di Andrea Cavalleri
MODERATORE
Signore e signori buona sera!
Eccoci di nuovo in studio con i nostri ospiti di eccezione: il professor Federico Caffè, presenza fissa di questa trasmissione, e Mario Draghi, governatore della Banca Centrale Europea che non solo costituisce la più alta autorità monetaria dell’Europa, ma, considerando il contenuto dei trattati comunitari, risulta anche uno dei più influenti regolatori dell’orientamento economico.
Rivolgiamo subito la prima domanda al Governatore Draghi: Il trattato di Maastricht indica come obiettivo principale delle politiche della BCE un tasso di inflazione vicino al 2%.
Come interpreta questo compito?
DRAGHI
Se ci convinciamo che il nostro obiettivo di inflazione a medio termine è a rischio, intraprenderemo tutte le azioni necessarie.
Come dicevo, le circostanze esterne, le ipotesi sottostanti le nostre previsioni, contano perché influenzano le aspettative d’inflazione, dunque il profilo del ritorno verso la stabilità dei prezzi e del tasso di crescita.
MODERATORE
Stabilità dei prezzi e crescita, questa è la sua visione. Vuole commentare professor Caffè?
CAFFE’
Sulla Lloyd Bank Review del gennaio 1975 (e non è di certo in riviste di emanazione bancaria che possono ricercarsi punti di vista eterodossi o soltanto azzardati) si è sottolineato che i vari obiettivi primari della Politica economica sono spesso tra di loro in conflitto; il che non consente di scegliere come “unico” criterio di valutazione delle decisioni da adottare quello sui possibili effetti sul grado di inflazione.
MODERATORE
In realtà c’è anche il tema della crescita, che affronteremo tra un po’, ma in ogni caso la stabilità dei prezzi sembra un requisito importante per il mantenimento della moneta unica, altrimenti si potrebbero ventilare rischi di rotture. Lei Draghi teme la possibilità di un break out nella zona euro?
DRAGHI
l’Euro è irreversibile e lo renderemo irreversibile. L’Eurozona è più forte di quanto si pensi.
MODERATORE
Lei Caffè come vede questa determinazione?
CAFFE’
Nel confermare la nostra esigenza di “stare nell’Europa” è doveroso non tacere che ciò costituisce un destino inevitabile, ma tutt’altro che invidiabile.
E’ di poco tempo fa una ricerca accurata dalla quale risulta che, in Francia, il 9,4 per cento delle famiglie possiede il 52 per cento dei patrimoni, mentre il 50 per cento delle restanti famiglie possiede solamente il 5 per cento dei totali patrimoni.
E’ di appena ieri la pungente considerazione di P.A. Samuelson, uno dei luminari dell’economia mondiale, che la stabilità monetaria della Germania è di quelle che strangolano e non di quelle sulle quali può edificarsi una solida economia mondiale.
MODERATORE
Un punto di vista inusuale, ma piuttosto impressionante. Lei Governatore non ha mai perplessità sulla bontà dell’euro?
DRAGHI
Ho un messaggio chiaro da darvi: nell’ambito del nostro mandato la Bce è pronta a fare tutto il necessario a preservare l’euro. E credetemi: sarà abbastanza.
MODERATORE
professor Caffè, come giudica questo “abbastanza”?
CAFFE’
L’idea di una intesa comunitaria in grado di procedere senza ostacoli o conflitti è ingenua, oltre che antistorica. D’altra parte, essa corrisponde a un difetto di origine, in quanto tutte le strutture comunitarie sono state concepite in funzione di un utopistico “sereno stabile”; vale a dire, di un andamento economico privo di congiunture avverse, di crisi, recessioni, ristagni produttivi più o meno prolungati.
Il secondo motivo di mortificazione deriva dal fatto che il fallimento (comunitario) sia stato generalmente attribuito a […] preoccupazioni economiche ritenute banali o irrilevanti.
Di qui, tutto il riaffermarsi del più retorico e melodrammatico richiamo alla “idea Europa”; l’insistenza su una “volontà politica”, concepita come qualcosa che abbia valore di per sé, anche se manchi di solide basi.
MODERATORE
Ma il divario del costo nazionale del finanziamento del debito pubblico, lo spread, non è una faccenda tanto irrilevante, anche se, indubbiamente, è un fattore che sottolinea come l’unione sia solo vagheggiata ma non effettiva…
DRAGHI
Per molti anni gli spread non hanno assolutamente rispecchiato i diversi livelli di rischio dei vari bond governativi perché erano nel complesso tutti molto bassi. Ma, in ogni caso è stato un potente motore di riforma.
CAFFE’
I paesi aderenti alle grandi organizzazioni della cooperazione internazionale hanno già compiuto significative cessioni di poteri della sovranità nazionale; né si potrà procedere nella integrazione europea senza percorrere questo cammino. Ma occorre, appunto, che esso sia coordinato e istituzionalizzato.
Allo stato attuale vi è una pregiudizievole mancanza di parallelismo tra l’autonomia con cui alcuni Paesi adottano le proprie decisioni […] e la pretesa che altri Paesi debbano adattare le loro congiunture in funzione “permissiva” dell’altrui incontrollata autonomia.
Il coordinamento delle politiche congiunturali costituisce un valido obiettivo della politica economica internazionale; ma essa va realizzata con uno sforzo comune e non imposta con sollecitazioni inopportune, le quali rischiano di pregiudicare gli aspetti validi di un percorso non facile.
Va salvaguardato il diritto di scelta del Paese che non intende reflazionare, ma non gli si può riconoscere diritto di veto.
MODERATORE
Quindi secondo Caffè, lo spread è un differenziale finanziario che nasce in realtà da un differenziale di autonomia politica, ovvero di sovranità.
Ci dica, Draghi, avete qualche programma in proposito?
DRAGHI
Il Fiscal Compact, questa serie di regole a livello di trattato, è molto importante perché di base sottrae dalla sovranità nazionale parte della discrezionalità della politica fiscale. È necessario affinché i Paesi dell’euro area tornino ad avere fiducia l’uno nell’altro. Ed è importante perché è un primo passo, anche se timido, verso un unione fiscale. Anche se l’unione fiscale non comincia dalla divisione dei rischi tra paesi (leggi: Eurobond), ma da misure interne che restituiscano fiducia’ in alcuni Paesi dell’euro.
MODERATORE
Il Governatore della BCE dice che il pareggio di bilancio per tutti, costi quel che costi, è una norma equalizzatrice che apre alla possibilità di un’unione più profonda. Ne conviene professore?
CAFFE’
Una volta questa propensione allo strangolamento veniva denominata “il punto di vista del Tesoro” (inglese) ed esiste tutta una letteratura che ha avuto come tema quello di porre in evidenza le incongruenze logiche che esso implicava.
Ma l’esigenza di essere competitivi non è un obiettivo cui giovi l’arroganza padronale, il deterioramento delle relazioni industriali, l’evocazione minacciosa del ricorso “alla corda del boia” (locuzione lugubre usata per designare l’impiego di restrizioni di carattere creditizio).
L’economia ha bisogno di respiro, di prospettive, di “spiriti vitali”.
MODERATORE
Ah, “la corda del boia” ricorda da vicino gli “strumenti di tortura” che Junker dice di avere in cantina. Certo che le ristrettezze e i vincoli finanziari di fatto possono esercitare un’influenza cogente sulle politiche nazionali. Non è vero Governatore?
DRAGHI
Ci sono Paesi che non hanno spazio per un’espansione di bilancio, in base alle regole che ci siamo dati. In secondo luogo, dove ciò è possibile, il bilancio deve poter espandersi senza pregiudicare la sostenibilità del debito. I Paesi ad alto debito hanno meno margini per fare questo.
Ma lo spazio fiscale non è un dato di natura, si può ampliare, anche un Paese ad alto debito lo può fare. Come? Realizzando le riforme strutturali che fanno crescere il prodotto potenziale, il tasso di partecipazione, la produttività, tutti fattori che aumentano sostanzialmente il potenziale per le future entrate fiscali.
CAFFE’
Keynes scriveva: “Non dovrebbe sembrare strano che la tassazione può essere così elevata da distruggere il suo stesso obiettivo e che, dando sufficiente tempo perché se ne possano cogliere i frutti, una riduzione fiscale può avere una maggiore probabilità di concorrere al riequilibrio del bilancio. Infatti sostenere l’opinione opposta riflette l’atteggiamento di un imprenditore che, incorrendo in una perdita secca, decida di aumentare i prezzi dei prodotti venduti, e, quando la riduzione delle vendite accrescerà le perdite, paludandosi nel rigore dell’aritmetica, decida che la prudenza richiede che si debbano aumentare i prezzi ancora di più, sino a che il suo bilancio segni zero da entrambi i lati dell’attivo e del passivo”.
L’interesse specifico del brano riprodotto è in quella descrizione di una economia che si avvita in se stessa, in senso involutivo, nell’osservanza dell’ostentato rigore per l’aritmetica.
MODERATORE
Sì, in effetti Draghi, anche per la sua investitura istituzionale presenta abbastanza esplicitamente “il punto di vista del Tesoro”, però, parlando di ampliamento del potenziale per future entrate fiscali, ha anche introdotto il tema della crescita.
Lei Draghi ha accennato a riforme strutturali che promuoverebbero la crescita, sentiamo continuamente parlare di generiche riforme, può farci qualche esempio?
DRAGHI
Come ho scritto nella lettera, firmata insieme a Trichet e indirizzata al governo italiano nel 2011
E’ necessaria una complessiva, radicale e credibile strategia di riforme, inclusa la piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali e dei servizi professionali. Questo dovrebbe applicarsi in particolare alla fornitura di servizi locali attraverso privatizzazioni su larga scala.
MODERATORE
Cosa ne pensa professore?
CAFFE’
Che la “deregolamentazione” e “l’apertura ai privati” debbano favorire la concorrenza e non portare a nuove forme ambigue di oligopolio, costituisce una di quelle forme di illusioni concettuali che sono il portato delle “mode”, le quali, altrimenti, sarebbero irrilevantemente pittoresche.
Le possibilità di miglioramento economico esistono, ma in forme che si sforzino di antivedere il futuro; non con l’affidare a un mal definito mercato ciò che spetta, lo si voglia o meno, al responsabile, consapevole ed efficiente impegno pubblico.
L’errore di fondo consiste nel ritenere che esso sia inefficiente per definizione.
DRAGHI
C’è anche l’esigenza di riformare ulteriormente il sistema di contrattazione salariale collettiva, permettendo accordi al livello d’impresa in modo da ritagliare i salari e le condizioni di lavoro alle esigenze specifiche delle aziende e rendendo questi accordi più rilevanti rispetto ad altri livelli di negoziazione. L’accordo del 28 Giugno tra le principali sigle sindacali e le associazioni industriali si muove in questa direzione.
MODERATORE
Quindi mercato più libero e maggior flessibilità del lavoro…
CAFFE’
Allorché Keynes, nelle condizioni storiche in cui fu scritta la “Teoria generale”, ebbe ad affermare che “soltanto uno sciocco” avrebbe preferito “una politica salariale flessibile ad una politica monetaria flessibile”, egli, tra le molte altre considerazioni, teneva conto del turbamento della “pace sociale” (come allora si diceva) che sarebbe stato provocato dal tentativo di realizzare una “politica salariale flessibile” e dei riflessi negativi che si sarebbero manifestati sugli investimenti.
…l’attacco frontale alla scala mobile mi è sembrato sin dall’inizio un ingiustificato abbandono delle indicazioni così saggiamente fornite da Keynes, sia nel senso di preferire le soluzioni “flessibili” agli scontri perturbatori della “pace sociale”, sia nel senso che i sacrifici, quando si impongono, debbono essere generalizzati e non sezionali.
