Con la cacciata di McMaster e la nomina di John Bolton a consigliere della sicurezza nazionale, Donald Trump ha fatto una mossa in apparente aperta contraddizione con il suo presunto non-interventismo e le sue promesse agli elettori – di non fare l’ennesima guerra. Da candidato ha aspramente criticato la guerra in Irak; ma John Bolton è stato uno dei massimi promotori della guerra in Irak. II commentatori sono concordi John Bolton è “il falco dei falchi dell’amministrazione Bush”, “un personaggio estremamente pericoloso”, dice Max Blumenthal (Daily Beast), ricordando come nella passata nomina di ambasciatore all’Onu non rivelò alla commissione senatoriale i suoi assidui contatti col Mossad – che evidentemente forma la sua “cultura politica”.
“Bolton è l’uomo col martello in cerca di chiodi”, ha scritto Moon of Alabama: “vuole fare guerra all’Iran, Nord Corea, Russia, Cina, non necessariamente in quest’ordine. È in relazioni intime coi curdi e con la setta terrorista iraniana Mujahedin el Kalk: ha partecipato ai suoi congressi per otto anni filati e ne è stato ben pagato per affermare cose come: “rima del 2019,noi che siamo cui celebreremo a Teheran”. Bolton si infischia degli alleati degli USA; a parte forse Israele”.
In una recente intervista, ha proclamato che non esistono ostacoli di diritto alla guerra preventiva contro la Corea del Nord per annichilirne le basi nucleari. Nel 2015, sancì: “Per impedire all’Iran di farsi la Bomba, bomb Iran”. Il colonnello Pat Lang, che è stato ai vertici dello spionaggio militare (DIA) ed ora ha il blog Sic Semper Tyrannis, ricorda come da membro della DIA incaricato dei contatti col Dipartimento di Stato di Condoleezza Rice, al tempo di Bush, constatò che John Bolton vi spadroneggiava. “Nelle diverse riunioni, Bolton era sempre presente. Una presenza minacciosa, folgorante, traboccante di una marea di ostilità verso le popolazioni straniere nelle terre dei Saraceni” – allusione al suo israelismo fanatico – particolarmente pericoloso perché l’uomo è decisionista, efficace, e non essendo mai stato un militare ma un guerriero da scrivania (tipico deI neocon: mai andati in guerra di persona) , non ha la prudenza dei generali USA nell’implicarsi in ulteriori guerre.
Persino l’ala di quelli che potremmo chiamare i guerrafondai moderati, commentatori del New York Times e senatori democratici, appaiono spaventati nei loro commenti dalla pericolosità di John Bolton.
Anche a loro sembra che Trump stia formando attorno a sé un “war cabinet”, un governo di guerra. “Netanyahu avrà a Washington il gabinetto che ha sempre sognato. Con Mike Pompeo segretario di Stato, la torturatrice Gina Haspel a capo della CIA e adesso Bolton, la futura espansione di Israele è garantita. [Dopo la cacciata di McMaster il generale] Kelly e poco dopo di Mattis [dal Pentagono] saranno i prossimi ad essere sbattuti fuori. Così saranno eliminate le persone che hanno ancora un resto di sanità mentale in fatto di guerra e pace.
Anche altre figure meno visibili rafforzano la sensazione del perfetto “war cabinet”. in formazione. Dan Coats, il nuovo direttore della National Intelligence (quello che davanti al presidente parla per le 17 agenzie di spionaggio) è stato ambasciatore in Germania durante l’amministrazione Bush jr., e noto per aver esercitato pressioni brutali sull’allora cancelliere Gerhard Schroeder perché coinvolgesse il suo paese nella guerra all’Irak, da cui era poco convinto. Il generale Joe Dunford, nominato capo degli stati maggiori riuniti da Obama, è il solo sopravvissuto alle purghe di Trump.
Di contro, e in apparente contraddizione con la linea bellicista, Trump dà chiari segnali di non volere un conflitto con Mosca. Ed è vero che il generale Gherassimov ha alzato il telefono e scavalcando la catena di comando, ha parlato direttamente al generale Dunford, mandando a vuoto il tentativo di attribuire ad Assad un attacco ai gas che i “ribelli” di Goutha stavano preparando con la complicità degli occidentali: ciò che ha affermato Thierry Meyssan la settimana scorsa, è stato praticamente confermato da Russia Today: “Mercoledì, il ministero russo della Difesa ha comunicato che i due alti ufficiali avevano discusso “la situazione della repubblica araba di Siria ed altri argomenti urgenti di comune interesse”, e [soprattutto, ndr.] si sono accordati di mantenere i loro contatti”.
https://www.rt.com/news/422072-russia-us-top-generals-syria/
E non solo: è imminente un incontro fra Gherassimov e il generale Curtis Scaparrotti, comandante supremo NATO in Europa; i due si sono parlati al telefono scambiandosi valutazioni su temi urgenti di sicurezza nazionale venerdì – su iniziativa della parte NATO”.
Dunque i generali si sono parlati sempre “mercoledì” e sempre su “argomenti urgenti”. Ad essere più chiara, RT commenta: “Mentre gli apparati militari sembrano sforzarsi di appianare le divergenze, i politici sembrano solo occupati ad aggravarle”.
Del resto la settimana scorsa il generale John Hyten, capo delle armi strategiche nucleari USA, ha confermato al Senato che “noi non abbiamo alcuna difesa che possa contrastare l’uso di quest’arma contro di noi”: parlava dei missili ipersonici illustrati da Putin pochi giorni prima.
Resta la domanda se questi contatti fra generali con la testa sul collo sono noti a Trump e da lui approvati o no. Soprattutto, se John Bolton li conosce, e cosa ne pensa. Data la sua ideologia e carattere, c’è da temere molto che li farà cessare.
“E cosa farà Bolton sulla Siria?”, si domanda Moon of Alabama: “Cercherà di trovare un nuovo accordo con Erdogan e trascinar via la Turchia dall’appoggio alle politiche di pacificazione della Russia in Siria? Se ci riesce la Siria del Nord diventerà un condominio Turchia-Usa . Nuove aggressioni al governo siriano da Nord, Sud e Est dove gli USA trasformano l’ISIS in una nuova armata di ribelli oderati, aprirebbero la nuova fase della guerra”-
C’è chi si consola pensando che Trump caccerà presto Bolton, come ha cacciato i 17 altissimi consiglieri di prima.
Un commentatore – e non dei minori, Alastair Crooke, ex diplomatico britannico esperto del Medio Oriente – avanza persino l’ipotesi che Trump si circondi di neocon guerrafondai in base ad un sottile disegno di spaventare le controparti – dall’Iran alla Corea del Nord – per ottenere poi, alla fine, un miglior accordo per gli USA.
Resta dunque il dubbio fondamentale: se Trump sia un cretino oppure un genio della politica anti-sistema. Un dubbio che gli ultimi fatti non hanno ancora permesso di risolvere. Alla fin fine, anche Alastair Crooke dubita della sua ipotesi ottimista: “L’amministrazione non è divisa fra le persone fedeli a Trump e quelle che non gli sono fedeli. E’ divisa tra quelli che sanno come manipolare la sua vanità, i suoi odii, le sue sensibilità, e quelli che non sanno farlo”. Bolton lo sa fare.
[Si noterà l’analogia con l’ordine che Bergoglio ha instaurato in Vaticano: anche lui lo ha diviso fra quelli che sanno leccare la sua vanità , e quelli che non lo sanno fare. Ache questo un “segno dei tempi”].