CANNABIS LIBERA E AUTARCHICA

di Roberto PECCHIOLI

Sarà capitato anche a voi di vedere tanti negozi esibire la trionfante indicazione “qui cannabis legale” o “marijuana light”, accompagnata dall’immagine della caratteristica foglia verde della preziosa piantina di canapa light sativa. La varietà è stata specificamente selezionata perché ricca di CBD, il cannabidiolo, composto utilizzato anche per la produzione di marijuana medica, ma povera di THC, il tetraidro cannabidiolo responsabile degli effetti psicoattivi. Il mercato è in gran fermento, i commercianti sono entusiasti della risposta del pubblico alla vendita dell’erba. Le stime parlano di un giro d’affari che supererà i 50 milioni di euro nell’anno corrente, con istogramma in salita. I rivenditori specializzati sono almeno 350 e aumentano costantemente.

La lunga marcia dei cosiddetti anti proibizionisti è giunta a una tappa fondamentale, conseguendo un’altra vittoria. Negli stessi giorni in cui abbiamo verificato il successo della cannabis legale, sono state pubblicate le conclusioni dell’Osservatorio Europeo delle Droghe e delle Tossicodipendenze, con dati allarmanti, specialmente sul consumo di cannabis e derivati. Contemporaneamente, si è levato il grido di allarme di operatori sanitari preoccupati per il numero e la giovane età degli assistiti per problemi di dipendenze. Una delle constatazioni è la diffusione dell’alcool unita al consumo di psicofarmaci, droghe di sintesi, e, appunto, di cannabis, la regina del mercato illegale con una quota di circa il 75 per cento. Chi è sul campo sottolinea il transito dall’alcool alle droghe cosiddette leggere, alla cannabis e alla vasta gamma dei prodotti chimici disponibili.

Ci è chiara la distinzione tra l’uso di prodotti a base di THC a basso dosaggio e il problema delle tossicodipendenze. Tuttavia, non ci sembra un bel segnale il fiorire (è il verbo adatto) di produzione e commercio di cannabis. La legge di riferimento è la 242 del 2016, che ha accolto un regolamento esecutivo dell’UE. Nel caso specifico, invero, l’Unione legalizzava le piante con una percentuale di principio attivo dello 0,2 per cento. Una provvidenziale circolare del ministero dell’Agricoltura – ultimo lascito del governo Gentiloni – ha dissipato gli ultimi dubbi procedurali: è legale coltivare la canapa, dunque ne è libera la vendita, purché il tasso di THC non superi lo 0,6 per cento, in quanto entro quel limite si ritiene che non vi sia responsabilità del produttore. La norma italiana oltrepassa i paletti posti dai burocrati europoidi.

L’entusiasmo è alle stelle. Il popolare rapper milanese J-Ax, noto per la partecipazione al programma televisivo The voice of Italy, ha aperto a Milano un punto vendita. Ha dichiarato “è arrivato il giorno che aspettavo da 20 anni “. Mala tempora currunt. Il suo locale è preso d’assalto dai consumatori e un periodico economico scrive “ogni giorno si aprono nuove frontiere del business, la bravura sta nel saperle cogliere”, lodando J-Ax per la sua start-up. Egli garantisce un prodotto di qualità: “si troverà la marijuana legale più buona di tutte”. C’è anche chi si attrezza per fornire il servizio a domicilio, come un’azienda romana: dai pusher di strada ai pony express dell’erba legale. Fonti ministeriali si felicitano per una ricaduta positiva della legge 242, pensata per incentivare la coltivazione di canapa. Sembra che non dovremo più importare dall’Olanda la cannabis light, poiché siamo in grado di fare fronte alle esigenze del mercato con il prodotto nazionale. Marijuana libera e pure autarchica: viva l’azienda Italia.

