C’è il l’epidemia, vecchi muoiono intubati e soli, la gente chiusa nelle case perde reddito e molti hanno di fronte lo spettro della miseria, collassa il sistema, tuonano guerre alla porta di casa, domina nelle burocrazie sovrannazionali la più assoluta assenza di solidarietà umana e di pietà, la Chiesa ci ha chiuso l’ Eucarestia – e pochi preti e vescovi che parlano pubblicamente, sentono l’urgenza di premettere: “Dio non punisce!” Dio non manda i castighi”.
L’ho sentito dire a Radio Maria, stasera, anche ad un vescovo stimabile e credente: è importante capire che “il Padre non punisce””. E non ne posso più: che nostalgia dei tempi in cui i parroci mettevano in guardia contro l’ira di Dio! Che l’avevamo sfidato, stancato! Almeno risvegliavano qualche coscienza. E onoravano Dio e la sua bontà di questi che – come fosse la cosa più urgente nell’epidemia – si affrettano a dire che Lui “Non punisce”. Ovviamente trascurando il fatto che il Dio che”non punisce” è anche il Dio cui è inutile chiedere perdono, implorarlo che allontani la pestis. E’ un Dio del tutto superfluo. Nemmeno da pregare. Non a caso questi ci hanno chiuso le Messe per tenerci in salute – e perché c’è il rischio che nelle Messe, tanto è l’affollamento delle chiese d’oggi, ci infettiamo.
Questa urgenza a negare che Dio punisca, rivela concezioni rozze e puerili, fatte per bambini da non impressionare – che non hanno alcun riscontro nei Vangeli.
Come più matura e feconda la concezione buddhista del Karma. Che avverte: ogni tua azione ha conseguenze, e questa è legge oggettiva e impersonale, “giustizia immanente che non è altro che l’equilibrio dell’universo”. Con la nascita umana, sei inserito in un ordine preciso e vastissismo – nazionale, sociale, familiare, un dato momento della storia, l’universo, siderale persino, che è il risultato di innumerevoli azioni (karma) avvenute e che stanno avvenendo, e provocano conseguenze. E si uniscono alle conseguenze delle tue azioni, e a quelle di tutti coloro che, da vicino come da lontano, agiscono con le loro azioni e conseguenze su di te..
L’importante è accettare che questo ordine è un sistema in equilibrio oggettivo – non morale, ma una bilancia cosmica che “dà quello che spetta”, oggettivamente perfetta in questo. Un esempio banale forse troppo: ho dimenticato di rabboccare l’olio, e dopo qualche chilometro la mai auto si ferma, motore grippato. Ho bisogno di affrettarmi a smentire che è stato Dio a punirmi? No. Tuttavia è utile riconosce che sono stato un cretino. In altre parole, “è stata colpa mia”. Non “colpa” in senso morale (anche se…) ma meccanico e impersonale.
Così, se se fumo 80 sigarette al giorno, non mi devo scandalizzare se poi mi viene il K polmonare.
Nel Vangelo, il buonismo pretesco ama citare la parabola del figliol prodigo: il Padre lo vede da lontano, gli corre incontro, lo riveste, ammazza il vitello grasso – lo aspettava da sempre, e non lo condanna; vedete, il Padre non punisce.
Ma il punto è che il figlio, consumando la sua parte con le prostitute, è finito a fare il guardiano di porci e desiderare le carrube dei maiali. Per il suo comportamento (karma) ha subito una conseguenza oggettivamente sgradevole, umiliante e disperata. La fame. L’essenziale è che lui, ora, riconosce che questo che subisce è giustizia immanente.
E si riconosce indegno di essere di nuovo chiamato figlio. Non pretende più “la sua parte”, come quando partì. Trattami come uno dei tuoi servi, Padre.
E’ solo così, con quello che noi cristiani chiamiamo preliminare “pentimento” – che si rompe la ruota del Samsara, la catena del Karma, e si entra nella casa del Padre. Casa che sta fuori e sopra l’ordine immanente del cosmo, della natura. Dove tutto è possibile, anche ottenere che la pestilenza scompaia.
Nell’atto di abbandono di don Dolindo, c’è un passo molto profondo che esprime la legge del karma in termini teologici: “Io spargo tesori di grazie quando voi siete nella piena povertà! Se avete vostre risorse, anche in poco, o se le cercate, siete nel campo naturale, e seguite quindi il percorso naturale delle cose, che è spesso intralciato da satana”.
Il campo naturale è la catena del Karma, la concatenazione di azioni e conseguenze delle azioni, delle inarrestabili infinite circostanze concrete (potere, ricchezza, salute ,malevolenza, giudici ingiusti, “i trucchi della politica”) che condizionano e intralciano.
