L’Arabia Saudita sta negoziando con gli Stati Uniti l’acquisto di varie centrali nucleari Westinghouse, inizialmente 16, per 80 miliardi di dollari, oggi comunque ne sono previste due. E ovviamente l’Arabia Saudita, nel negoziato, ha chiarito che rifiuterà ogni ispezione di ispettori ONU che dovrebbero controllare che il reuccio assassino e impulsivo si limiti, in queste centrali, ad arricchire l’uranio al 4% e non a 95%, onde farsi la Bomba.
Lo ha rivelato il New York Times: https://www.nytimes.com/2018/11/22/world/middleeast/saudi-arabia-nuclear.htmlt
prima che l’impulsivo Bin Salman ordinasse l’omicidio del giornalista Kashoggi nel consolato turco, Rick Perry, il ministro dell’Energia americano (dal ministero dell’energia dipendono le produzioni atomiche anche non civili) ha intrattenuto intensi negoziati segreti con Riyad a fine 2017; interrogato dal Congresso se, almeno l’amministrazione Trump avesse insistito perché al regno oscurantista e wahabita fosse vietata la produzione interna di uranio (o regno ha giacimenti del minerale), Perry ha evitato la domanda. In realtà Khalid Al Falil, il ministro dell’energia saudita, ha dichiarato che “ il regno ha i suoi depositi di uranio e desidera svilupparli piuttosto che affidarsi a un fornitore estero”, anche se costerebbe meno. “Non è naturale”, ha detto, “per noi portare l’uranio arricchito da un paese straniero”. Questo lo disse a marzo, dopo una conferenza-stampa alla fine di un altro colloqui con Perry, minacciando che se non forniranno tecnologia e assistenza gli Stati Uniti, i wahabiti “hanno altre opzioni”, ossia possono farsi assistere (secondo gente della Cia che lo ha riferito al New York Times) “dai russi o dalla Corea”. Così se e quando si scoprirà che il reuccio ha la Bomba in violazione dei trattati i non proliferazione, sarà stato Putin.
Si sa del resto che l’Arabia Saudita ha sostanzialmente finanziato la creazione dell’arsenale atomico del Pakistan (che non aveva i mezzi) e si ritiene che Riyad possa dunque reclamare, al bisogno, un uso in condominio di questa Bomba, magari con lo spostamento degli specialisti militari pakistani sul territorio saudita. Il regno wahabita dispone anche dei vettori, missili a medio raggio equipaggiabili con testate nucleari, che ha comprato nel 1988 dalla Cina.
Da quel che si capisce, gli Usa starebbero per rendere Ryad capace di gestire l’intero processo, dal minerale all’arricchimento, in modo autonomo. Ciò supera di molto la proposta che su sostenuta dal generale Michael T. Flynn, nel breve periodo in cui è stato consigliere della sicurezza nazionale di Trump: di fornire Ryad di reattori in collaborazione con Mosca (per reciproca garanzia), ma non della capacità di produrre in proprio il combustibile atomico.
Ciò è un bello e istruttivo contrasto con il trattamento che Trump ha fatto subire all’Iran: benché Teheran abbia accettato di non produrre proprio uranio arricchito per 15 anni, e accettato di mandare all’estero il 95% della sua produzione sotto garanzia di Russia ed UE, Trump ha stracciato unilateralmente il patto e applicato più severe sanzioni – ovviamente fra gli applausi della nota lobby, che ha condotto una campagna sfrenata (anche in Europa, dove si sono profusi i radicali) contro l’Iran nucleare e i pericoli che faceva correre al mondo intero.
Invece adesso la Bomba in mano al reuccio criminosamente impulsivo, del paese che sta massacrando lo Yemen dopo aver finanziato la distruzione della Siria creando Daesh in alleanza occulta con Usa e Occidente, non rappresenta più un pericolo per nessuno.
Chiunque è in grado qui di sospettare un certo influsso del diritto talmudico nella famiglia del presidente Donald, grazie all’intima amicizia del genero Kushner (Habad Lubawitcher) sia con l’impulsivo Bin Salman sia con noti ambienti israeliani assetati di distruggere l’Iran, non meno del regno saudita.
