Improvvisamente, l’esercito di Kiev (formato dai neonazi con tanto di vessilli SS, ma filo-americani) ha intensificato i bombardamenti sul territorio della “Repubblica Popolare del Donetsk”,la zona russofona in secessione. Soprattutto, sta usando munizioni d’artiglieria o di mortaio di grosso calibro – di un calibro vietato dai famosi “accordi di Minsk”.
E’ la risposta dei miliziani a degli strani sviluppi che, secondo alcuni analisti, stanno portando alla silenziosa spartizione dell’Ucraina?
Gli ucraini hanno appena votato con margine enorme il comico Vladimir Zelensky, noto per aver recitato come capo del governo in tv: a scatola chiusa, o a salto nel buio, evidentemente per liberarsi di Petro Poroshenko, della corruzione e dell’incapacità del suo regime a risolvere i problemi del paese, a cominciare dalla miseria.
Zelensky tuttavia non riesce ad insediarsi e governare. Lo ha detto lui stesso in un videomessaggio: “Accadono cose strane: c’è una vittoria, ma nessuna autorità. La Commissione elettorale centrale sta ritardando l’annuncio ufficiale dei risultati, in modo che la Verkhovna Rada ritardi la data dell’inaugurazione il 27 maggio”.
La Commissione Elettorale Centrale è un organo i cui membri Porosenko ha scelto uno per uno, sperando nell’”aggiustamento” del voto. Non gli è riuscito. Ma adesso la sua Commissione sta artificiosamente ritardando l’inaugurazione di Zelensky, e quindi del nuovo parlamento (la Rada) e del governo nuovo.
Ma a chi giova questo ritardo? E vuoto di potere? Poroshenko non spera certo di tornare al governo a Kiev.
Ma lui e la sua cricca vedono un cambiamento della situazione internazionale, che non li favorisce. Il marzo scorso, la candidata Yulia Timoshenko ha parlato di cause penali che sarebbero aperte negli Usa contro Poroshenko e soci, per riciclaggio e varie malversazioni (dei miliardi prestati senza condizioni dal FMI al suo governo e dai tempi della sottosegretaria Nuland, che aveva speso 5 miliardi per il cambio di regime a Kiev).
Ovviamente la notizia è stata bollata come una “fake” dettata da Putin; ma è notevole che Trump abbia ultimamente buttato lì che “agenti ucraini” hanno manipolato il voto americano nel 2016 per far vincere Hillary Clinton – il che è non solo credibile, ma diventa anche più se lo inserisce nel quadro del RussiaGate, il processo imbastito da FBI, servizi segreti americani e inglesi e anti-russi dell’Est per dimostrare che Trump è un agente di Putin , tentativo adesso clamorosamente fallito.
E’ indubbio che Poroshenko e la giunta del golpe di Kiev sono oggi considerate alla Casa Bianca creature di Obama.
Si aggiunga che a cinque anni dal massacro della Casa del sindacato commesso ad Odessa dai neonazi ucraini il 2 maggio 2014, finalmente l’ONU – attraverso la sua Missione di Sorveglianza dei Diritti dell’Uomo in Ucraina – ha accusato il regime di Kiev di non aver fatto nulla per identificare e condannare gli autori degli assassinii – secondo dati ufficiali, 48 persone sono morte nell’incendio appiccato alla Casa del Sindacato, ma in realtà non solo i morti sarebbero stati un centinaio, ma almeno sei persone (ufficialmente) sono state assassinate prima, donne sono state violentate prima di essere uccise, eccetera. Un insieme di atrocità impunite – e solo ora l’ONU le contesta. Tutto ciò indica un cambiamento di clima, ora freddo verso la junta di Kiev, la cui legittimazione stava tutta nell’appoggio “atlantico” ed europeo,nei miliardi gettati a fondo aperto da FMI e Germania, e nella speranza di entrare nella NATO e nella UE: speranza quest’ultima lasciata cadere dalla Merkel con i suoi modi tiepidi, né sì né no, che sono il segno del suo lungo cancellierato.
Lo scorso autunno Poroshenko ha deciso, improvvisamente e unilateralmente, di stracciare il Trattato di Amicizia e Cooperazione con Mosca. Mossa giudicata avventata, perché con questo Trattato – risalente al 1997 – sancisce l’inviolabilità delle frontiere esistenti fra i due paesi al momento della firma. Sicché ripudiando il Trattato, Kiev si priva della sua arma della pressione legale sulla questione della Crimea, secondo loro “occupata” dai russi in violazione dei sacri confini – tesi, si ricordi, mantenuta con ferrea ottusità anche dall’UE: Mosca deve prima restituire la Crimea, ha violato le sacre frontiere, sennò le sanzioni continuano. Qualcuno ha mal consigliato Petro? E c’è un altro scopo nella sua mossa?
