Cosa imparare dal New Deal

di Alberto Bagnai

(MB: Bagnai recensisce  Big Debt Crises, di Ray Dalio, uno “de passaggio” che amministrando Bridgewater ha messo da parte diciotto miliardi di dollari.  Il libro sfata moltiluoghi comuni sulla crisi del 1929.   Bagnai ricava molti insegnamenti per il nostro oggi  sotto lo stivale europeista): 

[..]

Il libro considera come caso da studiare quello della crisi del 1929. Vediamo allora in dettaglio come si comportò il malvagio [presidente Herbert] Hoover, l’hayekiano liberista della vulgata per animucce belle. Dalio lo segue praticamente giorno per giorno dal giovedì nero in poi, assistendo al sua ricostruzione con una serie di estratti dai giornali e dai bollettini della Federal Reserve (la crisi del 1929 è studiata a pag. 49 del secondo volume, cioè a pag. 117 del pdf che vi ho linkato).

Dunque…

Il 13 novembre (cioè quindici giorni dopo il martedì nero), Hoover ridusse di un punto percentuale le aliquote di tutti gli scaglioni dell’imposta sul reddito, approvò un piano di spesa per costruzioni pubbliche dall’importo di 175 milioni di dollari (non un’enormità: lo 0.1% del Pil, ma non un taglio!), e incoraggiò la Fed a ridurre il costo del denaro (dal 6% al 4.5%). L’economia ripartì in tromba, ma poi un nuovo precipizio… Nel 1930 approva un incremento della spesa sociale di circa un miliardo (più dell’1% del Pil), in modo tale che nel 1931, considerando anche il calo del gettito, il deficit arriva al 3% del Pil (noi non potremmo arrivarci). I mercati reagirono positivamente, ma anche questa volta durò poco… Nel 1932, col Banking Act (il suo, non quello di Roosevelt), Hoover inaugurò di fatto un quantitative easing ante litteram (vi ho detto che è un film già visto), consentendo alla Fed di emettere moneta per acquistare titoli di Stato. Ne vennero rapidamente acquistati quasi due miliardi, i tassi scesero, l’economia ripartì, ma poi un nuovo tonfo…

Insomma: se ragionassimo secondo la vulgata (Keynes = deficit), dovremmo concludere che Hoover era anche lui un keynesiano, se pure timido, se pure con ripensamenti (che del resto, com’è noto, ebbe anche Roosevelt nel 1936). Ma allora perché ogni volta che Hoover faceva una cosa giusta, e l’economia ripartiva, poi arrivava un nuovo tonfo che portava un po’ più giù, sempre più giù, in una spirale inarrestabile?

La ragione non ve la dico: non posso mica fare tutto il lavoro io! Chi vuole leggerla se la trova scritta in grassetto a p. 132 del pdf.

Io invece vorrei dirvi un’altra cosa, quella che nessuno vi dice, e che spiega perché dopo il 1933 i tonfi verso il basso si fermano.  Insomma: se la spesa era stata aumentata, le imposte abbassate, i tassi di interesse anche, ecc., se tutto le cose “keynesiane” erano state già fatte con i risultati che vedete sopra (un nuovo giro di vite), ma come fece Roosevelt a spezzare la spirale della depressione?

La storia

Domenica cinque marzo 1933, il giorno dopo aver assunto il suo incarico, Roosevelt chiuse le banche per quattro giorni e sospese le esportazioni di oro, uscendo dal gold standard: questo fu il New Deal, questa la nuova partenza di cui l’economia americana aveva bisogno.

Sganciare il dollaro dall’oro è sttao il punto di svolta

Il danno politico ormai era fatto (vedi la notizia di spalla a sinistra): ma i risultati sull’economia si videro subito:

Come dice Dalio: “Leaving the gold peg was the turning point; it was exactly then that all markets and economic statistics bottomed… Leaving the gold standard, printing money, and providing guarantees were by far the most impactful policy moves that Roosevelt made” (p. 154 del pdf, con i grafici che dimostrano questa asserzione). Provate a tradurlo in italiano (o anche in dauno), e vedete se somiglia alla vulgata che “Roosevelt salvò la situazione con la spesa pubblica”…

La morale (anzi, il moralismo)…

Ecco: il gnudyl fu quella roba lì, quel dettaglio che tutti omettono e che quando non viene omesso passa inosservato nella retorica giornalistica del “Keynes=spesapubblica” (dettaglio che, leggendo bene, trovate anche nella fonte delle fonti): leaving the gold standard.

