Di Giuseppe Reguzzoni
Robert Spämann è forse il massimo filosofo cattolico vivente di lingua tedesca. Amico personale e, a suo tempo, collega di insegnamento, di Josef Ratzinger, non ha nascosto in alcuni recenti interventi il suo aperto dissenso con la linea Bergoglio. Dapprima, in un intervento su Herder Korripondenz, ha accusato Bergoglio di erigere lo spontaneismo a sistema di governo, sulla base di quello che ha apertamente definito un grave deficit culturale: «“Il suo culto della spontaneità non sta aiutando. In Vaticano, molte persone stanno già sospirando ‘oggi ha un’idea ancora diversa rispetto a quella di ieri’». Recentemente Spämann ha preso le distanze anche dall’immigrazionismo esasperato, condiviso da Frau Merkel e dal Papa, sottolineando che esiste un limite di proporzionalità, imposto dalle capacità reali di accoglienza. Buon senso, come si vede, in interventi tutt’altro che radicali. Ieri, però, sulle pagine di diversi organi di informazione è cominciata a circolare un’intervista sull’Esortazione Apostolica “Amoris Laetitia” che imprime al dissenso dell’illustre pensatore tedesco una svolta ben più forte e incisiva: http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it
A proposito della Amoris Laetitia, Spaemann parla, senza mezzi termini, di „Bruch“, di rottura con la tradizione della Chiesa, «evidente a chiunque sia ancora capace di pensare», e rovescia su Bergoglio l’accusa di fariseismo, ricordando anche, con forza, che la Chiesa deve predicare a TUTTI la conversione: «La Chiesa, per parte sua, è obbligata a predicare la conversione e non ha il potere di superare i limiti esistenti mediante l’amministrazione dei sacramenti, facendo, in tal modo, violenza alla misericordia di Dio. Questa sarebbe orgogliosa protervia.
Pertanto, i chierici che si attengono all’ordine esistente non condannano nessuno, ma tengono in considerazione e annunciano questo limite verso la santità di Dio. È un annuncio salutare. Accusarli ingiustamente, per questo, di “nascondersi dietro gli insegnamenti della Chiesa” e di “sedere sulla cattedra di Mosè… per gettare pietre contro la vita delle persone” (art. 305), è qualcosa che nemmeno voglio commentare. Si noti, solo per inciso, che qui ci si serve, giocando su un fraintendimento intenzionale, del passo evangelico citato. Gesù dice, infatti, sì, che i farisei e gli scribi siedono sulla cattedra di Mosè, ma sottolinea espressamente che i discepoli devono praticare e osservare tutto quello che essi dicono, ma non devono vivere come loro (Mt 23, 2)».
Qui, però, il punto non è solo quello dottrinale, già ampiamente chiarito nell’Intervista, ma quel che sta avvenendo nella Chiesa che Spämann riassume in due punti sostanziali:
- « Crescono incertezza, insicurezza e confusione »;
- «Ogni sacerdote che si attenga all’ordinamento sacramentale sinora in vigore potrebbe subire forme di mobbing dai propri fedeli ed essere messo sotto pressione dal proprio vescovo. Roma può ora imporre la direttiva per cui saranno nominati solo vescovi “misericordiosi”»
Con queste due constatazioni Spämann dà voce non più alle preoccupazioni, ma alle paure ampiamente diffuse nelle diocesi lingua tedesca.
Chi non approva, licenziato
Il “mobbing della misericordia” è già da tempo un dato di fatto, in un contesto in cui la Chiesa cattolica è a tutti gli effetti un datore di lavoro (in Germania è il secondo, dopo la Federazione), con potentissime capacità di ricatto sui suoi dipendenti. Nei consultori, negli ospedali, nelle parrocchie non tutti condividono la linea Kasper – Bergoglio e questa minoranza sta rischiando sulla propria pelle.
In breve: Medici, insegnanti, parroci che non condividono la linea Kasper – Bergoglio perdono lavoro e commissioni (in Germania la Chiesa è datore di lavoro).
Il clima di “misericordia” che si sta diffondendo dove dominano i “progressisti” è quello così ben descritto a proposito del Vaticano di Bergoglio in un articolo del vaticanista svizzero Giuseppe Rusconi: « “Francesco resta con il cuore e con la mente arcivescovo di Buenos Aires. Tutto a posto… se non fosse che da due anni è vescovo di Roma e dunque papa della Chiesa universale…”. Chi ci parla è un ecclesiastico d’esperienza, d’aspetto giovanile, mai conosciuto come ‘estremista’, parola che oggi troppo facilmente il sistema massmediatico dominante associa tout court a ‘conservatore’. E’ semplicemente un curiale, un membro di quella Curia oggi vilipesa indistintamente come ai tempi di Lutero. La novità è che anche il Papa regnante ci mette del suo e l’ultimo discorso natalizio di papa Francesco alla Curia, il 20 dicembre scorso, non è stato ancora digerito dalla grande ‘pancia’ vaticana. In quell’occasione Jorge Mario Bergoglio aveva elencato non meno di quindici ‘malattie’ ecclesiali, ma – data l’occasione – soprattutto curiali: tra di esse l’ “Alzheimer spirituale” (il “declino progressivo delle facoltà spirituali”), il “martalismo” (l’eccessiva operosità come quella di Marta, sorella di Maria e di Lazzaro), il “terrorismo delle chiacchiere”.
