“Ma guarda, c’è qualcuno che ancora crede che a “questa” (neo) Chiesa sia rimasto un briciolo di autorità!”.
Così mi son detto quando ho ricevuto lettere irate e addolorate, e amici mi hanno girato articoli critici sull’ultimo atto di Bergoglio: la correzione del Catechismo sulla pena di morte. Per duemila anni la Chiesa, i suoi santi e dottori (quindi infallibili) hanno giustificato la pena capitale: anzi Gesù stesso, che l’accettò per sé. “Francesco” cambia la tradizione e dice che è illecita la pena capitale, anzi è peccato, vista la nuova sensibilità del popolo cristiano, e bla bla.
Interessanti, autentiche e intelligenti le confutazioni e le critiche, a cui rimando:
Ma che spreco d’intelligenza, oso dire; El Papa non merita tanto. Basta osservare che ormai, la sua autorità pontificale, che lui ha strascinato e calpestato, è ormai nulla. Non ne è rimasto niente, tanto da rendere anche questa sua ultima, insignificante.
La Chiesa non ha più un briciolo di autorità
Basta vedere questo: la modifica del Catechismo “obbliga” ogni cristiano ad accettarla. C’è qualcuno che capisca di essere obbligato ad alcunché, da un Papa che ha messo in discussione tanti punti fermi? Dalla Comunione ai divorziati adulteri, alla condanna di Lutero che lui proclama “una grazia per la Chiesa”; che a Scalfaro ha confidato che le anime dei malvagi saranno semplicemente annichilite e dunque non esiste l’Inferno, che mostra simpatia alla “nuova sensibilità” verso le”Nozze gay” e i preti che possono vivere col loro amante e continuare a celebrare l’Eucarestia in parrocchia? Il Papa che non pone ordine in una gerarchia di leccapiedi e finocchi che con la sua sola presenza ha autorizzato al peggio, ed ora appare “la peste di errori e vizi che ammorba il mondo”? Il capo di una neo-Chiesa che parteggia nella politica italiana spudoratamente, diffondendo le fake news del Potere globalista, imponendo come dogmi di fede e carità soluzioni invece discutibili (opinabili), dove la libertà del cristiano deve essere rispettata?
Egli stesso ha distrutto la sua autorità, distruggendo l’autorità bi millenaria della Chiesa. Lo ha notato con preoccupazione persino Il Foglio, l’organo dei neocon israeliani, qualche giorno fa:
C’è un problema con Papa Francesco
“Secondo Bergoglio, i giovani senza lavoro hanno solo tre opzioni: suicidio, cocaina o arruolamento con il califfo. Perché il Papa banalizzatore è un guaio. Sia se viene preso sul serio. Sia, soprattutto, se quando parla non viene più preso sul serio”.
Ecco il punto: El Papa non viene più preso sul serio, e il neocon si preoccupa: non serve più al grande progetto di instaurare la religione generale e generica dell’Umanità, senza dogmi altri che l’umanitarismo, e senz’altri riti che le apparizioni all’ONU sul riscaldamento globale.
Vediamo appunto questo: adesso, il Papa decreta che la Pena di Morte è illegittima, è peccato sostenerla ed applicarla. Vi pare che qualche capo di Stato, qualche governo, qualche nazione cristiana, si sia sentito obbligato”? Abbia risposto con un sì o anche un no? Nessuno ha fatto una piega, e già la sola dizione di “nazione cristiana” fa ridere… Chi pratica la pena capitale continuerà, e chi l’ha abolita non si rallegrerà di essere in sintonia con “Francesco”. Fine. Insignificanza, come una copertina di Famiglia Cristiana o un titolone di Avvenire contro Salvini. Argomento di polemica che domani sarà dimenticato.
Questo mio articoletto vuole dunque solo ricordare – a futura memoria – il motivo profondo e radicale per cui la Pena di Morte è cristiana, e non solo è lecito, ma sacramentale che Cesare la applichi, come Cristo stesso accettò sacramentalmente di subirla.
