Un amico mi gira questo racconto pescato sul web.
E mi dice che secondo lui è una storiella falsa. In realtà può essere più o meno autentica, ma avere un senso opposto a quello che gli attribuiscono i progressisti dai buoni sentimenti, per i quali il mito del Buon Selvaggio non è ancora scaduto (e anche questa è una bella arretratezza culturale).
Tanto per cominciare, “Ubuntu” non è una tribù, ma una “ un’etica o un’ideologia dell’Africa sub-Sahariana che si focalizza sulla lealtà e sulle relazioni reciproche delle persone” (wikipedia) che “ esorta a sostenersi e aiutarsi reciprocamente, a prendere coscienza non solo dei propri diritti, ma anche dei propri doveri, poiché è una spinta ideale verso l’umanità intera, un desiderio di pace”, reclamizzata propagandisticamente da Nelson Mandela e da altri propagandisti della negritudine.
Significa «Io sono perché noi siamo», «Io sono ciò che sono per merito di ciò che siamo tutti”, e ciò spiega la mancanza di competitività dei ragazzini descritti nella storiella: se uno si avvantaggiasse, sa che il gruppo gli sarebbe contro, lo isolerebbe, discriminerebbe e ciò è concretamente pericoloso per lui.
Il tema dell’invidia sociale dominante in Africa è ampiamente studiato e documentato dall’antropologia culturale – a cominciare dalla segnalazioni dei missionari, che vi vedono la causa profonda del proliferare invincibile della stregoneria nell’Africa nera.
https://www.jstor.org/stable/41377571?seq=1#page_scan_tab_contents
Si leggano le pagine dedicate all’Africa nel classico “L’Invidia e la Società” del sociologo H. Schoeck. Gli etnologi additano l’invidia come uno dei motivi determinanti del sottosviluppo: se un africano è un bravo coltivatore e il suo campo ha un buon raccolto, tutti gli altri pensano che gli abbia fatto il malocchio. E si rivolgono allo stregone perché lanci il malocchio sul fortunato. Sono documentate persino malattie da invidia, come la “star-sickness, descritta come “una forza che s’impadronisce di un gruppo di persone e provoca gelosia, rabbia e liti e mancanze nello scambio di doni [un obbligo essenziale nel galateo tribale]. Queste forze, sono sentire come cose che dividono le persone e danneggiano l’unità del gruppo. Speciali guaritori la curano con la danze e la trance del gruppo, che ripara il tessuto sociale mentre libera l’ostilità”.
https://en.wikipedia.org/wiki/San_healing_practices
Perché tutto avviene nell’ambito dei rapporti familiari molto stretti, solidali e affettivamente “caldi”, a cui gli africani attribuiscono (giustamente) la massima importanza e il fondamento stesso nel suo essere nel mondo. “Io sono perché noi siamo”, appunto.
Vivere alle spalle del parente
Il che ha un effetto collaterale interessante. Quando un membro della famiglia si afferma in una professione, tutto il parentado dal villaggio va a trovarlo in città e si piazza in casa sua, per godere insieme della sua fortuna. Una famiglia allargata di quaranta persone e più si accampa e vive alle sue spalle, perché secondo la famiglia ha il dovere di farlo, consumandone le sostanze. Il professionista di successo non può rifiutarsi, senza rompere l’ubuntu ed essere malvisto dal gruppo familiare allargato, suscitandone la pericolosa invidia (con relativo lancio di malocchio ad opera di uno stregone pagato dai parenti). E’ questo uno dei motivi per cui i pochi medici e tecnici veramente evoluti e professionali, appena possono emigrano e continuano la professione in Europa, Usa o paesi del Golfo, depauperando l’Africa della classe dirigente.
