Dalla Reuters:
“Dopo colloqui con il segretario britannico agli esteri Philip Hammond a Londra, John Kerry ha fatto appello alla Russia e all’Iran perché usino la loro influenza su Assad per convincerlo a negoziare una transizione politica.
“Kerry ha detto che gli Stati Uniti danno il benvenuto al coinvolgimento della Russia nel contrastare lo Stato Islamico in Siria ma il peggiorare della crisi dei rifugiati sottolinea il bisogno di trovare un compromesso che possa anche portare a un cambiamento politico nel paese. “Abbiamo bisogno di ottenere un negoziato. E’ quel che cerchiamo, e noi speriamo che Russia ed Iran, ed ogni altro paese influente, aiuterà a portare a questo, perché è questo che impedisce alla crisi di finire”.
Sentite, cari lettori, il cambio di tono? Ancora una settimana fa’ Washington ordinava a Grecia, Bulgaria, Irak di vietare il loro spazio aereo agli aerei di Mosca diretti verso la Siria, per impedire il rafforzamento militare russo. Sembrava pronta a rischiare lo scontro diretto fra le sue forze e quelle russe, insomma la terza guerra mondiale. Adesso tale rafforzamento “è benvenuto”. Prima, tuonava: Assad deve sparire, Assad must go, e immediatamente, prima di ogni discussione sul futuro della Siria, perché Assad era peggio dell’IS, “ha massacrato il suo stesso popolo”, non si tratta con questo criminale internazionale. Adesso si pregano Mosca e Teheran di “esercitare la loro influenza” su Assad “per convincerlo” a negoziare la transizione. L’Occidente si preparava ad attaccare unilateralmente il regime siriano, come due anni fa. Hollande e Cameron avevano già scaldato i motori dei loro caccia per farla finita con il capo siriano una volta per tutte. Gli Usa, con la scusa di colpire l’IS, colpivano le infrastrutture.
Il povero Kerry ha aggiunto persino questo: “Sì, nell’ultimo anno e mezzo abbiamo detto che Assad deve andarsene, ma quando e con quale modalità, è decisione che va’ fatta nel contesto del negoziato di Ginevra…Non deve essere proprio un giorno o un mese…c’è un processo per cui tutte le parti devono mettersi insieme e raggiungere un’intesa su come si può meglio raggiungere questo scopo”. Incredibile o no? Prima era aggressività, minaccia, unilateralismo; gli Usa comandano e gli altri obbediscano; adesso “negoziato”, “intesa”, nel contesto di Ginevra (un negoziato fra le opposizioni siriane ed il regime, che gli Usa hanno liquidato con spregio).
Il ruggito è diventato un miagolio, l’ammissione di una sconfitta umiliante. Chissà se sono bastati i due giorni consecutivi di bombardamenti dell’aviazione siriana (ben guidata però) contro Rakka, Idlib e Palmyra, così efficaci da mostrare che lo Stato Islamico è ben lungi dall’essere invincibile, e se l’Occidente volesse applicarcisi, la crisi dei rifugiati sarebbe presto finita.
Quattro Sukhoi “Flanker” e otto elicotteri d’assalto russi, uniti al fatto che Mosca ha mostrato una chiara e fattiva volontà di eliminare l’IS; l’astuto invito di Putin agli americani e occidentali ad unirsi a lui nell’operazione di cancellazione dello Stato Islamico (che stavano aiutando) ossia a “combattere il terrorismo come detta il diritto internazionale”, è bastato per obbligare gli americani ad abbandonare il loro bluff. Il capo del Pentagono Ashton Carter (gran minacciatore di armi tecnologicamente miracolose, capaci di dare “Il primo colpo nucleare” a Mosca) s’è affrettato a telefonare al suo collega russo Shoygu per coordinarsi, onde scongiurare un “incidente involontario” fra gli aerei Usa e quelli russi. Lo voglia o no, Washington dovrà combattere lo Stato Islamico a fianco della Russsia. Altri complici, Turchia, Arabia Saudita, Katar, hanno visto che le loro creature jihadiste si trovano oggi davanti a un Assad rafforzato in modo decisivo dall’appoggio tecnico, logistico e d’intelligence russo. La notizia fatta circolare che Mosca “può prendere in considerazione” anche un invio di truppe se lo chiede Assad, ha probabilmente completato il quadro.
