“Dare ai vescovi l’ultima parola riguardo alle traduzioni della Messa sarebbe “distruggere” l’unità della Chiesa”. Lo ha detto in un’intervista al Passauer Neue Presse il cardinale Gerhard Mueller, l’ex prefetto della Congregazione per la dottrina della Fede. “Ex”, perché Bergoglio lo ha cacciato da quella carica, la più importante perché sorveglia – o dovrebbe – l’infiltrazione dell’eresia nella dottrina.
Il cardinal Mueller si riferiva al motu proprio di Bergoglio, Magnum Principium (quando vuole, il latinorum lo usa) cui costui trasferisce d’autorità alle conferenze episcopali il compito di stabilire le formule della Messa nelle lingue locali. Prima, tali traduzioni dovevano essere viste ed approvate (o respinte) da Roma; adesso El Papa lascia liberi i vescovadi locali di fare quello che vogliono – specie della formula della Consacrazione, invisa ai protestanti – addolcendola e nullificandola in modo da poter impapocchiare “liturgie ecumeniche” senza pronunciare la frase (“Questo è il mio Corpo, questo è il mio Sangue….”) odiosa ai luterani perché produce la Presenza Reale. Ostacolo alla messa ecumenica comune.
Mueller dice che, nella sua esperienza alla Congregazione, “ho sperimentato che le traduzioni utilizzate dai vescovi hanno annacquato i testi biblici e liturgici col pretesto di una migliore comprensione”.
E poi: “Nei casi dubbi, l’ultima autorità non può essere nelle conferenze episcopali, che distruggerebbero l’unità della Chiesa Cattolica nella fede, nella confessione e nell’orazione”.
Che dire? Fare i complimenti al cardinal Mueller, che col suo genio ha capito. Il sottoscritto, un laico stra-peccatore senza alcuna preparazione, l’aveva capito subito prima di lui. Quasi tutti vaticanisti l’avevan capito subito. I più tardi di comprendonio, almeno, l’han capito quando El Bergoglio ha smentito pubblicamente il cardinal Sarah, suo prefetto della congregazione della Liturgia, che (anche lui in un’intervista) aveva provato a dire che il motu proprio papesco non cambia “sostanzialmente” l’autorità della Santa Sede sulla sua ultima parola in fatto delle traduzioni delle formule liturgiche. Autorità sancita dall’Enciclica Liturgiam Authenticam di Giovanni Paolo II.
No, no, ha chiarito El Papa: in una lettera pubblica, datata 15 ottobre, ha smentito e corretto il cardinal Sarah, riconfermando che Bergoglio “lascia invece a ciascuna Chiesa nazionale la libertà di tradurre a piacimento”.
Tralasciamo la domanda come un motu proprio possa cancellare un’enciclica: è proprio dei dittatori regnare per decreti, ossia di suo arbitrio, e imporre che i suoi decreti aboliscano le leggi precedenti.
Quindi facciamo i complimenti al cardinal Mueller che ci è arrivato: il motu proprio del Sedicente distrugge l’unità della Chiesa. Aspettando con pazienza che arrivi alla conclusione cui sono già arrivati laici: che Bergoglio vuole, deliberatamente e con piena coscienza, rompere l’unità liturgica e sacra della Chiesa. Infatti ci è arrivato Sandro Magister:
La libertà data ai vescovadi di tradurre le formule sacre come pare a loro, con in più l’umiliante smentita a Sarah che sarebbe il ministro responsabile e competente per la faccenda, è “l’ embrione di una futura Chiesa cattolica non più monolitica ma federata, un altro degli obiettivi di Bergoglio, inesorabile calcolatore” .
Anche Cesare Baronio, del sito Opportune et importune, ne ha tratto le conclusioni:
“Ormai è chiaro: l’equivocità del «magistero» di Bergoglio è voluta, ed è premessa alla sua lettura in chiave eretica da parte di coloro che egli considera come veri interpreti del proprio pensiero”.
Lasciamo a lui la parola. Anche lui naturalmente cita l’articolo capitale di Sandro Magister
La rivoluzione di Bergoglio. A piccole dosi ma irreversibile
«Le novità [Bergoglio] le introduce sempre a piccole dosi, seminascoste, magari in un’allusiva nota a piè di pagina, come ha fatto con l’ormai famosa nota 351 dell’Esortazione postsinodale Amoris lætitia, salvo poi dire con candore, interpellato in una delle sue altrettanto famose conferenze stampa in aereo, che quella nota nemmeno se la ricorda» (qui).
