VANDALI ISRAELIANI SPACCANO CROCI

In Israele ancora vandalismi anticristiani a Beit Gemal
Stele rovesciate e croci rotte, le immagini parlano da sole. Il cimitero del convento salesiano di Beit Gemal, vicino a Beit Shemesh, 30 chilometri a ovest di Gerusalemme, è stato ancora una volta danneggiato nelle ultime ore. Il camposanto si trova a circa 500 metri dalla casa religiosa salesiana. Quest’ultimo misfatto riguarda una trentina di tombe, secondo il quotidiano Haaretz. Apparentemente, i fatti sarebbero avvenuti nella notte tra il 16 e il 17 ottobre, stando a una dichiarazione dell’Assemblea degli ordinari cattolici di Terra Santa, diffusa all’indomani della scoperta. Sono stati i religiosi responsabili della manutenzione del cimitero, e che vi si recano più volte al mese, i primi a rendersi conto di quanto avvenuto.

«È con dispiacere e rabbia che dobbiamo condannare tali atti criminali, che si sono ripetuti molte volte negli ultimi anni», deplora l’Assemblea, che riunisce tutti i vescovi e i vicari episcopali cattolici di rito latino e orientale in Terra Santa.

In effetti, a metà dicembre 2015 lo stesso cimitero era già stato profanato. Decine di croci (di legno o di cemento) erano state rovesciate e distrutte. L’anno scorso, a settembre, fu presa di mira la chiesa di Santo Stefano, che fa parte del complesso salesiano. I vandali distrussero una statua della Vergine Maria, danneggiarono i mobili e ruppero un certo numero di vetrate. Tovaglie d’altare, pissidi e calici furono gettati sul pavimento.

A Beit Gemal, il convento dei salesiani e quello delle suore della famiglia monastica di Betlemme sono regolarmente bersaglio di abusi commessi presumibilmente da ebrei estremisti. Già il 27 settembre 1981 più di 30 croci del cimitero, a quel tempo in legno, erano state bruciate e distrutte da sconosciuti. Otto anni fa una bomba era stata posata sotto un trattore.

Nel 2013 furono lanciate bottiglie molotov contro l’edificio religioso e sui muri vennero scritti con vernice a spruzzo graffiti in ebraico che recitavano: «Il prezzo da pagare», «Morte ai non ebrei» e «Vendetta». Due anni fa, i muri dell’edificio abitato dalle suore erano stati oltraggiati con graffiti blasfemi in ebraico. Nel marzo 2014, un atto di vandalismo ha colpito anche il monastero di Deir Rafat, dove si trova il santuario di Nostra Signora della Palestina, molto caro ai fedeli palestinesi, situato anch’esso vicino a Beit Shemesh.http://www.terrasanta.net/tsx/lang/it/p11139/In-Israele-ancora-vandalismi-anticristiani-a-Beit-Gemal

Dove Rabbi Gamaliele indicò la tomba di Santo Stefano.

Il posto è quello ritenuto il luogo dove fu sepolto il primo martire, santo Stefano, ucciso per lapidazione dagli ebrei. Oltre alla chiesa bizantina elevata sul luogo,  lo racconta una lettera di Luciano, parroco nel 415 della località di Cafargamala, che racconta in modo particolareggiato come avesse localizzato la la tomba di santo Stefano in quel suo paesetto improbabile a 20 chilometri da Gerusalemme.   Luciano  scrive che gli apparve in visione Gamaliele – il saggio fariseo  contemporaneo di Cristo, di cui San Paolo  dichiara di essere stato allievo (Atti, 22,3) prima della sua conversione, e indicato come non del tutto ostile ai  primi seguaci di Gesù (Atti 5, 37-39) – il quale gli raccontò di aver posseduto in Cafargamala una villa, nella quale  aveva portato il corpo di Stefano dopo la sua esecuzione, seppellendolo nella sua tomba privata.

Naturalmente il lettore catalogherà questo racconto fra le superstizioni di un’epoca oscura.  Una antica struttura circolare in pietra, creduta il santuario primitivo, veniva interpretata   invece comme un pigiatoio per il vino (alquanto monumentale, è vero). Solo nel 2006 è stato  pubblicato su La Revue Biblique, uno studio su un’architrave a tabula ansata in cui è stato possibile rivelare l’epigrafe  in greco: DIAKONIKON STEPHANOU PROTOMARTYROS.

Rabbi Gamaliele appare al parroco Luciano (415 . C.) – mosaico della chiesa bizantina.