Un mese di dicembre, di questo 2019, che sarà tramandato ai posteri come il “mese nero della ‘ndrangheta calabrese”.
Una valanga di arresti che hanno tolto il velo, un velo molto trasparente a dire il vero, per i tanti che non hanno voluto osservare e riflettere, sulle connessioni malavitose tra politica, amministratori, discutibilissime Logge massoniche ed organizzazioni mafiose.
Stavo finendo di leggere, nei giorni scorsi, l’ennesimo libro, “L’inganno della mafia“, del Procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri e di Antonio Nicaso, giornalista e studioso dei fenomeni mafiosi, edizione Rai-Eri, quando 3000 militari delle Forze dell’ordine procedono all’arresto di oltre 300 persone: politici, ex parlamentari, amministratori, imprenditori, figure di spicco della ‘ndrangheta, ex politici.
E tra questi, come ha dischiarato il procuratore Gratteri, troviamo, l’ex parlamentare di Forza Italia, Giancarlo Pittelli, figura di primo piano e intermediario, “ex parlamentare, avvocato, massone“. Un mondo, continua Gratteri, fatto “di un coacervo di relazioni tra i ‘grandi’ della ‘ndrangheta calabrese e i ‘grandi’ della massoneria“, cioè professionisti “ben inseriti nei contesti strategici (giudiziario, forze armate, bancario, ospedaliero e via dicendo)”.
E, tra le figure di spicco della criminalità organizzata, il “boss” luigi Mancuso di Vibo Valentia
“La cosa che più mi ha impressionato in questa indagine – ha detto il procuratore Gratteri è stato il livello di permeabilità alla ‘ndrangheta dimostrato da politica e istituzioni. Fra gli arrestati c’è il comandante provinciale dei carabinieri di Teramo“.
Un’operazione eclatante che sicuramente segnerà un punto importantissimo a favore della legalità e delle Istituzioni.
Ma qualche giorno prima, della “grande retata” di Gratteri, era stato arrestato il sindaco di Villa San Giovanni, Giovanni Siclari, fratello del senatore di Forza Italia Marco Siclari, per un’indagine della Procura di Reggio Calabria.
Per la stessa indagine è stato arrestato anche il manager della Caronte, la società che gestisce i collegamenti tra la Calabria e la Sicilia.
E come se non bastasse, all’estremo Nord, vengono indagati, per voto di scambio tramite la ‘ndrangheta, il Presidente della Regione Valle di Aosta Antonio Fosson, che si dimette, mentre nelle scorse settimane avevano ricevuto un avviso di garanzia anche Laurent Viérin, assessore al Turismo e beni culturali ed ex presidente della Regione; l’assessore alle Opere pubbliche Stefano Borrello; il consigliere regionale Luca Bianchi.
Mentre il 20 dicembre, il giorno dopo il blitz di Gratteri, sempre per voto di scambio politico-mafioso gestito dalla ‘ndrangheta calabrese, viene arrestato l’assessore della Regionale Piemonte Roberto Rosso, avvocato e rappresentante di Fratelli d’Italia.
L’ordinanza della Direzione distrettuale antimafia di Torino è diretta anche nei confronti di imprenditori e di affiliati ad organizzazioni mafiose.
Un vero cataclisma.
Ma cosa dicono Nicola Gratteri e Antonio Nicaso con “L’inganno della mafia. Quando i criminali diventano eroi“?
In primo luogo denunciano, per l’ennesima volta, i film e le fiction che fanno percepire il fenomeno mafioso e i mafiosi come “un’onorata società” in cui si muovono “uomini di rispetto” pronti ad aiutare la “povera gente“, come dichiara Raffaele Cutolo in un’intervista a Enzo Biagi, trasmessa poi dalla televisione di Stato.
“La mafia composta da persone altruiste e generose, alla Robin Hood, non è mai esistita. Da quando si è cominciata a percepirla come organizzazione criminale, la mafia non ha mai guardato in faccia nessuno. Ha ucciso quando era necessario e non si è fermata né davanti alle donne, né davanti ai bambini” (pag.21. E abbondano gli esempi a dimostrazione che non esistono differenze tra “vecchia” e “nuova mafia“.
Una carrellata di prove a documentare le volte, a partire dell’Unità d’Italia, in cui la mafia, la ‘ndrangheta e la camorra diventano funzionali ai disegni della “Destra liberale e massonica” ogni qualvolta l’Unità nazionale veniva minacciata dalle forze che si ispiravano ai Borboni e che erano stati cacciati dal Meridione d’Italia. Nel 1860 per “…neutralizzare i proclami di Garibaldi che in Sicilia aveva promesso pane e terra, ma anche a difendere gli interessi dei privilegi dei latifondisti che, voltano gabbana, ma non ‘mollano’ la terra e la roba” (pag.30).
lluminante, anche per capire il “cataclisma” di questi giorni è la citazione di un passaggio di un libro di Giuseppe Gennari, pubblicato nel 2013, “Le fondamenta della città“, che troviamo a pag.33 del libro di Gratteri e Nicaso: “Il grande valore aggiunto di ogni associazione mafiosa sta nella capacità di creare un tessuto connettivo che invischia professionisti, imprenditori, politici, pubblici amministratori, direttori di banca, uomini delle istituzioni in una ragnatela inestricabile di scambi e favori reciproci“.
E’ l’avanzata inarrestabile (?) della “Linea della palma” a cui faceva riferimento Leonardo Sciascia in tempi in cui non si “doveva” parlava di mafia che, invece, iniziava la scalata verso le Regioni del Centro-Nord Italia e del Nord Europa.
“Purtroppo, non c’è stato interesse, né volontà politica: per molto tempo, le mafie sono state descritte e raccontate come se fossero un modo di essere, più che un modo di fare: qualcosa da interpretare in chiave antropologica e culturalista e non con analisi politiche, storiche ed economiche” (pag.34).
Analisi “politiche, storiche ed economiche” che troviamo in questi interessantissimo libro, ricco di riferimenti, situazioni e di consigli.
Proprio in questi giorni Nicola Gratteri, ha dichiarato: “Bisogna occupare gli spazi che noi abbiamo liberato. Questa è la sfida da oggi, se vogliamo davvero cambiare le cose”.
Appello rivolto alla società civile. Ad ognuno di noi.