E ancora:
«Ma questo è appunto ciò che fa oggi il primo papa gesuita della storia: mette in moto “processi” dentro i quali semina le novità che vuole prima o poi vittoriose, nei campi più diversi, come ad esempio nel giudizio sul protestantesimo. […] Lascia che corrano le interpretazioni più disparate, sia conservatrici che di progressismo estremo, senza mai condannarne esplicitamente nessuna. L’importante per lui è “gettare il seme perché la forza si scateni”, è “mescolare il lievito perché la forza faccia crescere”, sono parole di una sua omelia di pochi giorni fa a Santa Marta» (qui).
Questo procedimento eversivo – chiosa Baronio – si compone di tre fasi: preparazione dolosa, enunciazione equivoca ed interpretazione tendenziosa.
- La preparazione richiede che sia chiaro fin dall’inizio ciò che si vuole ottenere, e che di questa volontà siano al corrente Bergoglio ed un numero ristretto di complici, i quali a loro volta dovranno organizzare gli interventi di un più vasto gruppo, indicandone la tempistica, specificandone l’esatto tenore e le modalità di divulgazione mediatica. Contestualmente a questa operazione preparatoria, si dovrà far sì che vi siano già richieste e proposte coerenti, formulate da teologi ed intellettuali e per lo più rivolte alla nomenklatura cattolica, organizzando conferenze, pubblicando interventi su riviste per gli addetti ai lavori, tenendo convegni e giornate di studio.
- L’enunciazionedev’essere fatta in modo volutamente equivoco, per mezzo di espressioni vaghe, meticolosamente coniate evitando l’uso della terminologia propria alla materia – teologica, morale, liturgica, canonica – e deve inserirsi in un più ampio contesto che da un lato distragga l’attenzione dalla proposizione ambigua, e dall’altra sembri autorizzare l’interpretazione ortodossa di questa. Sarà utile se la parte più controversa e velenosa dell’enunciato sia occultata in una nota a piè pagina, oppure in una citazione parziale di un testo, o in una sua traduzione incompleta.
- L’interpretazione ad mentem Bergollei da parte dei complici è preparata con cura, orchestrata per dare l’impressione che venga da persone di diversa autorità, cultura, formazione e collocazione ideologica. A quest’opera di esegesi devono contribuire membri della Gerarchia, personalità di spicco del mondo ecclesiale, docenti di Atenei, portavoce di movimenti laicali, preti delle periferie esistenziali, opinion makers acattolici ecc. Risulterà particolarmente utile se parte di questi attori sarà espressione di organi collegiali, di assemblee, di commissioni, in modo da attribuir loro maggior credibilità ed autorevolezza. Non sarà a questo scopo inopportuno inserire anche qualche voce estremista, cui dare una certa enfasi, in modo da consentire poi una simulata mediazione. Ed anche una opposizione artefatta, che screditi qualsiasi seria critica per l’inconsistenza delle argomentazioni o per l’impresentabilità di chi le formula.
Una volta compreso il meccanismo truffaldino, Baronio è in grado di prevedere e anticipare le prossime fasi della rivoluzione bergogliesca:
Ammissione ai Sacramenti dei divorziati risposati
Se pensiamo alle modalità che hanno portato all’Esortazione Apostolica Amoris Lætitia, siamo in grado di vedere queste fasi perfettamente realizzate, sin dallo stadio preparatorio del Sinodo per la Famiglia.
Aveva iniziato il Card. Martini il 7 Ottobre 1999, in occasione del Sinodo per l’Europa, a metter in discussione la disciplina che esclude i concubinari dai Sacramenti. E parecchi altri Vescovi di tutto il mondo di fatto ammettevano già i divorziati alla Comunione.
Fu il Car. Kasper al Concistoro del 2014 a perorare la causa bergogliana prima del Sinodo. Alle sue proposte, palesemente eterodosse, avevano risposto molti membri di spicco della Gerarchia, pensando di aver così scongiurato l’accettazione delle tesi di Kasper da parte dell’Episcopato.
«A quel drammatico concistoro seguirono due sinodi che misero a nudo forti divisioni dentro la gerarchia della Chiesa. Ma nella mente di Francesco il copione era già scritto. Ed quello che ora si legge nella Amoris lætitia, il cui clou è precisamente il capitolo ottavo, redatto nella forma vaga ed ondivaga tipica di Jorge Mario Bergoglio quando vuole aprire e non chiudere un processo, ma che appunto fa ora dire a Kasper e ai tedeschi, con sicurezza assoluta, di avere ormai “il vento in poppa”» (qui).
