Domani a Messa rimanendo cattolici, nonostante tutto
Paolo Gulisano
Oggi è l’ultima domenica senza Messe pubbliche, con concorso di popolo. La sospensione l’aveva decretata lo Stato, e lo Stato ha sempre ragione, ci hanno detto i Vescovi. Che i fedeli zelanti e tanto affamati dell’Eucaristia se ne facessero una ragione, e la smettessero di disturbare i manovratori che agiscono per il bene della salute.
Da domani si ricomincia, timidamente, con le Messe feriali, come una sorta di sperimentazione a piccoli passi. Si ricomincia in un clima di paura, che è ormai il volto caratteristico della Chiesa al tempo del Covid. Una paura che in realtà ha origini più lontane, e profonde. Venticinque anni fa, poco prima di morire, il grande giornalista francese Andrè Frossard, un appassionato convertito, scriveva in una sorta di testamento spirituale queste parole: “Sì, il cristianesimo è morto, in molti sensi, ma si è dovuto attendere il ventesimo secolo per vederlo morire di paura. Di paura davanti al mondo. Il mondo vuole un cristianesimo smorto e pusillanime, ansioso di ottenere diritto di cittadinanza in una società che lo disprezza”.
Il giudizio di Frossard è terribilmente vero, ed oggi, a venticinque anni di distanza, corrisponde pienamente alla realtà. Il mondo ha ottenuto proprio quello che voleva: un cristianesimo tremebondo e soprattutto ridotto a mendicare un proprio ruolo nel Mondo Nuovo, un ruolo sempre più marginale, utilizzato ma in un’ultima analisi disprezzato.
Da domani quindi la Chiesa ottiene la libertà vigilata, e col benestare restrittivo del potere (che può essere ritirato in qualsiasi momento) torna ad incontrare nello scenario surreale delle Messe biocompatibili il popolo dei fedeli, a lungo lasciati privi dei Sacramenti. Non tutti, però. Ed è doveroso rivolgere un grande ringraziamento a tutti coloro, sacerdoti e laici, che nel tempo della cattività sono stati i protagonisti delle Messe clandestine. Un fenomeno sotterraneo, ovviamente, ma notato anche dalle autorità ecclesiastiche, tanto che ne aveva parlato con stizzito fastidio anche il quotidiano della Conferenza Episcopale. Messe che sono state oggetto di profanazione – come sappiamo – di irruzioni poliziesche, di pubblici linciaggi mediatici.
I protagonisti di queste Messe invece sono stati degli autentici eroi: ribelli per amore, per amore di Cristo.
Messa clandestina, celebrate in disobbedienza ai dettami vescovili ma in obbedienza al mandato di Cristo. Era accaduto così anche secoli fa in Inghilterra, quando di fronte agli ordini del Re l’episcopato aveva obbedito, con la sola eccezione del vescovo di una piccola diocesi, Rochester, di nome John Fisher. E così da un giorno all’altro, pur restando il rito ancora molto simile, il popolo fedele si era ritrovato a far parte di una chiesa “altra”: la Ciesa di Stato, la Chiesa Anglicana. In seguito sarebbero arrivati tutti i vari cambiamenti liturgici.
Ma nelle chiese che hanno accolto il piccolo gregge irriducibile, non c’è stato posto per questi pensieri, per queste considerazioni storiche: c’è stato posto solo per la commozione. Messe piane, sottovoce, senza canti, per non attirare l’attenzione all’esterno, come quelle che si celebravano in Messico durante la Cristiada, come quelle che si celebravano oltre la Cortina di Ferro prima della caduta del Comunismo. Messe toccanti, celebrate con intensità dai sacerdoti, e partecipate dal piccolo gregge con la consapevolezza di essere lì a ricevere il Vero Corpo di Cristo, inginocchiati davanti ad un Tabernacolo, e non in poltrona davanti ad uno schermo televisivo.
Queste Messe clandestine hanno tenuto accesa una tenue luce di speranza, la speranza di poter rimanere cattolici nonostante tutto.
Don Samuele Pinna, sacerdote e teologo discepolo del grande cardinale Giacomo Biffi, in un suo recentissimo libro (Dalle lettere di don Augusto, Edizioni Ares) fa parlare un anziano parroco immaginario – ma non troppo – che con lo stile di don Camillo ha la buona abitudine di parlare con il Signore. “Davanti a un mondo al contrario cosa possiamo fare?” si chiede don Augusto, e la risposta è semplice e allo stesso tempo impegnativa: Rimanere liberi e fedeli.
Questo è il compito e la missione che ci attende da domani. Da sempre, in realtà: affrontare senza paura un mondo che ci disprezza restando liberi e fedeli. Liberi di aderire alla Verità che è Cristo, una Verità che ci fa liberi. Una libertà che dobbiamo salvaguardare con passione.
Forse questo ci costringerà a rientrare nella clandestinità, di fronte ad eventuali ulteriori giri di vite, o forse invece il seme salvato e ripiantato potrà dare buoni frutti.
A noi tocca la battaglia, ma Cristo ha già vinto.
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