Putin: passaporti a tutti gli ucraini
Qualche giorno fa, il presidente Putin ha stupito annunciando che tutti gli abitanti dell’Ucraina orientale (i separatisti) avrebbero avuto la cittadinanza russa immediatamente; aggiungendo poi, anzi, che avrebbe semplificato l’emissione di passaporti russi a tutti gli ucraini che lo vogliono. Due “forzature” che hanno costretto Zelensky a rispondere con un “no grazie, i veri ucraini non hanno bisogno della vostra cittadinanza” per non passare da “amico di Putin”.
Il punto è che Mosca non è affatto la prima. Varsavia concede da molto anni carte d’identità ad ucraini che emigrano lì per lavoro, e spesso sono cattolici della zona di Lviv. Romania e Ungheria rilasciano con altrettanta facilità i loro passaporti agli ucraini che vogliono cambiare cittadinanza. Recentemente ha creato sensazione la scoperta che i cittadini della Transcarpazia hanno fatto richiesta in massa della cittadinanza magiara, sollevando il sospetto che Budapest abbia delle mire sul territorio. Perché, in realtà, quelli sono territori strappati all’Ungheria perché (come la Romania) fu alleata del Terzo Reich e ha pagato la sconfitta con quelle mutilazioni. La realtà è che l’Ucraina come appare oggi sulle mappe è una invenzione recente, nata tra il 1918 (con lo smembramento dell’imperio absburgico: Lvov ) e l’età di Kruscev (che “regalo” la Crimea) e in mezzo, i guadagni territoriali tolti a Romania e Ungheria alla fine della seconda guerra mondiale.
Nei fatti, Romania e Ungheria, e ancor più la Polonia (che ha ben note ambizioni imperialiste grandi-polacche: vedi alla voce Intermarium), sembrano essersi portate avanti in vista di una spartizione dell’Ucraina. Putin se mai è arrivato ultimo a rivendicare quel pezzo di territorio, il Donetsk, che è effettivamente abitato da russi sovietici, dopo che era stato spopolato dal genocidio dei kulaki.
Il punto è che Washington e Bruxelles non hanno levato la voce contro questa “provocazione” di Vladimir, e ciò vorrà dire qualcosa. L’ipotesi è che avendo Washington speso miliardi per staccare l’Ucraina alla federazione russa e non avendo speranza di vero risultato – inserire l’Ucraina così ridotta nella NATO significherebbe assisterla sine die e con spese maggiori, come un pozzo senza fondo , che la UE rifiuta – possa accettare la spartizione tra i vicini. Polonia, Ungheria, Romania sono dopotutto paesi NATO, e dunque si accollano le spese di quei territori portandoli nell’Alleanza. A questo tacito progetto – se esiste – fanno ostacolo le sanzioni occidentali contro Mosca per la sua “annessione illegale” della Crimea. Se l’Ucraina viene sparita, il contenzioso Crimea si risolve da sé, o si azzera.
Questo fino ad oggi. Ma Trump non la pensa più così. E Poroshenko, guarda caso, ha ripudiato il Trattato del ‘97 che legittima le sue pretese sulla Crimea, proprio poco prima di dover abbandonare il potere a Zelensky. Il quale però non riesce a prendere il governo. Ma forse gli stanno facendo un favore: non potrà essere accusato dai nazionalisti ucraini di non aver fato niente contro la spartizione del paese, quando avverrà; e la responsabilità di eventuali passi legislativi consacranti la separazione, sarà accollata al parlamento – che è ancora in carica ed è quello di Poroshenko. Zelensky, alla fine del processo, governerà sulla zona centrale dell’Ucraina.
Questa ipotesi presupporrebbe un eccesso di furbizia e intelligenza da parte della Casa Bianca; inoltre, implicherebbe che ci sia stato un accordo occulto fra Poro e Washington- magari in cambio della rinuncia alle cause in USA.
Ci si può benissimo non credere, e giurare che l’Ucraina resterà in eterno quella che è sulle carte. Ma per non sbagliare, le “forze militari” ucraine si mettono bombardare il Donbass per provocare una crisi bellica maggiore: perché sono fra loro gli assassini del massacro di Odessa, e sono quelli che più hanno da temere di una pacifica soluzione del problema ucraino. Ed attenzione: hanno ancora degli akcii a Washington, la Nuland, i Kagan,, i Kristol, la parte del Deep State che ha puntato su di loro.
Qui sotto, alcune foto del massacro di Odessa, eccidio neonazi che indusse Mosca a precipitare la presa della Crimea.