I problemi iniziarono con l’Instrumentum laboris, nel quale si trovano enunciate le innovazioni volute da Bergoglio, e che suscitarono un’immediata protesta (qui e qui). Non possiamo dimenticare nemmeno la lettera che tredici Porporati scrissero al Papa:
«A un certo numero di padri il nuovo processo sembra configurato per facilitare dei risultati predeterminati su importanti questioni controverse» (qui), meritando la zelante e pronta censura di Andrea Tornielli, ancora prima che le Loro Eminenze decidessero di pubblicarla:
«In sostanza tredici padri, cardinali e vescovi, hanno lasciato intendere che il Sinodo fosse in qualche modo “pilotato” dalla Segreteria generale (e in ultima analisi dal Papa) in modo da far sì che prendesse una direzione aperturista. Due nel concreto le contestazioni: l’ipotesi che i moderatori e i relatori dei circoli minori venissero designati dalla Segreteria, cioè dall’alto, con scelte in grado di indirizzare il dibattito. E la mancata elezione dei membri della commissione incaricata di scrivere il documento finale» (qui).
Si è visto che ciò è esattamente quanto è avvenuto.
Contrariamente a quanto afferma la vulgata diffusa dallo stesso Bergoglio e dai suoi accoliti, non è vero che la maggioranza si sia espressa a favore dell’ammissione dei divorziati ai Sacramenti, anzi è vero il contrario, nonostante i vergognosi tentativi di imporre in itinere ai Padri sinodali le idee della fazione appoggiata dal Papa ed alla actuosa participatio del Segretario speciale monsignor Forte.
«Nonostante la conclamata valorizzazione della collegialità, infatti, anche la prossima tornata del sinodo vedrà all’opera in Francesco un esercizio monocratico dell’autorità papale, come già nella sessione di un anno fa, al termine della quale il papa ordinò che fossero mantenute in vita anche le proposizioni che non avevano ottenuto i voti necessari per essere approvate. Ed erano proprio quelle relative ai punti più controversi, divorzio e omosessualità» (qui).
Arriviamo alla Relatio finalis, consegnata in italiano alla fine della sessione del 22 Ottobre 2015 (e non tradotta in nessuna altra lingua), con la discussione messa a calendario per l’indomani mattina. Ricorda Roberto De Mattei:
«Il testo non teneva alcun conto dei 1355 emendamenti proposti nel corso delle tre settimane precedenti e riproponeva sostanzialmente l’impianto dell’Instrumentum laboris, compresi i paragrafi che avevano suscitato in aula le più forti critiche: quelli sull’omosessualità e sui divorziati risposati» (qui).
L’indomani, la Relatio viene respinta da 51 Padri sinodali. Fu così deciso di procedere ad una nuova versione emendata, preparata nella notte del 23 Ottobre e fatta leggere il 24 per poi ottenerne frettolosamente l’approvazione con una risicata maggioranza dei due terzi.
E quando, nonostante le manovre, la Relatio finalis sembrava non fare menzione né dell’ammissione dei divorziati alla Comunione né tantomeno dell’accoglienza delle coppie omosessuali, questi ha comunque promulgato l’Esortazione post-sinodale come se fosse stata scritta sulla base della versione che era stata fraudolentemente predisposta fin dal Settembre 2015, come conferma don Claude Barthe:
«Il testo dell’esortazione post-sinodale era stato redatto, nelle grandi linee […] già nel settembre 2015, prima dell’apertura della seconda assemblea del Sinodo» (qui).
E da Sandro Magister apprendiamo:
«Nel sinodo dello scorso ottobre fu proprio l’arcivescovo di Vienna [Schönborn], d’intesa con Kasper, a escogitare nel “Circulus germanicus” le formule di apparente rispetto del magistero tradizionale della Chiesa ma nello stesso tempo aperte al cambiamento – capaci di aggirare le obiezioni di Müller – che sono poi confluite nella “Relatio finalis” del sinodo e infine nella “Amoris lætitia”, sempre in quella forma studiatamente ambigua che consente però ora al partito di Kasper di cantare vittoria e a Müller e agli altri della sua parte di patire una sconfitta bruciante» (qui).
Il 24 Ottobre Bergoglio chiudeva il Sinodo, confermando la chiave interpretativa delle sue manovre:
«Concludere questo Sinodo significa anche aver spogliato i cuori chiusi che spesso si nascondono perfino dietro gli insegnamenti della Chiesa, o dietro le buone intenzioni, per sedersi sulla cattedra di Mosè e giudicare, qualche volta con superiorità e superficialità, i casi difficili e le famiglie ferite» (qui).
