Hanno voluto fare di Antonio Megalizzi, ucciso a Strasburgo da Cherif Chekatt, un martire dell’europeismo. Il governo polacco ha fatto molto più onore all’altra vittima, che era col nostro Megalizzi e due studentesse italiane quella sera, Bartosz Niedzielski, 36anni, impiegato del Parlamento Europeo di Strasburgo: lo ha dichiarato un eroe che ha sacrificato la sua vita per salvarne altre. Il presidente polacco Andrzej Duda ha concesso una pensione ai familiari. La ricostruzione degli eventi sui media polacchi è alquanto diversa da quella ufficiale italiana: “Vissuto a Strasburgo per 20 anni, il polacco, nel giorno dei tragici eventi, andò a un concerto in uno dei club. Secondo i resoconti dei testimoni, quando il polacco ha visto un uomo armato di fronte al club, si è lanciato contro di lui per impedire la tragedia. E’ stato quindi colpito alla testa. La sua condizione era critica, ha combattuto per alcuni giorni in uno degli ospedali”. Ecco un resoconto:
https://dorzeczy.pl/kraj/87245/Jestem-wstrzasniety-Prezydent-Znalem-Niedzielskiego.html
Un altro giornale:
“… Il polacco è stato colpito alla testa durante l’attacco terroristico del martedì a Strasburgo, quando ha cercato di sottomettere l’assassino che intendeva fare un massacro in uno dei club. Niedzielski e il suo conoscente, un giornalista italiano, Antonio Megalizzi, si sono precipitati sull’assassino prima che entrasse nel club, che ha dato alle persone il tempo di chiudere la porta. L’italiano, seriamente ferito, è morto venerdì. Se non fosse per l’atteggiamento di entrambi gli uomini, molto probabilmente nel club ci sarebbe un massacro, come è successo nel 2015 nel club di Parigi Bataclan. […] “Le Monde”, citando le opinioni degli amici polacchi, descrive Niedzielski come “un cittadino del mondo, innamorato di tutte le culture”. Parlava diverse lingue e sognava di aprire un ristorante “linguistico” a Strasburgo. Era anche un attivista LGBT, impegnato in “Palestina libera”, cultura yiddish, radio sociale e musica”.
Da questi resoconti sembra chiaro che il pluri-pregiudicato Chekatt, volesse fare la strage in un club, non sparare a caso nel mercatino contro “gli infedeli”. Quale club? Dapprima si è sparsa la voce che si trattasse di Les Savons d’Hélène, che è un luogo d’incontri gay.
https://www.misterbandb.com/fr/guide-gay/france/strasbourg/57-restaurants/23256-les-savons-d-helene
La cosa è confermata da Le Parisien, che rende conto anche del terzo ferito, Jérémy Raoult, 28 anni, musicista: costui “si preparava suonare ai Savons d’Hélène, un luogo con scena aperta dove andava spesso. Jérémy esce a fumare con due amici quando arriva lo sparatore: riceve una palla alla carotide e cade. I due amici che erano con loro sono aggrediti a coltello. Prima di essere colpito, il gruppo dei tre ha tentato di interporsi affinché la strage non continuasse all’interno del locale”. Jérémy se l’è cavata.
Il locale ha poi smentito su Facebook: “…Per rispetto ai feriti e loro famiglie, noi vorremmo solo dire che Bartok fu una delle prime persone colpite in rue des Orfèvres, e quindi non era presente ai Savons quella sera. Bartek era un grandissimo amico dei Savons d’Hélène e in passato ha servito qui, certi collegamenti sono forse stati fatti troppo rapidamente. Ovviamente potete continuare a testimoniare il vostro amore ai Savons d’Hélène perché era nostro amico e noi pensiamo a lui e alla sua famiglia ogni secondo”.
https://www.facebook.com/lessavonsdhelene/posts/2065677823493296
Rue des Orfèvres, dove i due sarebbero caduti sotto i colpi dell’assassino, è infatti a 450 metri, e a sei minuti a piedi, dal locale.
Il fidanzato del polacco, un giovane ricercatore turco di nome Turek Selçuk Balamir, ha salutato il suo amato su Facebook con un commovente addio: “Ci siamo incontrati all’Odyssée per la prima lezione. Era il mio compleanno Abbiamo iniziato a leggere e decifrare il Piccolo Principe. Più tardi, siamo andati a vedere Beynelmilel ( The International ). Era il film perfetto per il primo appuntamento: musica, linguaggio, politica, umorismo e romanticismo. Alla fine del film, ci siamo baciati. È stato il mio primo bacio con un uomo”.
I met Bartek in 2007 in Strasbourg. He was staring at me during a General Assembly of the university occupation. After the meeting, he asked me if I could teach him Turkish. We met at L’Odyssée for the first lesson. It was my birthday. We started reading and decyphering “Küçük Prens” (the Little Prince). Afterwards we went to see “Beynelmilel” (The International). It was the perfect film for a first date: there was music, language, politics, humour and romance. At the end of …
“Caro Bartek, hai cambiato la mia vita nel modo più imperfetto, ma arricchente e liberatorio. Non ti ho mai insegnato il turco. Invece, mi hai insegnato come amare e non escludere. Non lo dimenticherò mai. Ti amavo e mi mancherai “.