I rivenditori si fregano le mani, affermando che il loro pubblico ha tutte le età, con la deplorevole eccezione dei più giovani, che sembrano preferire il prodotto, come dire, più robusto, illegale. L’Osservatorio europeo rivela: circola più cannabis, sempre più potente e dannosa. La domanda inevasa, quella che richiede risposte oneste, lontane dai cliché politicamente corretti e dalla retorica libertaria, resta la stessa: la cannabis fa male, o è innocua? Preso atto della differenza tra il prodotto somministrato ai sensi della legge 242 con i limiti della circolare esplicativa e l’enorme massa della cannabis ad alto contenuto di principio psicoattivo, qual è la verità?

Da profani, non abbiamo risposta e non azzardiamo giudizi, tuttavia, si impone qualche riflessione. Il THC ha un uso terapeutico con effetti antidolorifici, antinausea, stimolanti dell’appetito e ipotensivi nella pressione oculare. Il cannabidiolo (CBD) è usato come antiinfiammatorio, analgesico, antipsicotico, ansiolitico e antiepilettico. Dunque, in dosi indicate da protocolli medici e sotto controllo sanitario, aiutano organismi malati. Non vengono certo prescritti a organismi sani. Se poi davvero, al di là dell’assuefazione o della dipendenza, assumere cannabis non avesse effetto alcuno, non si capirebbe come mai milioni di consumatori (i dati europei sono travolgenti, si parla di circa 40 milioni di persone che ne ha fatto uso almeno una volta) la assumano, anche nella versione legale con modica presenza del principio attivo.

I commercanti riferiscono che i clienti la comprano con tranquillità perché rilassa, magari la fumano contro l’insonnia. Dietro la rancida retorica dei “diritti”, della “conquista di civiltà “(ogni capriccio è presentato come tale dalla grancassa progressista) fa capolino una parte di verità. Per un lato, mai farsi sfuggire un ‘occasione di guadagno (business, as usual), ma contemporaneamente, ecco un’altra poderosa arma di distrazione di massa. Maria, il nomignolo un po’ blasfemo della cannabis, nella sua versione light, è soporifera, addormenta, forse fa sognare a occhi aperti. Esattamente ciò che serve ai padroni del vapore, generazioni narcotizzate dai consumi, dal piacere compulsivo, alle quali prescrivere una dose di Lete, la sostanza dell’oblio di Brave New World.

Chi dorme non piglia pesci, ma soprattutto non si ribella, non riflette, non diventa antagonista, non si chiede se la realtà che vive sia buona o cattiva. Essenziale è avere – a credito – i soldi per il consumo e quelli per lo sballo. Le confezioni legali in pacchetti costano tra 20 e 40 euro. Se non fosse una cosa terribilmente seria sarebbe divertente navigare sui link consigliati: come funziona la marijuana creata per aiutare le donne a raggiungere l’orgasmo, ma anche, esiste una malattia rara collegata all’uso massiccio di marijuana. Ma si sa, è vietato vietare, l’obbligo del maggio parigino compie 50 anni.

J-Ax, venditore felice, parla come un moralista d’altri tempi: “Il mercato illegale della cannabis ha un valore tra i 4 e i 9 miliardi di euro. Soldi che è meglio dare ai tabaccai, ai giovani imprenditori che stanno aprendo i negozi, a chi la coltiva e a chi la distribuisce”. Prosegue: “Soldi letteralmente bruciati, che con la cannabis legale vengono tassati e immessi nella società”. Un autentico filantropo che passa anche per ascoltato influencer sulle reti sociali. E’ anche merito suo se, come spiega giuliva la stampa, nonostante le raccomandazioni degli esperti che la ritengono dannosa per la salute, il mercato è in espansione “appoggiato anche dai genitori, che preferiscono accompagnare il figlio a comprare una sostanza legale, piuttosto che correre il rischio di fargliela acquistare al mercato nero “.