Sicché
- Netanyahu s’è precipitato a Mosca per lamentarsi delle armi troppo efficaci che la Russia mette a disposizione della Siria, segno di paura.
- Nel Congresso Usa, per la prima volta dopo quattro anni e 250 mila morti si sono alzate voci che chiedono “una revisione delle nostre politiche anti-Assad. ” verso Assad. ( http://www.al-monitor.com/pulse/originals/2015/09/congress-democrats-assad-regime-change-isis.html#ixzz3m4mHdgV9)
3) Persino la crisi dei rifugiati, con le ondate inviate dalla Turchia in Europa, ha prodotto un esito che gli ispiratori non avevano probabilmente previsto: i leader europei hanno dovuto volgere lo sguardo all’atroce conflitto in Siria, che hanno fatto finta di non vedere per quattro anni; ed ovviamente non potevano vendere alle loro opinioni pubbliche la colossale falsità di Washington, ossia che per far finire il conflitto bisognava far cadere Assad e, dunque, consegnare la popolazione siriana al potere dei jhadisti. Sicché persino nell’imbelle Europa si sono alzate voci come quella del nostro Gentiloni: “Noi come Italia siamo sempre stati scettici” sulla bontà dell’impostazione di “far fuori Assad” con la “consapevolezza che le forze di opposizione erano limitate, con il rischio di creare un vuoto, in cui il terrorismo avrebbe potuto trovare spazio”.
La grande opera di destabilizzazione di Assad, che sembrava prossima al successo solo pochi giorni fa, adesso ha mutato segno. Adesso è il processo di negoziato e pacificazione di Putin ad avere il sopravvento, su tutta la linea. Erdogan, Riyad e gli stati petroliferi del Golfo, che hanno creato Daesh, sono i perdenti – insieme ancora una volta ad Hollande e Cameron.
L’altro vincitore è l’Iran. Dopotutto, la monarchia saudita aveva creato, e pagato, Daesh, allo scopo sì di far cadere Assad, ma perché la caduta avrebbe indebolito in modo irreparabile l’asse sciita, essendo la Siria alawita il collegamento necessario fra Teheran ed Hezbollah.
La durata molto probabile di Assad, fa’ notare Zero Hedge, impedisce la nascita del gasdotto Katar-Turchia, un sogno americano e saudita ché sarebbe servito a sostituire le forniture di Gazprom ai consumatori europei. La tubatura avrebbe dovuto necessariamente passare per la Siria. E secondo il Guardian, “nel 2009 Assad rifiutò di firmare un accordo proposto dal Katar” per simile gasdotto, “e diede come motivazione di ‘proteggere gli interessi del suo alleato russo, che è il massimo fornitore di gas naturale all’Europa”.
Una risposta di grande dignità e lealtà. E’ dopo quella risposta che, come ha rivelato l’ex ministro degli esteri francese Roland Dumas, “i britannici han cominciato a preparare le operazioni in Siria”. E’ per questo che Usa, Francia, Londra e Sauditi e Turchi hanno provocato morte e distruzione nel paese.
Da una tale risposta di Assad, si capisce meglio quanto sia profondo il legame che lo unisce a Mosca – e come fosse vuoto e stupido il calcolo che Putin avrebbe”lasciato cadere” un simile amico. “Noi non siamo come gli americani, noi non abbandoniamo i nostri amici”, come ha detto il generale Kasem Soleimani, delle forze iraniane Quds, corpi speciali fortemente presenti in Siria e in Irak.
