Ah, l’impagabile momento in cui i tedeschi si accorgono di aver perso.
Guy Verhofstadt, ex premier belga, presidente del gruppo LibDem all’europarlamento:
“Il Sud [della UE] deve ergersi in solidarietà con il Nord, con la Germania, specialmente nella imminente guerra commerciale con Trump”.
Guy Verhofstadt: “The South [of the EU] has to stand in solidarity w/ the North, w/ Germany, especially in the upcoming trade war with Trump”.
Chiedono solidarietà. L’assoluta impoliticità del modo tedesco di esistere nella storia lascia senza parole.
Letteralmente poche ore fa, si sentivano fortissimi,invincibili, convinti di non aver bisogno della solidarietà del Sud straccione. Si sentivano potentissimi, e vedevano l’Italia debolissima, tanto da venir voglia di “invaderla” per prenderne “il Tesoro” (eurodeputato Ferber); vedrete che i mercati vi insegneranno a non votare populista (commissario europeo Oettinger). Il commissario europeo al commercio, il belga DeGutch, all’Expo di Rotterdam si abbandonava a 15 minuti di insulti e derisioni sulla politica italiana, fuori tema fra l’altro, a tal punto che gli italiani presenti, fra cui il presidente di Assoporti, hanno lasciato l’aula.
Più chiaro di tutti, il Weidmann della Bundesbank ghignava: “Non c’è posto per la solidarietà in questa Europa”.
Letteralmente poche ore fa, credevano di essere vittoriosi. Come hanno fatto a non capire che il loro trionfo, tutto fondato su un mostruoso surplus dell’export, privo di ogni proporzione, e decenza, rendeva il loro benessere esposto alle ritorsioni? Si attirava dazi e sanzioni?
Adesso Trump “vuole le auto tedesche fuori degli Stati Uniti”. Lo ha detto già in campagna elettorale. Non ne ha mai fatto mistero. Non è un fulmine improvviso che capita sulla testa di Merkel. Del resto, apprendiamo che la UE mette il 10’% sulle auto americane, mentre il dazio Usa sulle tedesche è del 2,5%: così è ancor più evidente che l’Unione Europea è conformata e manipolata nel solo e semplice interesse di Berlino e dei suoi satelliti ideologici.
Adesso stanno assistendo al collasso contemporaneo dei loro trionfi. La Deutsche Bank sull’orlo della bancarotta vede le sue operazioni “limitate” dalla Fed negli Stati Uniti. La UE del Sud scompare nel disordine che essi hanno creato.
Ma questa cecità di fronte al loro stesso fallimento, somiglia molto a quella dei giornalisti italiani.
Abbiamo visto Gianni Riotta ed Oscar Giannino precipitarsi ad accreditare come vero e di matrice russa l’omicidio del giornalista Babchenko, con ciò propalando davanti ai lettori la infima qualità come giornalisti, riferendo una informazione dubbia – da una fonte “ufficiale” criminosa come la junta di Kiev – senza averla prima controllata, mostrando in modo addirittura osceno la loro faziosità – un vizio che un giornalista appena un po’ accorto cerca, almeno, di dissimulare.
Qui, si impongono un paio di riflessioni in più rispetto al semplice scherno verso quei due “giornalisti”. Anzitutto: perché sono saltati su quella notizia falsa? Lo confessano loro stessi: per la brama faziosa, la voglia incontrollabile, delirante, di sputare veleno su “Lega e 5 Stelle pronti a cancellare la sanzioni a Mosca” (Riotta), praticamente di chiamare a correi dell’omicidio (non avvenuto!) quei “politici in Italia a cui piace l’autocrate russo che uccide a distanza come Stalin”.
Questo ci dice: non sono mossi da una rivolta morale verso un omicidio presunto di Stato; cercavano solo un pretesto per ostentare il loro odio di parte, di sfogare la loro rabbia contro il nemico interno, che non sanno più come colpire.
Giornalisti in totalitarismo onanistico
L’altra considerazione è: questi sono appunto i giornalisti che subito, immediatamente, per istinto servile, prendono per oggettiva e diffondono per vera la “narrativa ufficiale”.
L’11 Settembre l’ha fatto Bin Laden. La boccetta che Colin Powell agitò all’ONU era la prova che Saddam Hussein possedeva armi di distruzione di massa.
Gli uccisori di Charlie Hebdo, altamente professionali; però uno di loro ha dimenticato nell’auto rubata il documento d’ identità.
Lo stragista di Nizza ha lasciato il documento sul camion, è normale e non c’è niente di strano.
Assad ha ripetutamente gassato il suo stesso popolo, ci sono i filmati degli Elmetti Bianchi a provarlo.
Putin ha fatto avvelenare Skripal padre e figlia: col novichok. Putin fa uccidere i giornalisti suoi avversari.
L’ISIS esiste davvero e diffonde i suoi messaggi in segreto, ma una ditta americana, che si chiama SITE, li scopre nella Rete… Chi non sta alla versione ufficiale – anche se la versione ufficiale viene dal “governo” di Kiev – è un malato mentale, crede alle scie chimiche, è omofobo, antisemita, amico di Putin.
Pensate dunque il contributo che questi “giornalisti” hanno dato all’inciviltà in cui l’Occidente si è precipitato, al regime di menzogna globale e alla metamorfosi mostruosa del mondo “libero” nella dittatura senza nome e senza volto, che impone il pensiero unico, le regole folli della UE o le guerre per Sion che hanno prodotto, e causano ancora, milioni di morti in tutto il Medio Oriente.
Tenetelo presente, lettori, in queste sere. Perché questi “giornalisti” occupano tutte le radio, tutte le tv, tutti i talk show, e come impazziti diffondono le più odiose fake news sul governo “populista”, sui pericoli che fa correre il loro “sovranismo” ai nostri risparmi, e fanno parlare solo, sempre insensatamente, tutti i caporioni del passato regime, i pd, Mario Monti, con una ripetitività compulsivo-masturbatoria che denuncia una malattia, un contagio mentale e morale: vogliono ascoltare coattivamente, ripetitivamente, solo la loro verità, occupano totalitariamente ogni spazio ed ogni minuto dei media con il loro pensiero unico, e le maledizioni rituali, esorcistiche, contro ogni altro modo di pensare. Sono il totalitarismo oligarchico in atto, che si dibatte, delira, resiste.