Quando il Card. Gerhard L. Müller affermò che Amoris Lætitia non conteneva nulla di innovativo rispetto alla Tradizione, fu rimosso dalla carica. Pare che in quei frangenti egli ebbe ad esprimersi coram Pontifice anche circa l’eventualità di ammettere le donne agli Ordini, e che la sua risposta negativa argomentata su base dottrinale abbia persuaso Bergoglio circa l’inevitabilità di nominare un altro Prefetto più malleabile.
Certo è che sentir parlare in Amoris Lætitia di «pianificazione familiare», di «partner» anziché di coniuge, lascia comprendere come, oggi, si sia giunti a sdoganare anche la contraccezione e l’aborto, quali argomenti di libera discussione, in nome di un Sinodo per la Famiglia che avrebbe dovuto proclamare, oggi più che mai, il valore intangibile del Matrimonio e dell’accoglienza alla vita.
Dopo la promulgazione dell’Esortazione, si sono perfettamente realizzate le tre fasi del processo che ho descritto, come conferma Sandro Magister:
«Il cardinale Kasper e l’ala progressista della Chiesa di Germania hanno ottenuto ciò che volevano. Sulla comunione ai divorziati risposati Francesco è dalla loro parte. L’aveva deciso da tempo e così ha fatto» (qui).
La communicatio in sacris con gli acattolici
Analogo procedimento vediamo in atto nella prospettata riforma della Messa, in vista dell’intercomunione. La commissione di studio, che si riunisce clandestinamente e della quale sono membri personaggi notoriamente ultraprogressisti, lavora indipendentemente dal Prefetto della Congregazione del Culto Divino, ma evidentemente con l’avvallo in alto loco. E quando verrà promulgato un nuovo Direttorio per l’Ecumenismo – o come lo si vorrà chiamare – vi si troveranno probabilmente innumerevoli citazioni del Vaticano II, delle Allocuzioni dei Pontefici del postconcilio, delle norme precedentemente emanate dai Dicasteri Romani, in modo da lasciar supporre una legittima continuità, salvo inserirvi surrettiziamente qualche frase equivoca, che in pratica sconfessi le norme precedenti ed autorizzi l’applicazione in senso più largo di quella che ad esse si sostituisce.
Celibato sacerdotale e donne diacono
Stessi metodi saranno messi in opera con il prossimo Sinodo dell’Amazzonia del 2019, che sotto l’apparenza di voler far fronte ai problemi dell’America Latina, ha come scopo l’introduzione del Diaconato alle donne e l’abolizione del Celibato ecclesiastico.
Lo ha confermato ore rotundo il Card. Reinhard Marx, nel corso della riunione del Comitato dei Cattolici Bavaresi (qui). Anche in questo caso non è difficile prevedere che questi interventi siano consentanei con la fase preparatoria orchestrata dal Papa. Naturalmente, in occasione del Sinodo del 2019, la possibilità di ammettere al Presbiterato viri probati coniugati sarà presentata come una deroga ad experimentum, per poi estenderla con le solite modalità già viste. E sin da ora in Germania si stanno creando le premesse a questa innovazione, se è vero che si preannuncia come imminente l’Ordinazione sacerdotale di diaconi permanenti (qui).
Ma queste notizie seguono cronologicamente la precedente intervista di Bergoglio a Die Zeit (qui), che a Marzo di quest’anno ha parlato esplicitamente sia dell’abolizione del Celibato sia dell’ordinazione delle Diaconesse, auspicata da due teologi – guarda caso – proprio pochi giorni prima:
«Helmut Hoping e Philipp Müller invitano la Conferenza Episcopale a presentare una proposta concreta a Papa Francesco per la possibilità di ordinare viri probati. In determinate circostanze – secondo i due teologi – due o tre vescovi potrebbero richiedere l’autorizzazione di Roma e consacrare i diaconi sposati al sacerdozio» (qui).
È da notare che il Card. Marx, a proposito delle diaconesse, ha affermato che essa non è attualmente in agenda a Roma, ma che «in questo contesto la domanda sull’ordinazione delle donne sarebbe arrivata sul tavolo [del Papa]» (qui).
