Come ora è noto, fu dopo le cinquanta autopsie che il gruppo di medici lombardi scoprì e rettificò l’errore di diagnosi. Siccome non mi era ancora chiaro da chi fosse venuuto il divieto – dal ministro Speranza, ossia dal potere esecutivo? Dalla Procura di Milano, ossia dal giuidiziario?, l’ho chiesto per mail al dottor Stefano Manera, il primo che nel famoso tweet segnalò l’errore di diagnosi. Ecco la sua risposta:
“La circolare diffusa il 2 aprile a tutti gli ospedali italiani dal Ministero della Salute retto da Roberto Speranza, diceva: “Per l’intero periodo della fase emergenziale non si dovrebbe procedere all’esecuzione di autopsie o riscontri diagnostici nei casi conclamati di Covid-19, sia se deceduti in corso di ricovero presso un reparto ospedaliero sia se deceduti presso il proprio domicilio“.
Questa indicazione ministeriale risale già all’inizio dell’epidemia perché gli ospedali autorizzati ad eseguire autopsie erano solo quelli dotati di sala autoptica con requisiti di sicurezza elevati (ospedale Sacco, PGXXIII, Spallanzani…).
Questa indicazione è stata interpretata ed utilizzata come divieto nel marasma gestionale.
Tutte le autopsie, tranne «quelle indispensabili», non erano da eseguire, lo comunicó il procuratore di Milano, Francesco Greco, in una circolare interna nella quale motiva a la decisione con «ragioni di sicurezza».
C’era tra l’altro anche il problema del luogo in cui sarebbero dovute essere svolte, ossia l’ospedale cittadino Sacco, che risultava «già oberato» a causa del virus che aveva colpito soprattutto la Lombardia.
La decisione fu presa su esplicita richiesta dell’istituto di Medicina Legale.
La saluto cordialmente e rimango a sua disposizione per ogni ulteriore chiarimento.
Dott. Stefano Manera
Grazie, dottore
Aggiungo l’intervista fattagli da Massimo Mazzucco: