Il 2 ottobre, il giornalista saudita Jamal Kashoggi, presentatosi al consolato saudita di Istanbul per un documento, è stato ucciso e tagliato a pezzi nei locali stessi del consolato (hanno una stanza apposita) da una squadra di specialisti inviati specificamente dal reuccio (principe ereditario) Mohamed Bin Salman. Se ne è sicuri perché i servizi turchi (che hanno i video) hanno identificato 8 dei 15 uomini della squadra come militari reali sauditi, e tre come guardie del corpo dell’impulsivo Bin Salman. Inoltre, un altro è il dottor Salah Mohammed Al Tubaigy, che risulta essere il capo medico-legale del dipartimento saudita della sicurezza generale: sicuramente è stato lui, con una sega chirurgica per ossa appositamente portata dall’Arabia, a sezionare il giornalista, editorialista al Washington Post e informatore della Cia, ma a tutti noto come tale. I 15 sono arrivati a Istanbul con due aerei privati, e ripartiti con lo stesso mezzo. Ci sarà tempo per capire non i motivi dell’assasassinio (Khashoggi aveva irritato Bin Salman) ma il metodo usato: nello stesso consolato, con scene da “Pulp Fiction”: probabilmente nell’orrore stesso è un messaggio per altri oppositori.
Per intanto riferiamo questo:
Il 23-25 ottobre l’Arabia Saudita ospita la “Future Investment Initiative”, detta anche “la Davos del Deserto” per l’altissimo livello dei partecipanti, un parterre di grandi uomini d’affari occidentali e capi di Stato. Da Jacques Attali a Lynn Forester de Rotschild, da Jaime Dimon (capo della JP Morgan) a Larry Fink presidente della BlackRock, da Thomas Kennedy della Raytheon a Frédéric Oudéa della Societé Generale, vedete voi il resto della lista:
http://futureinvestmentinitiative.com/en/2018/speakers
Fra tutte spicca la direttrice del Fondo Monetario Internazionale, Christine Lagarde, che terrà un discorso.
Siamo sicuri però che non lo terrà, diserterà la prestigiosa riunione e, insieme a quei grandi banchieri, non vorrà più aver niente a che fare con un re assassino che ordina di fare a pezzi un giornalista.
Se è contro le “democrazie illiberali”…
Sappiamo infatti con quanta intransigenza morale in quegli ambienti si sorveglino la libertà di stampa e l’adesione alle regole morali. Infatti sono sotto stretta sorveglianza, in Europa, quelle che vengono definite “democrazie illiberali” perché pur essendo votate, non seguono le regole, non tutelano abbastanza la libertà, il pluralismo, il gender, l’indipendenza del potere giudiziario, le nozze gay e l’austerità per ridurre il debito. Sono indicate col dito accusatore direttamente la Polonia, l’Ungheria di Orban e l’Italia di Salvini-Di Maio, variamente sospettati di aver appreso la democrazia illiberale da Putin. Se tanti rimproveri e ostilità meritano Orban e Salvini che ancora non hanno fatto a pezzi alcun giornalista, figuratevi quello che madame Lagard dirà al re saudita. Il FMI romperà di sicuro ogni rapporto con il mostro di illiberalismo. Quella Davos nel Deserto, vedrete, sarà disertata da tutti.
Dite di no? Noi invece siamo sicuri di sì, perché c’è la prova definitiva di quanto sia delicata la sensibilità etica – fino alla suscettibilità – che vige in Europa riguardo alla minima deviazione dagli standard morali da parte dei politici.
Saprete infatti che, oltre che da Fitch & Pitch, il governo italiano è stato declassato da un’altra agenzia di rating, con sede a Londra, che non giudica la nostra sostenibilità finanziaria, bensì ma il nostro livello etico e di buona educazione, commisurandolo ai “valori europei” che tutti sanno altissimi e intransigenti. Tale agenzia si chiama appunto Standard Ethics, e ha “declassato a ‘negativo ‘ l’outlook della repubblica italiana”, perché a detta agenzia di rating morale “genera preoccupazione l’inatteso deterioramento del linguaggio adottato dal Governo italiano nelle dichiarazioni dirette alle Istituzioni europee – e a volte anche nei confronti di altri Stati membri – genera preoccupazione”.
Infatti il comportamento consono nella UE è questo:
E ci avverte, l’agenzia delle maniere eleganti: “Dichiarazioni ufficiali verbali e scritte più equilibrate e prudenti sono fondamentali per future relazioni positive in Europa. Qualsiasi altra opzione potrebbe rappresentare un rischio per l’Unione. Inoltre, come rilevato dalla Banca Centrale Europea, una comunicazione da reality show avrebbe anche impatti negativi sulla credibilità finanziaria italiana”.
Insomma il parlare sboccato, per esempio di Salvini verso Juncker (“parlo solo a persone sobrie”) anche quello mette in pericolo la credibilità finanziaria, già tanto compromessa che la Lçagarde ci ha richiamato severa: “«La nostra posizione sull’Italia è abbastanza ben conosciuta: l’Italia deve continuare il consolidamento fiscale e ci aspettiamo che tutti i Paesi membri della Ue ne rispettino le regole», dicendosi urtata dalle maniere: “ci sono preoccupazioni su quello che è stato detto, piuttosto che su ciò che è stato fatto”. Ha proprio ragione Eugenio Scalfari:
Ora, se con tanta severità la signora Lagarde si esprime verso un paese europeo fondatore per aver sforato “le regole” europee, figuratevi quello che dirà al principe Salman. Non vorrei essere nei suoi panni, povero principe, quando sentirà la sfuriata della Normatrice Assoluta.
Chissà poi la Standard Ethics di quante tacche abbasserà il rating etico dell’Arabia Saudita. Già nel 2016 questa severa agenzia aveva minacciato l’intero Gruppo di Visegrad, ma persino l’Olanda, per la loro “politica verso i migranti”. L’eccezionale intransigenza dell’agenzia in fatto di buone maniere si spiega con la nobiltà della sua presidente, Blanche Ullens de Schooten, figlia del barone belga Jean Ullens de Schhotens Whettnall e della contessa Marguerite de Marnix di Santa Aldegonda. Il direttore è almeno altrettanto nobile: è un fiorentino, Jacopo Schettino de Gherardini – che nel 2007 fu candidato nella segretarie del Partito Democratico di Matteo Renzi alla Leopolda, ed è molto vicino al presidente Mattarella, con il quale ha collaborato a scrivere il codice etico del PD. Il che spiega molto meglio perché l’agenzia non sopporti le maniere plebee di Salvini e Di Maio.