Tombola! Ciò che diventa legale si trasforma inevitabilmente in giusto. In più, esprime l’asfissia di una società che ha rinunciato a definire il bene e il male, I genitori procurano anticoncezionali, assecondano ogni capriccio per paura di non essere abbastanza moderni, abdicazione alla funzione educativa, facile accomodamento. La chiamano riduzione del danno, ma almeno si parla di danno, di qualcosa giudicato negativo. Siamo oltre, come nel transito del significato di tolleranza. Si tollera, si accetta per quieto vivere o altre motivazioni qualcosa che non si approva, ma di tolleranza in tolleranza si abolisce il giudizio di valore. Il soggettivismo permea la società, diventa una lotta impari esprimere una visione alternativa.

Dunque, consumino la cannabis, bevano come spugne, sballino, ma il doppio divieto di proibire e giudicare si infrange poi sulla vita concreta. Milioni di persone assuefatte a psicofarmaci, bisognose di sostanze da prestazione come la cocaina (sarà un caso che Sigmund Freud ne fosse consumatore e assertore?), costrette poi ad assumere sonniferi, o, come dimostra il successo della cannabis legale, calmanti, soporiferi o euforizzanti. Siamo sempre più bipolari, meno male che c’è Maria, quella vera, non la Madonna, con l’immensa ipocrisia sociale che traveste da libertà individuale, tolleranza, diritti inviolabili ogni devianza e desiderio. Anche la canna libera è diventato un diritto acquisito, da esercitare a prezzi abbordabili: il potere vuole che sia comportamento di massa.

Un noto giornalista, Alessandro Barbano, in un libro prende posizione contro quello che chiama “dirittismo”, l’Italia tradita dalla libertà per troppi diritti. Belle parole, ma pentimento tardivo, tanto più che l’autore se la prende con la crisi della mediazione, con la diffidenza verso la classe dirigente di cui egli stesso è parte. Colpa dei populisti, dunque, se tutto è scambiato per diritto, ma la verità è l’esatto contrario: siamo dove siamo in quanto da decenni diamo ascolto a quelli come Barbano, adesso afflitti perché gli allievi oltrepassano i cattivi maestri. Parla invano l’Osservatorio sulle dipendenze, con le cifre tremende, milioni di consumatori da cannabinoidi, la metà di quelli in terapia che ricadono nella dipendenza, la difficoltà di far capire i rischi che corrono.

Ovvio, al di là della retorica delle parole ufficiali, il Sovrano è ben felice di avere sudditi storditi, con la necessità di assumere sostanze o di istupidire dolcemente con surrogati legali, il nirvana onirico del trip a basso costo. Non si può socchiudere la porta e stupirsi se qualcuno la spalanca. Pensiamo all’impressionante auge delle scommesse che hanno condotto a una nuova patologia, la ludopatia. Ma gli affari sono affari: quando l’Italia legalizzò il sistema dei giochi d’azzardo, annunciarono con voce vibrante la sconfitta della criminalità legata alle scommesse. E’ accaduto il contrario: prospera il settore illegale, avanzano gli imprenditori allibratori. Si scommette su tutto, il denaro corre veloce nelle tasche dei soliti. Quel che importa, lo conferma J-Ax, musicista, modello generazionale, imprenditore, è che lo Stato, ex tutore del bene comune, abbia la sua parte. Siamo tutti felici, contenti e un po’ più “sconvolti”.  Forse essere dipendenti di qualcosa, cannabis, psicofarmaci, gioco, alcool, pornografia, ci rende consumatori più completi.

Non sappiamo se la cannabis legale a basso contenuto di principi attivi faccia male, ma siamo convinti che faccia malissimo aver banalizzato un’altra condotta – il consumo di certe sostanze- che ha ricadute negative e può stimolare scelte ancora peggiori. Con il permesso dei superiori e la circolare ministeriale, viva la cannabis del tabaccaio, viva Maria libera e autarchica.

 ROBERTO PECCHIOLI