Gli Stati Uniti hanno quasi completato la costruzione di una base aerea nel Nord della Siria, nella zona sotto controllo curdo, e un secondo sito, ad uso civile-militare, è in cantiere: lo rivela BasNews, sito d’informazione kurda con sede nel Kurdistan iracheno.
Naturalmente, gli americani (precisamente Centcom, il comando militare che è responsabile della zona) hanno smentito: le nostre forze non controllano alcuna base aerea in Siria.
Grave dilemma: a chi credere? Al Grande Alleato che ha fatto della doppiezza il pilastro della sua politica in Siria, oppure al sito curdo?
BasNews si basa su un responsabile militare delle Forze Democratiche di Siria (SDF) un’alleanza (se vogliamo chiamarla così) di combattenti kurdi e di gruppi armati arabi uniti nella lotta contro lo Stato Islamico. La pista quasi finita è a Rmeilan, regione di Hassaké, non lungi dalle frontiere di Turchia e Irak. L’altro cantiere è a sud-est di Kobani, alla frontiera turca. Secondo la stessa fonte, dozzine di esperti e tecnici Usa sono implicati nei progetti .
A fine gennaio s’era visto arrivare nella zona il rappresentante speciale di Obama, Brett McGurk, per valutare i progressi delle forze curdo-siriane contro i jihadisti dello Stato Islamico. Il suo elicottero – ovviamente senza chiedere autorizzazione al governo legittimo di Damasco – s’è posato a Rmeilan, base aerea che già allora dicevano le fonti curde, “è utilizzata per i trasporti logistici degli elicotteri americani”. Del resto già da settimane diverse fonti, fra cui il sedicente “Osservatorio Siriano per i Diritti Umani” (che nella realtà è una persona sola: un tizio che vive a Coventry in Gran Bretagna, si chiama Rami Abdulrahman (1) ed è un fanatico oppositore di Assad, che accusa continuamente di crimini di guerra: un asset dei servizi britannici), avevano parlato di lavori di ampliamento della suddetta base da parte di forze speciali Usa ed esperti. Già quelle rivelazioni erano state smentite dal Pentagono. Altro dilemma: se l’Osservatorio per i Diritti Umani mente quando assicura che gli americani stanno costruendo la base i zona kurda della Siria, perché invece gli si deve credere quando “documenta” i massacri e le mostruosità delle truppe di Damasco prese come oro colato dai media?
Ci sentiamo di arrischiare una ipotesi: sì, i militari Usa stanno costruendoo queste basi in territorio siriano sotto il controllo dei kurdi. Loro amici, a cui hanno da tempo (con Israele) promesso un stato ritagliato da Siria, Irak e Tuchia). Ma questo li mette in rotta di collisione con Erdogan. O è con il suo accordo che fanno questo? Come si vede dalla carta, le nuove basi Usa sono a ridosso della zona di esclusione-voli fortemente voluta da Erdogan per salvare i suoi complici del Califfato dai bombardamenti russi. Magari è una manovra per creare la zona di esclusione? Anche gli Usa hanno bisogno di salvare i loro amici di Al Nusra e quelli del Califfato che hanno così amorevolmente addestrato, e poi per un anno e mezzo “bombardato” di rifornimenti con gli aerei decollati dalla vicina Incirlik. In che posizione li mette con Mosca? Una tripartizione di fatto della Siria può essere accettabile dai russi, a quanto pare.
A meno che la rivolta degli abitanti di Rakka, l’auto-proclamata capitale del Califfato, contro gli stessi uomini del Califfo, non cambi ancora le carte in tavola. Sempre che la notizia sia vera, alla gente di Rakka si sono uniti 200 jihadisti disertori , ed insieme hanno “liberato” diversi quartieri innalzandoci sopra la bandiera nazionale; sono anche riusciti a mettersi in contatto con le truppe governative: “Siamo con voi! Libertà!”, eccetera. Sono voltafaccia utili per salvare la pelle, quando si è perso.
Ma Renzi ha capito il gioco
La vicenda può essere di qualche utilità per quanto riguarda il nostro “impegno” in Libia, fortemente voluto dagli Usa e dai nostri liberissimi media mainstream. L’ambasciatore Phillips ha fatto un fischio al Corriere che è accorso: “L’Italia può mandare 5 mila uomini. Abbiamo bisogno di altre basi, e del Muos…”. Era appena arrivata la notizia dell’uccisione dei due tecnici della Bonatti a Sabratha. Sicché un nostro lettore ha subito collegato: ecco il casus belli che ci spingerà ad andare alla guerra in Libia, era tutto combinato, Renzi si butterà come vogliono gli americani. Giornali e siti alternativi hanno addirittura titolato su questo complotto, accusando in anticipo Renzi di andare alla guerra per conto degli Usa.
Lettori, il complottiamo non è per dilettanti. E’ accaduto proprio il contrario di quel che immaginava il lettore: due italiani ammazzati non hanno precipitato il fiorentino ad eseguire. Anzi, ha espresso fastidio per le pressioni dell’ambasciatore,: “Oggi non è all’ordine del giorno una nostra missione militare in Libia. Vedo gente che dice mandiamo 5 mila uomini: cos’è, un videogioco? Accelerazioni irresponsabili”. Ed ha ricordato la Francia, “che ha avuto la bella idea di programmare un intervento senza pensare al dopo”.
Ciò non piacerà a tutti coloro che amano odiare Matteo (e sono tanti), ma lo devono ammettere: non ha scodinzolato a Washington. S’é dimostrato anche infastidito del rozzo pressing del diplomatico. Anzi, ha fatto peggio: ricordato che a giugno andrà a Mosca a vedere Putin, che spera di coinvolgere nella soluzione del problema-Libia: la data è in coincidenza con lo spirare ufficiale delle sanzioni europee contro Mosca per la Crimea. Un segnale chiaro e irritante per gli Usa; pochi giorni fa il vicepresidente Joe Biden aveva detto che “siamo noi a decidere quando gli europei devono cessare e sanzioni alla Russia”.
In questa presa di posizione entrano elementi anche imponderabili. Ma evidente il fallimento della UE secondo Merkel, sancito dall’arroganza di Erdogan che ricatta la Mutti disperata e ricatta un’Europa in piena fratturazione politica, può aver convinto che è il momento dove ognuno deve badare ai suoi interessi. C’è il prestigio acquistato da Putin come energico ma affidabile solutore nel conflitto in Siria, che tanto contrasta con l’ambiguità Usa. C’entra forse meno il coraggio del nostro premier che la sensazione del fallimento della politica americana neocon in Medio oriente, ormai resa illeggibile dall’occulto filo-islamico (da sospetto Fratello Musulmano) di Obama in uscita , e non ci convenga più tanto obbedire mentre ci vuol far infilare le mani nel nido di scorpioni, dove le complicità americane quel che chiamiamo “Isis in Libia” sono note ai nostri servizi (ricordiamo l’ambasciatore ucciso durante una trattativa per mandare armi degli arsenali libici ai terroristi siriani, mal guidata dalla segretaria di Stato, Clinton). Forse è venuto il momento in cui i vassalli sentono che obbedire al padrone è diventato almeno altrettanto pericoloso che disobbedirgli? Vedremo, l’azione è in piena evoluzione. Ma viviamo tempi interessanti.
Note
1 ) per l’Osservatorio, http://www.vietatoparlare.it/cose-losservatorio-siriano-per-i-diritti-umani-a-cui-si-riferiscono-tutti-i-media/