Penserete che stia esagerando. Ma il fenomeno era così preoccupante da essere citato da Julius Nyerere (1922-1999), il padre della patria della Tanzania e socialista, nella storica Dichiarazione di Arusha (1967) , considerata giustamente la Costituzione ideale dell’Africa, l’equivalente del solenne preambolo della Costituzione americana, We the People….
https://en.wikipedia.org/wiki/Arusha_Declaration
Dopo aver sancito l’eguaglianza di tutti gli uomini, la lotta allo sfruttamento e alla povertà, nella sezione “Good Policies”, la Dichiarazione spiega:
“Nessuno dovrebbe andare nella casa di un parente e starci a lungo, senza fare alcun lavoro, perché così facendo sfrutta il suo parente. Parimenti, a nessuno deve essere permesso di bighellonare (loiter) nelle città o villaggi senza fare un lavoro che lo renda autosufficiente, a sfruttare i parenti…”.
Che ve ne pare? Guardate il giovane africano ben vestito da discoteca che bighellona con le cuffie in testa attorno ai supermercati, e riconoscerete il tipo umano condannato dolorosamente da Nyerere.
“Nella nostra società africana tradizionale”, tuona il padre della patria, “eravamo individui dentro una comunità. Avevano cura della comunità e la comunità aveva cura di noi, Non avevamo né bisogno né volontà di sfruttare i nostri simili”: qui Nyerere esalta appunto l’aspetto caldo, affettivo e positivo dell’Ubuntu. “Ma poi vennero i capitalisti esteri. Erano ricchi. Erano potenti. E l’Africano naturalmente cominciò a desiderare di essere anche lui ricco”.
Un gruppo di neri evoluti e sinceri sta denunciando “le male culture” dell’Africa: denunciano cose sconosciute perché tenute segrete nella società dell’Ubuntu.
Per esempio:
Gli Intoccabili
In tutta l’Africa sub-sahariana, non solo in Nigeria e in Camerun, esiste una categoria di “Intoccabili” impuri, senza diritti, che non possono sposarsi con i “liberi” (Nwadiala), e nemmeno danzare con loro, nemmeno pregare per un libro. Subiscono ogni genere di vessazioni. Si chiamano OSU e sono certamente discendenti da prigionieri di guerra nelle infinite guerre tribali, quando erano dedicati come “sacrifici viventi agli spiriti” (e infatti vivevano nelle vicinanze dei luoghi di culto o dei mercati); ma figli e nipoti di OSU restano OSU, ossia senza diritti legali per esempio di possedere terre. E devono vivere separati dai liberi. E’ una condizione irreversibile di inferiorità.
Nel 1956 il governo della Nigeria orientale abolì per legge il sistema di caste Osu: dichiarò liberi i figli nati da OSU e punibile penalmente qualunque discriminazione verso questi disgraziati. “Purtroppo, in oltre 50 anni di vigenza di tale legge, nessuno è mai stato condannato per la violazione di essa, benché la discriminazione continui. Emici istruiti, medici, ingegneri, docenti, discutono sempre con molta serietà che la tale ragazza che passa è OSu, quindi non la si può sposare…”. Una volta, quando appariva un OSU, i bambini scappavano per non essere resi impuri.
http://www.afryculture.com/osu-outcaste.html
Questa credenza discriminatoria continua più forte che mai: tanto che nel 2018 dei preti anglicani locali (alcuni dei quali OSU) hanno invocato la fine del sistema di casta OSU nella Nigeria sud-orientale, lamentando che “la pratica è ancora prevalente nelle comunità, nonostante l’avvento del cristianesimo da ormai 160 anni”.
https://cityvoiceng.com/anglican-bishops-seek-end-to-osu-caste-system-in-south-east/
Nello stesso 2018 la condizione di OSu è stata abolita per leggere nel Biafra, a dimostrazione che essa è forte come sempre.
Le malattie mentali indotte
“Gira in qualunque strada in Africa, e vedrai tre o quattro folli che vagano […] sarete sorpresi di apprendere che la causa è dovuta a malvagi, che usando cattive credenze culturali e pratiche. Molti casi di pazzia sono stati inflitti: per guadagno personale, odio, invidia eccetera. C’è la cattiva credenza culturale secondo cui, riducendo la vittima alla pazzia, si possa diventare ricchi, che la ricchezza o la buona fortuna della loro vittima passerà a loro: per cui questi malvagi ed avidi vanno dallo stregone commissionandogli il sortilegio e il potere di far impazzire”.