Antonio Megalizzi era ospite di Bartok quando andava a Strasburgo. Ciò non vuol dire che fosse omosessuale (del resto che ci sarebbe di male? E’ un diritto attivamente promosso dalla UE), poteva essere una sua fonte giornalistica e un amico. Il punto è che quella sera erano insieme, e con loro c’erano le due italiane, Clara Rita Stevanato e Caterina Moser. E queste hanno avuto la sensazione di aver assistito ad una esecuzione. Come se lo sparatore li conoscesse – o conoscesse il polacco – ha sparato loro da distanza ravvicinata mirando alla testa. Il resoconto del Corriere: “ Clara e Caterina sono le due sopravvissute del gruppo. Erano tutti e quattro insieme. Il loro racconto è da brividi. [Lo sparatore] «Si è appoggiato al muro e ci ha puntato la pistola alla fronte. Così…», hanno mimato alzando il pollice e l’indice e appoggiandolo alla fronte degli europarlamentari Antonio Tajani, David Sassoli e Daniele Viotti. Piangono. Per tutto il giorno resteranno protette nell’Europarlamento per poi essere accompagnate in albergo dalla scorta di Tajani. “Quell’uomo si è fermato, si è appoggiato al muro e ha preso la mira puntandoci la pistola alla testa. Era freddo, lucido”.
Repubblica: «Si è appoggiato al muro e ci ha puntato la pistola alla fronte…». Così la trentina Caterina Moser e la veneziana Clara Stevanato raccontano l’incontro ravvicinato con il killer che martedì ha seminato morte e terrore al mercatino di Natale di Strasburgo, ferendo con un colpo di pistola alla base del cranio anche l’amico e collega Antonio Megalizzi. Terrore che le due ragazze – a Strasburgo per seguire, per conto del network Europhonica, la seduta del Parlamento europeo – hanno vissuto in prima persona. Le due giornaliste sono sopravvissute a quella che sembra una sorta di spietata esecuzione. «L’uomo era freddo, glaciale. Ha preso la mira…» . Il faccia a faccia con il terrorista viene ricostruito da «Repubblica» attraverso il racconto dei parlamentari europei David Sassoli e Daniele Viotti e del presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani che sono stati tra i primi a confortare e ad assistere le due giovani. Caterina Moser e Clara Stevanato, ancora sotto shock nello studio di Viotti, per descrivere l’inferno appena attraversato, mimavano il segno della pistola: alzando il pollice e puntando l’indice contro la fronte dei tre parlamentari. «È un gesto che hanno fatto in continuazione, a me lo hanno ripetuto decine di volte», ha raccontato Viotti. Subito dopo le due ragazze sono state prese in consegna dal presidente del parlamento europeo Tajani, che “ha messo a disposizione la sua scorta per raggiungere l’albergo”.
Così, nessun altro ha potuto parlare con loro, a parte i tre euodeputati del PD e Tajani.
Il giorno dopo, le due ragazze, ai giornalisti trentini che le chiamano al telefono, non raccontano più questo particolare. Anzi, non confermano più niente. “Sono molto confusa e rischierei di dire cose sbagliate», spiega la 24ennne trentina. Una frase perlomeno strana. Hai assistito , ieri, all’assassinio dell’amico da pochi metri di distanza, l’omicida ti ha puntato la pistola alla testa – una scena che ti resterà stampata nella memoria e nel cuore per tutta la vita – e tu hai paura “di dire cose sbagliate”? In che senso “sbagliate”? Sbagliate rispetto alla versione ufficiale per cui l’italiano Antonio è morto per caso, da vittima dell’europeismo, mentre il polacco suo amico, che lo ospitava, sarebbe moro mentre eroicamente impediva a Chekatt di entrare in un club (non sappiamo quale) dove avrebbe potuto fare una strage “come al Bataclàn?”.
Difficile, con l’arma che si è vista accanto al cadavere di Chekatt abbattuto dalle forze speciali, che dopo averlo cercato in Francia e Germania l’hanno trovato praticamente dietro casa sua, si “a Plaine-des-Bouchers, vicino al centro di Strasburgo, nel quartiere della Meinau”. Il revolver con cui ha reagito – venendo immediatamente freddato dalla superiore potenza di fuoco delle forze speciali – ha suscitato la curiosità degli esperti: è un pezzo di antiquariato, una pistola a tamburo che equipaggiava l’esercito francese tra il 1892 e il 1914, per di più calibro 8 Label: un calibro così particolare per il quale praticamente non si fabbricano più i proiettili, e non li si trova che in qualche fondo di magazzino storico. Che con quel vecchio revolver abbia potuto uccidere 5 persone e ferirne 13, come si racconta, pare – come minimo – altamente improbabile, non è un mitragliatore.
Un uomo con un mitragliatore e in mimetica è stato visto da alcuni testimoni. Arma più adeguata a spiegare l’eccidio e il terrore di chi ha sentito le raffiche.
Invece l’arma antiquata del criminale è perfettamente adeguata per una esecuzione mirata, due colpi in testa da vicino, senza sprecare le preziose pallottole. Ma qui si tratta di chiedersi: Chekatt è il “terrorista islamico” dell’ISIS che ha fatto strage di infedeli urlando Allahu Akbar, oppure il criminale 27 volte condannato, con precedenti di rapina, spaccio, tentato omicidio, che voleva prendersi una vendetta nel “club” non sappiamo quale? Come sempre, l’uccisione del “terrorista islamico” – che poteva benissimo essere preso vivo, data la ridicola arma di cui disponeva – non ci consentirà di sapere di più: era un omosessule tradito? Uno spacciatore non pagato? Un “radicalizzato” da un momento all’altro?
Ma noi abbiamo avuto diritto all’elevazione del povero ragazzo a martire del Trattato di Maastricht, celebrato da Mattarella, la bara avvvolta nella bandiera con le stelle della Kommissione. Col vescovo che ha parlato di “una stella scesa dal cielo che è tornata in cielo”.