Lucetta Scaraffia [J, ndr.], direttrice dell’inserto Donne, Chiesa, Mondo de L’Osservatore Romano intervistata da Virginia Piccolillo del Corriere della Sera il 12 maggio 2016, a proposito dell’eventualità di aprire il diaconato alle donne, afferma: «Potranno esserci, ma bisognerà superare alcuni ostacoli». Quali ostacoli? «Solo di diritto canonico. Non è una cosa che va contro la dottrina cattolica. È soltanto un problema di regole da aggiornare» (qui).
Come si vede, prima si crea la domanda – ancorché teologicamente improponibile -, poi se ne discute ufficialmente, quindi si introduce l’innovazione in deroga, o la si lascia intendere tra le righe; infine, si fa in modo che, in nome del decentramento appositamente voluto da Bergoglio, vi siano delle Conferenze Episcopali che interpretano la norma esattamente come vuole il Papa.
Chi si dovesse opporre, in nome della prassi costante della Chiesa e dei pronunciamenti ufficiali ed ex cathedra di Giovanni Paolo II su questo tema, verrà semplicemente ignorato – come nel caso di Cardinali – o screditato dai media asserviti alla convergenza tra i poteri forti e la neo-chiesa. È la prima volta, nella storia, che si assiste a questo accordo infernale tra politica, religione e informazione.
Il Concilio Vaticano II
A questo punto ci sia permessa una riflessione. Credo che non vi siano, almeno tra i Cattolici che si sono accorti della evidente apostasia che sta attraversando la neo-chiesa, persone che mettano in dubbio l’esistenza di questo modus operandi da parte di Bergoglio nel perseguire i suoi scopi.
La validità di questa tesi può esser sostenuta in presenza di una preparazione dolosa, un’enunciazione equivoca ed una interpretazione tendenziosa di una determinata norma. Ma essa si può applicare come una griglia di lettura anche al Concilio, il cui procédé per introdurre nella Chiesa dottrine che oggi si rivelano nella loro totale eterodossia fu esattamente lo stesso.
Pensiamo alla liturgia, ad esempio. A leggere la Costituzione Sacrosanctum Concilium, non si può fare a meno di chiedersi se il Novus Ordo non vi fosse già prefigurato nella sua versione più radicale, in lingua vernacolare, con tutta la congerie di abusi e plagi protestanti che la lettera della norma sembrava, allora, non autorizzare; ma che si sono mostrati essere l’unica possibile applicazione di quelle premesse e soprattutto la realizzazione coerente con la mens degli autori del rito riformato. Limitarsi alla lettera dei documenti conciliari senza coglierne la maliziosa componente eversiva deliberatamente occultatavi sarebbe come volersi opporre all’ammissione dei concubinari alla Comunione appellandosi alla lettera di Amoris Laetitia.
È motivo di speranza constatare che finalmente si inizia a prendere atto di questa frode ai danni di chi si fida, e che grazie a ciò sia possibile far cadere il velo anche a quell’assise da cui derivano, come da fonte inquinata, i mali presenti”.
http://opportuneimportune.blogspot.it/2017/11/favens-hresim-lequivocita-magisteriale.html
MB:
Nulla da aggiungere. Se non reiterare i complimenti al cardinale Mueller, che ha capito al volo quel che si poteva capire prima, e invitarlo a capire la cosa ulteriore: che la distruzione della Chiesa, della sua unità, della efficacia sacra della sua Liturgia, è proprio ciò che Bergoglio tenacemente vuole, e sta dittatorialmente operando. Dopo che ci sarà arrivato, gli faremo la domanda: e allora cosa dovete fare voi cardinali, una volta capito che El Papa distrugge la Chiesa e con ciò la fonte di grazia?
Si ha l’impressione che uno dei problemi della Chiesa oggi sia la mancanza d’intelligenza. I buoni sono candidi come colombe senza essere cauti come serpenti; e i cattivi, serpenti e scorpioni e scolopendre nati, hanno il gioco facile – ormai i cardinali buoni sono stati espulsi o stanno per esserlo, dai posti dove possono fare qualcosa per scongiurare la riduzione della Chiesa ad una ONG massonica. Ormai sono ridotti a sollevare le loro obiezioni in interviste a giornalini, mentre El Caudillo opera per decreto.
La presa d’atto sarebbe urgente. E’ già uscito il libro di Nuzzi che accusa il Vaticano intero di farsela coi chierichetti; libro accuratamente promosso dal battage delle tv. E’ già pronto il prossimo argomento per i pochi cardinali che hanno capito: tacete voi, pedofili! Si chiami la polizia!
https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/11/11/peccato-originale-nellultimo-libro-di-nuzzi-il-racconto-degli-abusi-sui-chierichetti/3969348/