MODERATORE
Qualche riflessione sulla “pace sociale” la farete anche alla BCE…
DRAGHI
Dovrebbe essere adottata una accurata revisione delle norme che regolano l’assunzione e il licenziamento dei dipendenti, stabilendo un sistema di assicurazione dalla disoccupazione e un insieme di politiche attive per il mercato del lavoro che siano in grado di facilitare la riallocazione delle risorse verso le aziende e verso i settori più competitivi.
MODERATORE
Professore, pensa che possa funzionare?
CAFFE’
Non sono mai state imboccate le vie per l’attenuazione, sia pure graduale, dei fondamentali “fallimenti” del meccanismo di mercato.
Vi è il fallimento che trae origine dalle varie forme di costi sociali ed è ben noto che il nostro Paese è stato designato da equanimi osservatori stranieri come il paradiso degli inquinamenti.
Vi è il fallimento del mercato nel fornire sufficiente capacità di occupazione.
Quanto al fallimento del mercato per effetto della sua incapacità a porre argine alla “distribuzione arbitraria ed iniqua delle ricchezze e dei redditi” per dirla con Keynes, esso è troppo macroscopico nel nostro Paese, perché sia necessario insistervi.
Oggi non si può, come se niente fosse, richiedere atti di fede nel “mercato”, dopo un trentennio di delusioni, dovute alla mancanza di ogni serio proposito di porre riparo a quei conosciutissimi guasti che ne fanno una bilancia fallace.
MODERATORE
Mi sembra che vi sia sul punto una contrapposizione strategica, il Governatore dice di affidare tutto al mercato, mentre lei, professore protesta che il mercato da solo non funziona…
CAFFE’
Nella misura in cui sia consentito riassumere tutto in una semplice formula, ciò che nel 1929 venne largamente accettato, indipendentemente da ogni pregiudiziale ideologica ma come fatto strettamente tecnico, è che “le forze di mercato” erano inidonee, nelle condizioni contemporanee, a determinare effetti riequilibratori.
Invece, quanto pregiudizio abbia arrecato alla ricostruzione economica del nostro Paese il principio ispiratore che “la libertà di mercato risolve tutti i problemi che tutta la sapienza della legge non riesce a risolvere”, è una storia ancora tutta da scrivere.
Si è trattata di un’influenza così penetrante, deformante e persistente che persino in uno dei documenti della programmazione può leggersi che questa “avrebbe dovuto utilizzare i mezzi propri della imprenditorialità e del mercato […] anche nella parte di più diretta competenza del settore pubblico.
Questi errori, di una antiquata matrice ideologica liberista, vanno tenuti presenti, per il fatto che è del tutto privo di obiettività attribuire i mali presenti dell’economia italiana all’infittirsi di intralci che tolgono autonomia e flessibilità alle decisioni imprenditoriali. La realtà di ogni giorno ci dimostra che, sia in materia di determinazione dei prezzi, sia in materia di manipolazioni finanziarie, anziché di impacci, dovrebbe parlarsi di sfrenata sregolatezza.
MODERATORE
In effetti sarebbe troppo bello pensare di “non far niente” lasciando fare al mercato e che tutto si aggiustasse da solo, allora gli economisti non servirebbero e nemmeno i Governatori delle Banche Centrali.
Invece c’è il consiglio di amministrazione della Banca centrale e c’è anche il Governatore, che ha espresso la sua visione della crescita, ma sui conti pubblici esprime qualcosa di più che un desiderio…
DRAGHI
Il Governo ha l’esigenza di assumere misure immediate e decise per assicurare la sostenibilità delle finanze pubbliche.
L’obiettivo dovrebbe essere un deficit migliore di quanto previsto fin qui nel 2011, un fabbisogno netto dell’1% nel 2012 e un bilancio in pareggio nel 2013, principalmente attraverso tagli di spesa.
Andrebbe introdotta una clausola di riduzione automatica del deficit che specifichi che qualunque scostamento dagli obiettivi di deficit sarà compensato automaticamente con tagli orizzontali sulle spese discrezionali.