Come fa ad essere efficace un simile sortilegio? Perché effettivamente le pratiche di malocchio hanno effetto sui tribali e non (per esempio) sull’uomo bianco, come già notò l’etnologo-parapsicologo Ernesto Bozzano (1842-1943)?
In un modo molto concreto, che a che fare con l’Ubuntu.
“Mettiamo – spiega l’autore – che un uomo diabolico e influente desideri una bella ragazza e ne ottenga un rifiuto. Lui vuole vendicarsi e va dallo stregone perché manipoli le persone (della comunità) a considerarla pazza. A causa dell’influenza dell’uomo, le persone cominciano a guardare la ragazza attribuendo ogni sua azione a pazzia. Ride? Perché è pazza. Fa la spesa? Ne fa troppa, è impazzita. Va a fare il bagno? Ahah, vedete che la sua follia è ricominciata. Se cucina: guarda come sta cucinando. Tutti giudicano che fa male qualunque cosa, la guardano come matta.
http://www.afryculture.com/insanity-untold-story.html
Le uccisioni degli albini e dei gobbi
“Le persone che hanno questo tipo di disabilità in Africa sono considerate come emarginate e in molte comunità uccise. Questo li obbliga a nascondersi dalle persone, specialmente i gobbi che non escono di notte. […] Vigono credenze primitive e preternaturali ad esse collegate che fanno sì che alcuni uomini malvagi danno loro la caccia. In Tanzania, gli stregoni fanno credere di poter usare parti del corpo albino in una pozione per rendere le persone ricche o fortunate. E’ la convinzione che nel sangue, nelle ossa e nella pelle degli albini risiedano proprietà magiche. I gobbi sono anche vittime di questa credenza superstiziosa. Alcune persone pensano che la protuberanza sulle spalle possa essere usato dagli stregoni per rendere le persone ricche, quindi vengono uccise e la gobba usata per i sortilegi.
Ciò ha creato un orrendo mercato nero in cui parti del corpo di albini e gobbi possono portare da 500 a 2000 dollari. In una parte del mondo in cui il reddito pro capite è di circa $ 450 all’anno ..”.
http://www.good-and-bad-culture.com/p/bad-cultures-2.html
Le “pratiche” di Innocent Oseghale sul corpo della povera Pamela sono lì a confermare l’orrore che stiamo importando dall’Africa Nera, se non ci si rende ciechi volontari. Si noterà che lo scopo di queste operazioni è, invariabilmente, “diventare ricchi” , una scorciatoia maligna e illusoria nella società dominata dall’invidia e dall’avidità materiale.
E non ci si illuda pensando si tratti di fatti isolati e crimini occasionali. E’ un elemento onnipervasivo di una “cultura”, la cui forza e presenza ha stupito V.S. Naipaul, il grande scrittore, reporter, Nobel, che ne parla nel suo libro “La maschera dell’Africa”: resoconto di viaggio dall’Ugandaalla Nigeria, dal Ghana alla Costa d’Avorio, dal Gabon al Sudafrica nel 2010 …
“Ero convinto che nell’immensa vastità dell’Africa le pratiche magiche non fossero diffuse in maniera uniforme. Ho dovuto ricredermi. Ovunque ho incontrato indovini che “gettavano le ossa” per leggere il futuro, e ovunque ho ritrovato la stessa idea di un'”energia” da imbrigliare attraverso il sacrificio rituale. In Sudafrica la “medicina per la battaglia” [creduta rendere invulnerabili, ndr. ] è un composto fatto con parti del corpo soprattutto animali, ma anche umane. Vederlo con i miei occhi, sentirne il potere, mi ha riportato molto vicino all’inizio di tutto”.