una ordinazione sacerdotale. Secondo Mircea Eliade, lo sciamanesimo è la religione “originaria”; tracce di sciamanesimo si trovano nella religione ellenica (l’oracolo di Delfi dove la Pizia cadeva in trance), nel movimento dionisiaco; lo Shinto giapponese è una forma formalizzata e regolarizzata di sciamanesimo. Sciamani in trance appaiono del resto nelle pittore rupestri di Lascaux, dove chiaramente “segnavano” magicamente gli animali da cacciare, ne agevolavano la cattura e ne espiavano l’uccisione.
Il palo di Shigir è dunque la testimonianza dell’uomo che mai è stato “primitivo”, ossessionato dalle necessità materiali; era un essere “metafisico”, che – ha scritto Giuseppe Sermonti – più che vivere “recitava”, con danze, canti e incantamenti, indossando sacri costumi – insomma viveva di liturgie per entrare nell’aldilà.