Marco Gregoretti per il settimanale “VOI”
Benvenuti nel tragico mondo della Mafia nigeriana. Nelle sue, feroci, capillari, disumane e incontrastate mani ci sono il traffico di droga, il mercato della prostituzione, anche minorile, le truffe informatiche, la tratta di esseri umani e, confermato recentemente da una serie di riscontri dell’Fbi, il traffico di organi umani.
Il centro operativo più violento è a Castelvolturno, in provincia di Caserta, un tempo roccaforte dei Casalesi, dove il governo ha deciso di inviare 200 soldati. Un anno fa il Servizio centrale operativo della Polizia (Sco) ha deciso di istituire una task feroce interamente dedicata alle cosiddette mafie etniche. «Dal 2017», confermano al ministero degli Interni «la Mafia nigeriana è una priorità assoluta». Allarme confermato anche dai diversi rapporti sullo stato della criminalità in Itali
E da Austine Johnbull, conosciuto negli ambienti malavitosi come Ewosa, primo pentito della malavita nigeriana che Millennium di novembre 2018, l’inserto mensile del Fatto Quotidiano, ha chiamato il Buscetta della Mafia nigeriana. «A volte una forma di autorazzismo ci impedisce di volere vedere questa drammatica realtà», dice a Voi lo psichiatra Alessandro Meluzzi che insieme a sua figlia Maria Araceli, giovane criminologa, sta pensando di fondare un osservatorio permanente dedicato alle mafie africane.
«Quello che hanno fatto alla povera Pamela Mastropietro (uccisa a Macerata il 30 gennaio 2018, ndr), ma anche alla piccola Desirée Mariottini (morta a Roma nella notte del 19 ottobre 2018) non trova parole per essere descritto. Sono state vittime di rituali criminali con i quali rischiamo di dover convivere quotidianamente». Sarà per questo che la Procura della repubblica di Macerata ha deciso di secretare le foto del cadavere di Pamela e i verbali degli interrogatori di chi l’ha uccisa e sfregiata? Un investigatore ha detto a Voi:«Se si diffondessero potrebbero crearsi problemi di ordine pubblico».
RITUALI TRIBALI E FEROCI
Anche la criminologa Valentina Mercurio ha fatto diversi «studi sul campo» sui rituali e i sistemi punitivi adottati da queste bande criminali in Nigeria e in occidente. Il reportage fotografico che ha messo a disposizione della nostra redazione, che si riferisce in particolare al rituale Juju, la parte nera del Vodoo, è da incubo permanente. Al punto che abbiamo deciso di non pubblicarlo neanche con tutti gli accorgimenti tecnologici disponibili per non mostrarne la crudeltà.
Ma è proprio il terrore che consente alla Mafia nigeriana, attraverso la propria rete di scafisti, i loro uomini in Libia, cosiddetti connection man, le maman in Italia, a rendere schiave per sempre le ragazze portate in Occidente, a fronte di esborsi che possono arrivare a 100 mila euro per il viaggio, con la promessa di un lavoro e finite nella strada. La storia di Daniel, una ragazza di Benin, salvata dai Carabinieri Legnano, all’inizio dell’estate scorsa, è paradigmatica di che cosa succeda nella realtà.
Daniel era totalmente soggiogata: le facevano bere con la forza strane pozioni a base di sangue di animale durante cerimonie mistico-religiose e la costringevano a prostituirsi a Milano, in viale Certosa, dalle 10 alle 17,00 e dalle 21 alle cinque della mattina. Tutti gli incassi li teneva la maman che le praticava anche perquisizioni vaginali per verificare se nascondesse denaro.
Una cupola mafiosa: omicidi, tentati omicidi, rapine, estorsioni, traffico di stupefacenti, di organi, sfruttamento della prostituzione, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, armi, truffe informatiche e traffico organi. Chi sgarra paga in modo terrificante. Per esempio con il rituale che chiamano il brodo. Provate a immaginare con che cosa la fanno. O meglio: con chi.
LE MAMAN DELLA CUPOLA NERA
Torino, Via Ormea o Porta Palazzo: prostituzione e spaccio controllati da «radici africane». Commenta per Voi Maria Araceli Meluzzi, criminologa. «Una seria tratta di donne nigeriane, sia nel loro ruolo di capo che di vittime, è capace di immettere sul mercato della prostituzione molte minorenni. Una volta arrivate in Italia vengono instradate nei circuiti dello sfruttamento sessuale dalle “maman”. Le “sacerdotesse” della mafia nigeriana si servono del sacrificio di gatti e di galline sgozzati per soggiogare le ragazze: devono bere il sangue per essere benedette quali schiave del sesso.
La falsificazione dei documenti viene utilizzata già prima della partenza dai paesi di origine per incrementarne i guadagni: difficile capire chi sia maggiorenne e chi no. Gli strumenti tradizionali non bastano per fronteggiare il fenomeno. Mancano i traduttori: in Nigeria esistono tre gruppi etnici-linguistici principali (Yoruba, Igbo, Fulani) con altrettanti e più dialetti. I servizi sociali territoriali e le forze di Polizia sono i primi testimoni di queste organizzazioni criminali».
(Per le confessioni di Austine Johnbull, si veda:
Black Axe, il racconto in aula di torture e sevizie
«Le aggressioni duravano addirittura giorni interi»
È una pagina da brivido quella scritta di fronte ai giudici della prima corte d’assise di Palermo, dove si celebra il processo a carico di cinque presunti esponenti della mafia nigeriana. La Cosa nera di Ballarò che non si faceva troppi scrupoli contro chi ostacolava gli affari della droga. «Hanno cercato in tutti i modi di ottenere qualcosa»