Invece di firmare il contratto col Katar, Assad ha condotto negoziati per una pipeline alternativa, con l’Iran, che passando per l’Irak e la Siria avrebbe potuto fornire all’Europa gas iraniano. Un progetto da 10 miliardi di dollari, che spaventò tanto la corte wahabita che il principe Bandar bin Sultan volle un colloquio a quattr’occhi con Putin in cui gli propose il controllo congiunto del mercato globale del petrolio, se avesse lasciato Assad al suo destino; altrimenti, avrebbe scatenato contro Mosca i terroristi, “che noi controlliamo”. Putin gli mostrò la porta. Il prezzo del barile cominciò da allora a cadere.
Putin ebbe ancora più chiaro che qualunque regime si insediasse al posto di Assad, sarebbe stato un fantoccio nelle mani saudite. E gli avrebbe sottratto il mercato europeo.
A questo punto, invece, l’Iran – liberato dalle sanzioni – prende il sopravvento nell’area. A Netanyahu, troppo occupato a mobilitare sayan e complici in Usa contro l’accordo iraniano, è sfuggita una parte del quadro più importante.
Le temutissime forze speciali iraniane combattono in Siria in evidente alleanza con Mosca. Il 21 settembre è stato annunciato un incontro russo-iraniano “per discutere il piano in quattro punti sulla Siria”; un piano iraniano che somiglierà molto, giureremmo, a quello putiniano: eliminare Daesh, aprire un negoziato sul mantenimento di Assad (o della componente alawita) nel governo futuro della Siria, in ogni caso sbattere fuori i sauditi dall’affare.
Onu: Arabia Saudita garante dei diritti dell’uomo
Ma questi possono consolarsi: con l’appoggio americano, israeliano ed europeo, sono stati elevati a dirigere il Comitato per i Diritti dell’Uomo alle Nazioni Unite. Da quel seggio, detterà agli altri paesi gli standard internazionali in materia di civiltà giuridica l’illuminata monarchia coranica che pratica la pena di morte per decapitazione (dall’inizio dell’anno la “giustizia” wahabita ha già decapitato più gente di Daesh), il taglio della mano per i ladri, che ha comminato mille frustate allo scrittore e dissidente politico Saif Badawi che tiene in prigione senza capo d’accusa, e che è famoso nel mondo per come rispetti “i diritti delle donne”. Quanto ai diritti dei gay, al matrimonio omosessuale e all’adozione da parte di coppie di pervertiti, siamo sicuri che la legislazione saudita ha ormai superato le più avanzate dell’Occidente. Lo sappiamo dal fatto che Elton John non ha inscenato nemmeno una delle sue isteriche manifestazioni di odio che ha esercitato contro Putin, contro Dolce & Gabbana e contro il sindaco di Venezia.
La ossessa Regina delle Kulandre globali tace, vuol dire che acconsente. E così l’intero movimento LGBT, la sinistra intelligente,le femministe militanti, le Femen, non trovano niente da dire sulla scelta dell’Onu.
Cosa volete, i valori dell’Occidente sono in buone mani.
(Frattanto Hollande, quello che ha rifiutato di consegnare a Mosca la nave Mistral, che tuttora si prepara a far sparire Assad a forza di bombardamenti, che ha sostenuto le sanzioni contro la Russia colpevole di combattere il regime di Kiev, ha mandato il suo ministro dell’agricoltura a pregare Putin di…togliere le contro-sanzioni contro i generi alimentari francesi, che la Russia non acquista più. Glie l’hanno chiesto i coltivatori di Francia, categoria molto potente ed irritabile)
La Cina si unisce all’asse Siria-Iran-Russia.
L’inviato di Pechino in Medio Oriente ha incontrato il premier iracheno (sciita) Al Maliki; ed ha dichiarato che “la Cina si porrà risolutamente a fianco degli iracheni nel loro sforzo di preservare la propria sovranità e ed indipendenza e combattero il terrorismo”. Il governo sciita iracheno sta combattendo contro lo Stato Islamico. I cinesi si stanno schierando sempre più apertamente ed efficacemente nel conflitto.