A quasi cinque mesi di distanza quel discorso continua a bruciare: “Se qualcuno avesse avuto il coraggio di alzarsi dalla sedia durante l’elencazione e lasciare la Sala Clementina, penso che ce ne saremmo andati tutti o quasi, destra e sinistra, giovani e anziani”, osserva con puntigliosa amarezza il nostro interlocutore. Non senza raccomandarsi ancora: “Che non esca il mio nome! Posso star sicuro?”». Solo un piccolo assaggio di quel che si nasconde dietro il teatro gesuitico della spontaneità e dell’apparenza: il peggior sistema autocratico che si ricordi da secoli, non da anni, basato, tra l’altro, non tanto sulla repressione aperta (quella è usata solo su bersagli inermi come i Francescani dell’Immacolata), ma su sotterfugi e piccole furbizie levantine. Una voce profonda della Curia romana, legata a una delle più importanti riviste cattoliche contemporanee, non ha nascosto l’ira del card. Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede: gli sarebbe stato sottoposto un testo ben più innocuo della «Amoris Laetitia», ben diverso da quello pubblicato.
Alla faccia dell’apertura, la Sala Stampa Vaticana è ormai accessibile solo a “Vaticanisti” addomesticati e tendenzialmente adulatori. Ne sa qualcosa il povero Sandro Magister, liquidato senza “misericordia” dal gesuita Lombardi (che qui non ha applicato alcuna casistica). C’è paura tra chi non appartiene al nuovo giro: inutile nascondersi; e come in tutti i sistemi totalitari le vittime rischiano ancora di più proprio perché tacciono e si fanno piccole piccole.
La conseguenza è un centro della Chiesa ormai double face, dove nella pratica si nega ciò che si afferma in teoria, contraddicendo apertamente quel che doveva essere il programma principale di questo pontificato. Diciamolo con le parole di Spämann: «Una cosa, però, mi sembra sicura: quel che sembrava essere l’aspirazione di questo pontificato – che la Chiesa superi la propria autoreferenzialità, per andare incontro con cuore libero alle persone – con questo documento papale è stato annichilito per un tempo imprevedibile. Ci si deve aspettare una spinta secolarizzatrice e un ulteriore regresso del numero dei sacerdoti in ampie parti del mondo. Si può facilmente verificare, da parecchio tempo, che i vescovi e le diocesi con un atteggiamento non equivoco in materia di fede e di morale hanno il numero maggiore di vocazioni sacerdotali. Si deve qui rammentare quel che scrive san Paolo nella lettera ai Corinti: “Se la tromba emette un suono confuso, chi si preparerà alla battaglia?” (1 Cor 14, 8)».
La tromba emette un suono confuso, e non da oggi, ma oggi la confusione sovrasta ogni altra chiamata. Sorgono, allora, le domande su come sia stato possibile arrivare a questo punto. I bravi cattolici sono in crisi, perché educati a vedere nel Santo Padre il Vicario di Cristo, ma Bergoglio si è sempre e solo presentato come il Vescovo (principe?) di Roma e, dunque, almeno da questo punto di vista ha contribuito a sollevare le coscienze. Non si pronuncerà ex cathedra, su questo possiamo stare tranquilli. È su tutto il resto, in questi tempi ultimi e ambigui, che non possiamo stare tranquilli e, per quanto ci è possibile, nemmeno zitti. Non possumus non loqui.
Der Antichrist
Uno scritto ancora sconosciuto in Italia, L’Anticristo (Der Antichrist) di Reinhard Raffalt, si conclude con un’immagine enigmatica e terribile. Raffalt, che era un uomo di grande cultura (già direttore della Biblioteca Germanica di Roma e raffinato storico dell’arte), scrisse questo suo breve saggio negli anni immediatamente successivi il Concilio. Non vogliamo dire troppo sui suoi contenuti, perché il volumetto è in fase di traduzione italiana, ma, poco prima della sua conclusione, l’Autore ricorda la “pergula”, la colonna tortile un tempo venerata presso San Pietro che, secondo un’antica tradizione, sarebbe una colonna del tempio di Gerusalemme, ormai decaduto, trasportata nel nuovo tempio, San Pietro appunto. Essa sarebbe l’unica colonna sopravvissuta all’antico Tempio e avrebbe ispirato il Bernini nella produzione delle quattro colonne del baldacchino che copre la tomba dell’Apostolo. Tale Colonna fu chiamata “santa”, perché su di essa, secondo la tradizione, soleva appoggiarsi Gesù Cristo quando predicava nel Tempio. E per questo motivo era oggetto di venerazione e veniva anche usata come luogo di esorcismi, tant’è che era popolarmente detta «Colonna degli ossessi». Dal 1965, quando questo tipo di oggetti d’arte hanno cominciato a non essere graditi alla nuova sensibilità conciliare, questa colonna si trova nel Tesoro della basilica, nella Sala della Colonna.
Ricoprendone la struttura originaria con delle decorazioni in forma di tralci di vite, si voleva sottolineare che il Nuovo Testamento comprende, spiega e rinnova l’Antico. Raffalt si chiede: «Se l’Anticristo dovesse apparire, in un tempo a noi ignoto, non potrebbe forse scegliere proprio quel baldacchino come scena in cui porre se stesso sopra Dio e rovesciare l’Alleanza?», riportando l’Antica al centro e subordinando ad essa la Nuova? Non siamo cospirazionisti e non vogliamo parlare a vanvera dell’Anticristo, meno che meno offrire ghiotte opportunità alla faciloneria modernista, e quindi evitiamo qualunque sovrapposizione a qualsivoglia personaggio. Qualcosa si sta preparando. Non c’è ancora, ma si sta preparando. Che sia in atto un ribaltamento tra l’Antica e la Nuova Alleanza è cosa, però, abbastanza evidente. Anche il beato card. Newman, peraltro, accennando a questa figura apocalittica aveva scritto che essa avrebbe preso le mosse dal Vaticano, che, del resto, e grazie al cielo, non è un articolo di fede. E della fede la Chiesa gerarchica è custode, non padrona. Quello sarebbe, appunto, l’Anticristo.