Stavolta è stato il ministro dell’energia, Yuval Steinitz, a minacciare di assassinio direttamente Assad: “Se permette all’Iran di dichiarare guerra a Israele dal territorio siriano, metterà in gioco non solo il suo regime, ma la sua esistenza personale”. L’anno scorso era stato il ministro dell’Alloggio (quello che costruisce falansteri ebraici nelle terre rubate) Yoav Galant: “E’ venuto il tempo di assassinare Assad”. Non pensano ad altro, non sanno pensare ad altro che assassinare, criminali disperati,come è disperato chi non ha un aldilà. Sicuramente il Mossad ha già pronta una dozzina di piani per farlo; piani continuamente, ossessivamente aggiornati; le loro spie elettroniche, satellitari ed umane tengono sotto controllo istante per istante la loro vittima, pronti a scattare nell’omicidio.
Ce la faranno? Jacqueline, una amica libanese maronita mi ha scritto qualche giorno fa: “Bachar el Assad, fino a pochissimi anni fa, andava spesso a pregare a Maalula. E quando stavamo ancora in Libano, ci ha detto un sacerdote molto vicino a lui che Assad, durante una visita a Maalula, ha avuto una visione della Madonna che l’ha assicurato di non abbandonarlo e che la Siria non avrà la fine dell’Irak e della Libia.
E’ una storia che non racconto facilmente, ma ci ho creduto dall’inizio.
In Medio Oriente, soprattutto in Libano e in Siria, capita spesso di trovare dei musulmani pregare nei santuari cristiani. Qui sembra strano, là no”.
Lo so, lo so che “là” non è strano. La è la Terra Santa, il luogo del misto, di tutti i colori umani radunati, vicini , tesi da ostilità e antiche misteriose e profondissime amicizie fra uomini. Maalula è quel villaggio cristiano celato fra le rocce nude, dove si celebra in aramaico, la lingua di Gesù. Qui i monasteri testimoniano di miracoli e martiri. Non è affatto strano che alawiti e sunniti preghino qui per impetrare grazie. Tutto il luogo è denso di numinoso e di sacramentale, attaccato a quelle rocce come mitili e patelle allo scoglio, minacciate continuamente dall’arsura e salvata sempre dall’ondata che le fa rivivere.
Non è nemmeno il caso che vi chiediate se “davvero” ad Assad è apparsa la Vergine. Già il solo fatto che ciò possa essere raccontato, in quei luoghi, da un prete cristiano, è significativo. Questa è la “Siria”, la Siria grande e storica, che si estende molto oltre quella d’oggi; scrigno di archeologia vivente e di minoranze, di lingue morte e vive, di liturgie e templi pagani trasformati in chiese o moschee, di drusi, armeni, alawiti, di melchiti e greci, di sette e sfumature, ibridazioni spirituali. Dove i musulmani d’ogni genere vanno alla gran moschea di Damasco per venerare la testa del Battista decollato, e a Maalula la Madre Vergine di Issa . La “Siria” dello spirito e della cultura sacra comprende anche Gerusalemme e Tiro, Tartesso e Efeso, Cesarea e Giaffa. Siriano nato a Damasco era l’evangelista Luca, medico greco di testa e intraprendenza, compagno di Paolo nei viaggi e nella prigionia; proprio ieri si sono letti a Messa i suoi Atti degli Apostoli, 9. Dove si dice di Pietro che guarisce “un paralitico di nome Enea” (dunque dal nome pagano) e resuscita “Tabita”, che (traduce Luca) nella lingua locale vuol dire “Gazzella”, e poi “abitò per molti giorni a Ioppe, in casa di un certo Simone conciatore di pelli” – fra l’acuto afrore di ammoniaca di urina di cammello, il puzzo dei pellami grezzi, fra i lavoranti dalle gambe blu e rosse delle tinture – abitò Pietro, miracoli e lavoro, odori di un’amanità formicolante, peccatrice, che cerca salvezza.