Bello ciò che aggiunge Don Dolindo: “Nessun ragionatore o ponderatore ha fatto miracoli, neppure fra i Santi. Opera divinamente [ossia fa miracoli] chi si abbandona a Dio”.
La colpa è della globalizzazione: quindi anche mia.
Il figlio prodigo è un caso semplice, perché mostra la sanzione (imparziale, impersonale) al comportamento individuale. La pestilenza, come la guerra e la fame, tutto ciò che è collettivo, implica colpa collettiva.
Non è affatto strano. Ormai anche i commentatori televisivi e persino i politici da talk show riconoscono che il coronavirus è una conseguenza, genericamente, della globalizzazione. Possono vedere che le difficoltà di curarla che incontriamo sono conseguenze delle de-localizzazioni dei processi produttivi più assurde, per cui il capitalismo per malvagia sete di profitto ha spostato in Cina anche la fabbricazione dei principi attivi dei medicinali, che non sappiamo più fare, e persino le maschere chirurgiche. Non si fatica ad ammettere che anche la miseria che ci attende è l’effetto della globalizzazione ultracapitalista che ci ha precarizzato, ridotto i salari, indebitato per compensare l’abbassamento dei salari e mantenere i consumi spesso superflui, voluttuari e viziosi (droga, discoteca, porno…).
C’è qui una immensa colpa collettiva, il mantenimento di un sistema non-sostenibile e iniquo, che salta agli occhi. Il che significa: quel che avviene, è “esattamente ciò che spetta”, che l’umanità di questi decenni, di questo periodo storico, “si è meritata”.
E già qui i commentatori tv e i politici da talk show non sono più d’accordo: “voi” l’avete meritato con le vostre scelte, “noi no”. Lasciamoli avvoltolarsi nelle loro polemiche, “il campo naturale delle cose”, il gomitolo arruffato e inestricabile del samsara.
Quello che devo chiedermi, personalmente, è: fino a che punto sono partecipe, io, della colpa collettiva? Sì, ho “lottato” contro il Sistema, ideologicamente. Ma ho goduto delle sue “libertà” e opportunità, per esempio sessuali. Ho avuto più auto del necessario. Più vacanze di chi non se le poteva permettere. Sono stato parzialmente tra i favoriti del sistema, il che significa che ho sottratto qualcosa agli sfavoriti. Ho preso stipendi non guadagnati? Ossia – in fondo- ho sottratto a chi meritava di più? Magari al contadino siciliano a cui le arance sono state pagate una miseria dalla grande distribuzione? Nella società del denaro (che “comanda lavoro”) la questione del lavoro e del salario, è una delle più decisive nell’ordine cosmico e metafisico. Siccome “ogni lavoro viene compensato” (se non di qua, di là) io ora che prendo una pensione buona, cerco di guadagnarmela lavorando in questo blog. Per questo il reddito di cittadinanza senza obbligo di lavoro o di studio, è una rovina per chi lo riceve, perché ha conseguenze. Di qua e di là.
Ho votato contro il divorzio e l’aborto: ma è stato abbastanza? No, perché sono (come tutti) contribuente del sistema sanitario che fa gli aborti, sono dunque acquiescente e complice. Quale sarà la conseguenza che colpirà me personalmente, non so. Ma so che la nube nera della colpa collettiva che ha prodotto il coronavirus e un governo che ha fatto collassare l’Italia, me la sono procurata per la mia parte.
Così come la Comunione chiusa, cosa mai avvenuta nella storia, proprio davanti alla pestilenza, segno apocalittico davanti al quale i preti dicono che “Dio non punisce”, so che l’ho meritata, con le mie Comunioni distratte e senza onore, qualche volta sacrileghe.
Non è punizione. Ma è risultato oggettivo di azioni e comportamenti (karma) di concittadini e stranieri, di Stati ed enti sovrannazionali – in cui c’è anche una mia parte. E adesso soffriamo tutti , più o meno, le conseguenze pestilenziali: poveri e ricchi. Sono la giustizia immanente. La bilancia cosmica che “dà quello che spetta”, adesso ci priva della salute e delle paghe, e delle sicurezze e dei piaceri delle “libertà” e del “benessere” senza Dio.
La cosa che dovrebbero dire i vescovi, quelli che ancora ci credono, non è “il Padre non punisce”. Dovrebbe essere invece: pestilenza e miseria non finiranno, l’Eucarestia vi sarà negata, fino a quando non vi riconoscerete, come il figliol prodigo, non più degni di esser chiamati figli. Quanto più tardate a mettervi in cammino verso Casa, tanto più durerà il guaio collettivo. Prima vi riconoscete colpevoli per la vostra parte del flagello, tanto prima cesserà il flagello. Solo il Padre può salvarvi da quel che avete – che abbiamo – meritato.