Nel diritto, la pena non serve alla “difesa sociale” , a toglier di mezzo un pericoloso delinquente, a fargli patire quel che lui ha fatto patire alle sue vittime. Tutte queste sono stupidaggini sociologiche, moraliste e sentimental-psicologiche moderniste. Nel diritto romano penale, la pena “è dovuta” al reo: è suo diritto. Quando il criminale è si è macchiato di un delitto, egli si è lasciato scadere da livello della sua dignità umana, che gli compete come diritto, e come dovere; dunque la pena gli è necessaria, e lo Stato ritualmente gliela commmina per reintegrarlo al livello giusto della sua dignità come uomo. Con la pena, il colpevole ritorna presso la società con la dignità che gli è propria; infatti lo Stato, dopo che l’ha scontata, lo riammette alla cittadinanza lavato e purificato.
In questa concezione, il diritto penale è “retribuzione” e “riscatto”. Per molti reati, bastano le pene comuni. Il ladro dovrà restituire, per esempio. Ma nel caso di omicidio premeditato, il reo ha rapinato la vittima di qualcosa che niente può restituirli: la vita. Il suo delitto è non-riparabile. Il solo modo di “riscattarsi” è subire la pena che lo esclude dalla vita – in tal modo, l’omicida, proprio quando viene privato della sua vita, torna però alla comunità umana, lavato e purificato.
Se questo sembra un paradosso, è perché non si crede più che l’uomo singolo abbia un destino eterno di cui deve rispondere oltre la vita: non si crede più, in altre parole, alla sua dignità propriamente umana, che è superiore al suo esistere zoologico.
Il patibolo purifica e risarcisce
Ma negli Stati antichi, e nei cristiani, la Pena di Morte veniva comminata con sacrale rigore; veniva reso chiaro al colpevole che, una volta subitala pubblicamente, lo Stato, la comunità umana, non avevano più crediti da pretendere da lui: era tornato innocente. Anzi, persino la giustizia divina lo assolveva: il frate era lì sul patibolo, pronto a dargli l’assoluzione se si confessava e a dargli l’unzione estrema, gli stava comunicando proprio questo; che era lavato dal suo peccato, se solo si pentiva – ossia accettava la pena come giusta – l’ultimo istante. Il popolo cristiano sapeva, con la certezza dei semplici, che l’omicida, decapitato, ossia pagato il suo debito con sovrabbondanza, andava dritto in Cielo, senza un’ora di Purgatorio, come aveva promesso Cristo al Buon Ladrone: “Oggi sarai con me in Paradiso”.
Lo so che tutto questo sembra assurdo a tanti di voi, non esclusi preti, ecclesiastici, umanitari sciolti e a pacchetti. Questo perché il nostro tempo s’è liberato da Dio. E vive benissimo nonostante la pena di morte venga comminata ad ogni angolo di strada anche oggi. La differenza è che sono i criminali ad infliggerla alle vittime. I colpevoli agli innocenti. E i colpevoli, se vengono presi, vengono condannati dai giudici umanitari a 16 anni in primo grado, che in appello diventano 5, e insomma in quattro si è fuori – restituiti non lavati alla società, con un debito non pagato e non pagabile, e la convinzione – ormai di massa – che i debiti, in questa società umanitaria e liberale, si possono non pagare. Dove gli Stati stessi uccidono i propri cittadini in attentati false flag, o i cittadini altrui in interventi sempre – mi raccomando – umanitari, con una frequenza agghiacciante mai vista prima. Non parliamo poi dei milioni di aborti, uccisioni deliberate di innocenti col consenso strappato alle madri
Voi direte: ma mica è pena capitale, lo Stato italiano l’ha abolita. Certo che no, infatti non la commina il Ministero della Giustizia, ma quello della Sanità: infatti “quel che conta è la salute”, il piacere e il comodo, mica la Giustizia e la Verità, che El Papa ci dice essere evolutiva. Che questo non venga visto come patologia, è normale ad una umanità che è scaduta dal livello della dignità che le compete, lo crede ” liberazione”, e celebra il triste carnevale della sua propria estinzione.