Trump: “Israele sarebbe nei guai senza Arabia Saudita”
Del resto non occorre sospettare nulla, perché Trump l’ha detto chiarissimo in una conferenza stampa del 23 novembre spiegando perché lui non crede alla colpa del re wahabita nell’assassinio di Kashoggi: “Israele sarebbe nei guai senza Arabia Saudita…Volete che Israele vada via (sparisca)? Abbiamo un forte alleato nell’Arabia Saudita”.
https://www.trtworld.com/middle-east/israel-would-be-in-big-trouble-without-saudi-arabia-trump-21888
“Trump si lascia incidentalmente scappare la verità: il regime saudita, fulcro mondiale dell’oscurantismo islamico, serve per la sopravvivenza di Israele ed è un buon affare per gli Usa, ecco perché non lo si può boicottare”, commenta l’amico Erriu.
Bil Kristol ha un’idea: destabilizzare la Cina
La strategia per la quale Israele ha mobiltato l’America contro “il terrore globale”, non conosce ripiegamenti o stanche.
” Gli USA addestrano 30.000 combattenti curdi per “contenere l’Iran” in Siria ( L’Antidiplomatico)
“Crimea, Russia: Mosca spara contro navi ucraine che hanno sconfinato”, minaccxiando il grande ponte di nuov costruzione che unisce la Crimea alla madrepatria per via d’acqua-. Mentre Kiev ha aumentato enormemente i suoi tiri d’artiglieria sulla repubblica del Donetsk
Poroshenko ha chiesto la legge marziale e lo stato di guerra. Sono in corso misterioose attività di disturbo (jamming) delle trasmissioni radio militari in Europa.
Sputnik News: “Scontro teso tra Russia e Ucraina mentre le navi da guerra si scontrano vicino allo stretto di Kerch. Porošenko è dato nei sondaggi all’8% nelle prossime elezioni e ha chiaramente provocato un conflitto per cercare e rimanere al potere con l’appoggio di USA e Gran Bretagna
https://www.rt.com/news/444857-russia-ukraine-kerch-strait-standoff/ …
La rinnovata vicinanza alla Casa Bianca fa sì che si noti una vispa ripresa di attività, di fresche idee e elettrizzanti progetti di quei neocon (j) che hanno “previsto”, voluto e provocato l’11 Settembre per poter lanciare la superpotenza Usa nei seguenti 18 anni di “guerre contro il terrore”, ossia la destabilizzazione sistematica dei Paesi attorno a Israele e di tutto il Mondo Islamico. Per esempio Bill Kristol ha appena lanciato un’idea: Il cambio di regime in Cina non dovrebbe essere un importante obbiettivo della politica estera statunitense per il prossimo paio di decenni?”.
Un paio di decenni per il regime change in Cina, dopo due decenni di destabilizzazione di Irak, Siria, Libia Afghanistan in frenetica attesa della distruzione del regime in Iran, l’ormai unico rimasto nemico principale? Bill Kristol sa esattamente quello che dice. Celebre direttore del Weekly Standard, è stato, insieme a Robert Kagan (j) marito di Victoria Nuland (Nudelman la destabilizzatrice dell’Ucraina) il fondatore del PNAC – Project for a New American Century: quel “pensatoio” stra-affollato di J (James Rubin, Elliot Abrams (j), Robert Zoellick (j), Martin Indyk dirigente dell’ American-Israel Public Affairs Committee (AIPAC) che nell’anno 2000 pubblicò quel piano chiamato “Rebuilding American Defense” (Ricostruire la Difesa Americana). Era, rivolto al futuro presidente Usa che ancora non si sapeva chi sarebbe stato (fu Bush jr.) l’immenso progetto di riarmo e bellicismo americano cui dobbiamo la condizione in cui è il globo: “L’America” vi si leggeva, “deve preservare ed estendere la sua posizione di leadership globale mantenendo la superiorità delle forze armate USA”. E’ il documento in cui si auspicava “un evento catalizzatore, come una nuova Pearl Harbor” per convincere i cittadini ai sacrifici economici e sociali di questo nuovo riarmo. Allora, avevano fretta di abbattere Saddam Hussein, che da modernizzatore stava facendo dell’Irak una media potenza regionale, e aiutare i curdi a farsi uno stato, destabilizzante di Siria, Irak, Iran.
Adesso gli stessi ambienti vedono bene, in funzione anti-Iran, fornire la Bomba al criminale folle saudita, loro ormai aperto alleato. L’atomica a Bin Salman: che cosa può andare storto?
E intanto, perché no, una sovversione della Cina per vent’anni. Non vi sembrino sogni impossibili: la “guerra al terrore” di Bush jr. sta durando da quasi altrettanto. I neocon sono tornati pieni di nuove idee per il genero Kushner.
https://vdare.com/posts/regime-change-in-china-the-kristol-never-rests