Andrebbero messi sotto stretto controllo l’assunzione di indebitamento, anche commerciale, e le spese delle autorità regionali e locali, in linea con i principi della riforma in corso delle relazioni fiscali fra i vari livelli di governo.
MODERATORE
Ci dica, professor Caffè, come vede una simile manovra?
CAFFE’
Ancora una volta l’economia italiana potrà costituire un esempio da manuale della possibilità di riassestare abbastanza la bilancia dei pagamenti, mediante la manovra “classica” di una ferma stretta creditizia.
Si tratta ora di vedere se l’operazione di rinvigorire il depresso organismo produttivo con pazienti tecniche di rianimazione risulti tempestiva ed efficace. Molti elementi inducono a dubitarne.
Sorprendersi di ciò significa supporre che un movimento economico involutivo, una volta determinatosi, non acquisti una propria dinamica, orientando verso il pessimismo le valutazioni degli imprenditori e spingendoli all’attendismo e non all’intrapresa.
Purtroppo, non vi è parallelismo tra la stretta che strangola e l’immissione di ossigeno che cerca di rianimare. E’ per questo, indipendentemente da considerazioni di carattere sociale, che la tempestività di una ripresa si attende soprattutto dalla spesa pubblica.
MODERATORE
Lei, Draghi aggiungerebbe qualche provvedimento a quelli già esposti?
DRAGHI
E’ possibile intervenire ulteriormente nel sistema pensionistico, rendendo più rigorosi i criteri di idoneità per le pensioni di anzianità e riportando l’età del ritiro delle donne nel settore privato rapidamente in linea con quella stabilita per il settore pubblico.
MODERATORE
Un commento professore?
CAFFE’
Calorose raccomandazioni vengono espresse per il mantenimento di rigorose politiche monetarie; pressanti voti vengono formulati per la riduzione dei rilevanti disavanzi dei bilanci pubblici; preoccupate ansie si manifestano per l’affermarsi, sia pure in formule subdole e “amministrate” di misure protezionistiche.
Per l’occupazione si prospettano soltanto tempi di attesa, di misurarsi non in anni ma in decenni.
Vi è una palese sproporzione tra la rilevanza, attribuita da parte dei responsabili della politica economica, ai fenomeni finanziari e la loro relativa indifferenza, o quanto meno assuefazione,nei confronti della frustrazione umana della mancanza di occasioni di lavoro.
Si tratta di compiere uno sforzo per ristabilire un’ovvia scala di valori che ponga la mancata occupazione per lo meno allo stesso livello del mancato rimborso di un prestito internazionale.
MODERATORE
Un’osservazione un po’ sconsolata, ma profonda, che riporta nel dibattito economico il tema etico.
Dopo tutto l’economia nacque come branca secondaria della filosofia morale.
Per continuare sul tema chiedo a Draghi: il tema dell’occupazione appare connesso a quello della crescita; lei ha auspicato che la ripresa “da ciclica diventi strutturale” attraverso le riforme.
Ci sono aree, per quanto riguarda l’Italia, di maggiore urgenza d’intervento da parte del Governo?
DRAGHI
Queste sono scelte politiche, che vanno lasciate completamente nelle mani dei governi.
Il menu delle riforme strutturali è ben noto. Ne ho parlato in molti discorsi in passato.
Le scelte sono poi nelle mani dell’autorità politica eletta dai cittadini.
MODERATORE
Ma, Governatore, adesso dice così, però nel 2011 il discorso ebbe un altro tono: all’Italia fu detto o fate queste riforme o chiudiamo i rubinetti dei finanziamenti…
DRAGHI
Sta forse osando insinuare che io mi possa avvalere di comportamenti ricattatori?
Stia attento, perché se avanza simili illazioni calunniose, domani mattina alle otto le faccio trovare una lettera di licenziamento sulla scrivania!
MODERATORE
Ah no, eccellenza, non mi permetterei mai, esimio Governatore, assolutamente!
Riverisco a voscienza!
Bene, cari spettatori, chiudiamo qui l’incontro odierno e, salutandoci, vi do l’appuntamento per la prossima puntata.