Ioppe vi è quasi il solo porto: vi furono sbarcati i cedri che servirono alle colonne del tempio di Gerusalemme , e venivano da Libano, dalle zone in cui ora veglia, aquila generosa, Hezbollah. Luogo di convivenze tese e regali doni fra nemici imperiali. Haram es Sharif, la moschea d’oro di Gerusalemme, fu costruita da maestranze bizantine che il nono califfo ommyade chiese all’imperatore di Costantinopoli, e che questo graziosamente concesse, perché il musulmano volle che fosse costruita non una moschea ma un “martyrion”, ossia un reliquiario. E la reliquia lì custodita è non meno che la Roccia, la Roccia di Abramo, che era inglobata nel Tempio ebraico e dove solo può avvenire validamente il sacrificio che rinsaldava il Patto. Ma ovviamente l’intera strada fra Gerusalemme e Damasco è una reliquia, perché qui Saul udì la Voce tonante che lo accecò, rendendolo veggente. Di Damasco era san Giovanni detto Crisorreo in greco (perché dalla sua bocca fluiva oro di parole), dottore della Chiesa, al secolo Mansour Ibn Sarjun, che ebbe la mano tagliata dal Califfo, ma su istigazione di Costantinopoli perché si oppose fieramente agli iconoclasti, quando la Terza Roma cadde nel fanatismo dei distruttori di immagini.
Ondate successive di invasori islamici non mai riuscite, né (passate le prime stragi della conquista) hanno voluto, “purificare” col fuoco il misto come fanno ora i sionisti in Israele, eliminare fino al genocidio queste minoranze conviventi nella terra di santuari e miracoli; ne condividono luoghi di culti e di santi, memorie viventi, di cui conoscono la potenza di apparire. Che hanno fatto della grande Siria una stupefacente barriera corallina di culture umane e tradizioni spirituali, di concrezioni crescenti l’una sull’altra di intercessori e sacramenti e liturgie colorate, di etnie e lingue e storie, e reliquie tramandate di guarigioni vere. Certo per volontà divina, qui è sempre vissuto il misto: nessuno dovesse, prevalendo, cancellare le memorie per imporvi la monocultura di un fanatismo unico. Ci sono voluti i wahabiti, iconoclasti ipocriti sanguinari per i quali anche quasi tutti i musulmani sono idolatri, ad armare le migliaia di tagliagole che hanno davvero provato a snidare e uccidere i cristiani di Maalula (ne hanno martirizzato almeno otto), come gli sciiti del Libano e gli Alawiti della costa; sono gli stessi che radono al suolo ogni tomba sufi – fanatici dell’Unicità che servono attraverso l’Omicida. Non è certo un caso se adesso – toltasi la maschera coranica – hanno tradito e si sono alleati con Israele – con questi askenazi venuti da Polonia e Volinia, le cui palandrane a capotto nero e i cui cappelli di pelliccia dimostrano che nulla hanno a che fare con questa barriera corallina della bellezza e della liturgia – e cogli americani venuti al mondo per cancellare ogni tradizione vivente, ogni cultura spirituale e sacrale. Da sette anni distruggono insieme la Siria, uccidono e tagliano gole, fanno martiri a Maalula e a Damasco, e la stampa chiama persecutorici le loro vittime; inceneriscono Gaza e Giaffa, rendono morto tutto ciò che a Gerusalemme era vivo, i mercati, il suk, le antiche chiese di tutte le cristianità, fino agli ieratici, poveri ossuti sacerdoti etiopi. Questo scrigno di storia sacra e sacre architetture, questa madrepora vivente da millenni che vogliono estinguere e inquinare; vandali assassini, inquinatori di ogni spirito di civiltà.
Se è la Madonna che protegge Assad, non ci sono piani degli assassini del Mossad che potranno andare a buon fine.
Ecco, gli empi tendono l’arco,
aggiustano la freccia sulla corda
per colpire nel buio i retti di cuore.
Quando sono scosse le fondamenta,
il giusto che cosa può fare?
Nel Signore ripongo la mia fiducia.