Naturalmente non ci fu iperinflazione, i tassi di interesse scesero, il debito (complessivo) scese di quasi 60 punti percentuali di Pil in tre anni, ecc.

Non credo che occorra aggiungere molto altro. Lo sganciamento dalla parità consentì alla Fed di emettere moneta e di ricapitalizzare le banche stabilizzando il sistema. Tutta roba che noi “moderni”, oggi, ci sogniamo, perché siamo ancora nella fase del moralismo, quella in cui ci si preoccupa di punire i banchieri cattivi e i loro comportamenti avidi o negligenti (il moral hazard), quella in cui si stabilisce una distinzione del tutto incongrua fra contribuente e risparmiatore, ecc.

Cose che sapete. E quindi?

E quindi niente, qui tutto è già stato detto.

Abbiamo trasformato quella che era l’area più prospera e pacifica del mondo nel buco nero della domanda mondiale, creando un sistema più rigido del gold standard e che può sostenersi solo con la deflazione competitiva, per qualche anno siamo andati avanti a dire che non era colpa nostra, che c’era stata la grande moria delle vacche, cioè la secular stagnation, ma ormai non ci crede più nessuno, ormai è chiaro che è stato il riportare al XIX secolo la zona più prospera del pianeta a porre una seria ipoteca sulla crescita mondiale, e tuttavia proseguiamo a vele spiegate sulla medesima strada, e va bene così, i motivi li capivo da fuori, e li capisco anche meglio da dentro. La storia ci insegna che prima o poi le correzioni arrivano, e il buon senso suggerisce che questa sarà particolarmente drastica. Uno dei motivi che la renderanno tale è proprio la natura particolarmente irrazionale dell’ordinamento che ci siamo dati. Qui non c’è una persona che da sola possa decidere, come FDR, e questo credo che dovreste sempre tenerlo presente (ma so che per molti è impossibile).

Proprio per questo, vi faccio una domanda semplice semplice, cui vi prego di rispondere anche alla luce del lieve scarto fra “fatti” e “narraFFione” che il resoconto appena fatto credo evidenzi (fra aumento della spesa pubblica – che aveva fatto Hoover – e uscita dal gold standard – che si evita di attribuire a Roosevelt – c’è una differenza, no!?): ma secondo voi, in tutta onestà, sapendo che deve succedere quello che non può non succedere, vale proprio tanto la pena di prendersene la responsabilità politica, per essere “narrati” come gli egoisti, incoscienti, nazixenofascioleghisti truci e barbari?

Noi stiamo semplicemente dicendo che le cose non funzionano molto bene, e sfido chiunque a dimostrare il contrario alla luce dei numeri. Qualcuno sa come migliorare le cose continuando a seguire regole procicliche? Siamo qui per ascoltarlo e cooperare (collaborare no: quello lo fa il PD). Ma poi, non ce n’è nemmeno bisogno: ora quelli che sanno, gli ottimati, i buoni, i democratici, gli onesti, sono al Governo: lasciamo che ci stupiscano con effetti speciali!

Certo, purtroppo noi sappiamo come andrà a finire (cioè come non può non andare a finire), e lo abbiamo detto in tutte le possibili sedi, e siamo anche abbastanza svegli da capire quando le cose cominceranno a mettersi male. Non sarà certo per colpa nostra: dieci anni senza recessione negli Usa sono un unicum: non credo che dovremo aspettare molto.

La cosa importante è che di questo inutile sperpero di risorse, di questo episodio particolarmente cupo della nostra storia, si prenda la responsabilità (come sta facendo con un’incoscienza che non è onestà intellettuale), e paghi il costo politico, chi questo sistema lo ha voluto e difeso contro ogni ragionevole evidenza, non chi come noi non lo ha voluto e ne ha argomentato scientificamente l’irrazionalità.

Paesi più accorti, meglio governati, più democratici, stanno ragionando su ogni possibile scenario, e discutono apertamente i rischi degli attuali assetti. I nostri governanti se lo impediscono, e vorrebbero impedircelo. La loro dolorosa elaborazione del lutto è ancora nella fase della rifiuto, della negazione psicotica della realtà, cui vorrebbero che ci associassimo. Ma allora la cosa migliore da fare è lasciarli lavorare e seguire le regole. Dureranno poco, per motivi oggettivi. Il resto sono chiacchiere da bar e di chi ignora i fondamentali sapremo fare facilmente a meno.

Il mondo è fuori, ed è con noi…

 

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