Il cardinale Oscar Mariadiaga avrebbe ricevuto mezzo milione d’euro l’anno da parte di dell’Università cattolica di Tegucigalpa Honduras, in qualità di gran cancelliere dell’ateneo: trentaquattro mila euro mensili (più una tredicesima da cinquantaquattro mila euro) che Maradiaga. Ma c’è di più. La Corte dei Conti dell’Honduras chiede conto anche di investimenti per milioni in società londinesi e spariti nel nulla.
Altre accuse riguarderebbero il braccio destro di Maradiaga in Hoduras, il vescovo ausiliare di Tegucigalpa Juan José Pineda e suo fedelissimo. Il vescovo Pinedo ha fatto spese (con denaro, si teme, della diocesi) per “intimi amici” come un messicano che si fa chiamare “padre Erick” senza essere prete, che ha vissuto sotto lo stesso tetto con il vescovo, e a cui di recente Pinedo ha comprato un appartamento in centro e un’auto.
Maradiaga, quello della Chiesa povera e di “Transparency International”
Il punto è che Mariadiaga non è solo intimo fedele yes man e zelota di Francesco, ma è quello che El Papa ha scelto coordinare il C9 ossia la junta di cortigiani cardinalizi che chiamati a “riformare profondamente la Chiesa” (sic i media) secondo “le direttive di Bergoglio”. E’ stato Bergoglio a mettere Mariadiaga, come capo della junta, anche nella Congregazione per il Clero, nel Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, nel Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, nella Pontificia Commissione per l’America Latina e nel Consiglio Speciale per l’America della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi. Insomma è più che il suo braccio destro; è il suo alter ego, quello che fra i peana e i flauti dei media laicisti doveva trasformare la chiesa “in uscita”, in “ospedale da campo”, in chiesa povera per i poveri.
Gran conoscitore di uomini, Bergoglio. Un sesto senso. Come quando ha scelto ed elevato a “prelato” dello IOR monsignor Ricca, ridotto dai predecessori a fare l’albergatore dell’Hotel Santa Marta per eccessi sodomitici: nel ’99, nella nunziatura apostolica dell’Uruguay, conviveva more uxorio, scandalosamente col suo amante, un ufficiale svizzero, dando scandalo anche alle suore che accudivano i prelati. E il bello è che quando la cosa è finita sui giornali, Bergoglio ha pure difeso il Ricca, sostenendo che prima della sua nomina allo IOR c’era stata una “Investigatio praevia” e nulla era emerso di quegli scandali – di cui aveva parlato tutta la Chiesa del piccolo Uruguay. Sicché il Papa accreditato (dai media flautati)come quello che farà pulizia in Vaticano difende ed eleva al potere uno scandaloso rappresentante della lobby gay.
Mariadiaga ha però un merito agli occhi del “Francesco: ha attaccato pubblicamente il cardinal Burke, per esempio. Ciò che ha certamente solleticato il suo narcisismo. Maradiaga è stato anche molto attivo in Transparency International: organizzazioni multinazionale di “lotta alla corruzione” fondata da Robert McNamara, che fu capo del Pentagono al tempo della guerra in Vietnam, e in seguito, per 13 anni, sulla massima poltrona della Banca Mondiale. Transparency è stata per anni ritenuta una creazione del Dipartimento di Stato e della Cia per far fuori, accusandoli di “corruzione” e coinvolgendoli in processi tipo Mani Pulite, capi di stato e di governo sudamericani ritenuti troppo indipendenti – oggi diremmo “sovranisti”.
Sarà interessante vedere come lo scandalo Maradiaga sarà soffocato come quello Ricca perché quelli che piacciono a El Papa sono intoccabili e se li tiene cari (mentre i Muller e i Sarah vengono sbattuti fuori brutalmente), oppure ormai la gestione caotica e dittatoriale di Bergoglio sta facendo venire al pettine nodi fatali. Sarebbe interessante sapere per esempio se lo scandalo del cardinal “alter ego” e ricchissimo, ha qualche rapporto con le recenti espulsioni di laici importanti nel tenere i conti in Vaticano.
C’entra Maradiaga con i due contabili espulsi?
Il 19 giugno, Libero Milone, ex-primo Revisore generale dei conti vaticani, viene accompagnato alla porta dalle guardie svizzere. “Fui ricevuto dal sostituto alla segreteria di Stato, monsignor Becciu – ha raccontato Milone al Corriere a settembre – per parlargli del contratto dei miei dipendenti. E invece mi sentii dire che il rapporto di fiducia col Papa si era incrinato: il Santo Padre chiedeva le mie dimissioni. Ne domandai i motivi, e me ne fornì alcuni che mi parvero incredibili. Risposi che le accuse erano false e costruite per ingannare sia lui che Francesco; e che comunque ne avrei parlato col Papa. Ma la risposta fu che non era possibile. Becciu mi disse invece di andare alla Gendarmeria“.
Pochi giorni fa, una seconda espulsione dal Vaticano: l’allontanamento del vicedirettore generale dello Ior, Giulio Mattietti. Una manovra dietro alla quale in molti hanno facilmente intravisto lo stile di Papa Francesco per la brutalità con cui è avvenuta. “La cacciata del numero due dello Ior è stata repentina, velocissima, come ad impedire che potesse portare via dal suo ufficio qualsivoglia documento”. Il Giornale ha scritto che a chiedere la testa di Mattietti sarebbe stato un cardinale, “ uno dei fedelissimi del Pontefice, un membro della commissione cardinalizia di vigilanza dell’Istituto per le Opere di Religione”. E se fosse stato Maradiaga? Perché certo lui, vediamo adesso, di cose da nascondere ai contabili e revisori di conti, ne aveva. Ma Bergoglio lo caccerà come Muller o lo difenderà come Ricca? Se fosse giusto, lo tratterebbe come il cardinale Pell: l’ha mandato in Australia per difendersi da accuse improbabili di aver coperto pedofili. Allora mandera l’amicone Maradiaga in Honduras a rispondere delle accuse della giustizia (contabile e no) del suo paese? Perché finora, non è chiaro se “El Papa” fa’ pulizia o copre lo sporco.