Il Washington Post ha distaccato 20 giornalisti – un battaglione – in una missione precisa: scavare nel passato di Donald Trump, per trovare qualcosa di scandaloso e vergognoso che ne arresti l’avanzata alla Casa Bianca. Per l’operazione, che è stata comandata dal nuovo padrone del giornale, Jezz Bezos (il fondatore capo di Amazon) si è richiamato in servizio il vecchio Bob Woodward (73 anni) celebre per aver rivelato la scandalo Watergate che portò alle dimissioni del presidente Nixon. “Ci sono un sacco di cose che non sappiamo”, Woodward ha spiegato alla convention degli imobiliaristi (National Association of Realtors). “Faremo articoli su ogni aspetto della sua vita. Faremo un libro”. La sede della rivelazione non deve stupire: Trump è essenzialmente un immobiliarista, e sulle sue transazioni immobiliari a New York si concentrerà anzitutto il battaglione di scavatori. “Il mondo immobiliare a New York è più complicato della Cia”, ha scherzato Woodward.
Woodward è glorificato da Hollywood e dal mainstream per l’attacco a Nixon che sferrò tenacemente con il collega Carl Bernstein, scatenati dal Washington Post, spesso basandosi sulle rivelazioni di una ‘gola profonda’ mai identificata, un traditore vicinissimo al presidente.
Nixon attribuì sempre le sue disgrazie alla “Jewish Kabal”. Woodward è uno specialista in assassini politici (character assassination, si dice in America), quindi la scelta è giusta.
Va’ ricordato che Woodward non ha usato nemmeno un briciolo del suo letale zelo giornalistico contro il presidente Bush jr. Anzi, forse perché questo presidente ha lanciato gli Usa nelle guerre per Israele, ne è diventato uno dei più stentorei lecchini. Ha cercato di dipingere Dubya come un Napoleone, in Bush at War (esaltazione delle fulminee decisioni prese da Dubya subito dopo l’11 Settembre: attaccare l’Afghanistan) e Plan of Attack, su come il fulmine di guerra Dubya decise di invadere l’Irak. Solo nel 2006 Woodward, ormai la missione era compiuta, s’è corretto riconoscendo che Bush negava che il rovesciamento di Saddam aveva affondato quel paese nel caos: ed ha pubblicato State of Denial. Tutti libri, quelli da lecchino e quelli no, ugualmente laudatissimi dal mainstream. E tutti best-seller.
Non è del tutto chiara questa mobilitazione estrema del Washington Post, quando ormai sembra (sembra) che il partito repubblicano si sia rassegnato a compattarsi attorno al candidato che “non” ha scelto, ma che è stato imposto dalla base, Donald Trump. E’ un colpo di coda tardivo? Una iniziativa privata di Bezos? C’è qualcos’altro? Difficilissimo da dire, in un momento della campagna in cui le rivelazioni scandalistiche e gli spifferamenti senza esclusione di colpi diventano decisivi e pericolosi per le “gole profonde”.
C’è già un morto. “Suicida” ovviamente
Vediamo per esempio il “suicidio” di Gary Welsh. E chi sarebbe, domanderete? Il nome infatti non appare nei grandi media. Welsh era un attivista che combatteva le frodi elettorali stato per stato; aveva un sacco di notizie piccanti, che soffiava ai giornalisti; non a quelli mainstream.
Per esempio all’amico Wayne Madsen, l’ex agente NSA collaboratore di vari blog, un segugio inarrivabile.
Forse non tutti sanno che Madsen ha documentato come Marco Rubio – uno dei candidati preferiti dall’Establishment repubblicano, senatore della Florida, beniamino del Tea Party – in gioventù fosse stato “un omosessuale molto estroverso”, che aveva partecipato a South Beach a sex-parties di gruppo “alla schiuma” (foam sex parties) nella discoteca Amnesia, sotto la direzione sapiente di Kitty Meow, una drag queen famosa negli anni ’90.
(Qui per i particolari : http://www.infowars.com/indiana-voting-fraud-activist-behind-rubio-sex-party-leaks-found-dead/)
Dopo questa rivelazione, Marco Rubio ha rinunciato alla campagna ed è scomparso dai riflettori.
Pochissimi sanno (perché non ve l’hanno detto) che il 3 maggio, in un’intervista a Fox News, Donald Trump ha praticamente accusato il padre dell’altro candidato preferito dai repubblicani, Ted Cruz, di essere stato in qualche modo convolto nell’assassinio di John F. Kennedy.
Ha anche esibito una foto del ‘63 in cui si vede il papà di Ted Cruz insieme a Lee H. Oswald – l’ “assassino solitario” passato alla storia come lo sparatore di Kennedy, e sparato a morte prima che arrivasse a processo – mentre distribuiscono volantini anticomunisti a New Orleans, qualche tempo prima dell’assassinio presidenziale a Dallas.
Secondo molte voci, l‘esecuzione di Kennedy sarebbe stata organizzata negli ambienti dei fuoriusciti cubani anti-castristi. Benchè ripresa solo dai rotocalchi da supermercato, la spifferata deve aver terrorizzato l’Establishment di Washington: questo Trump non ci trascinerà sul banco degli accusati come mandanti dell’assassinio Kennedy? Non verrà tirata fuori quella vecchia storia sepolta dal 1963 sotto la “versione ufficiale”?
(se non credete, leggete qui: http://www.justice-integrity.org/faq/1033-trump-alleges-rafael-cruz-tie-to-jfk-murder-suspect-oswald)
Fatto sta che anche Ted Cruz ha posto immediatamente fine alla sua campagna, rinunciando alla Casa Bianca ed accusando Trump, in un delirante scoppio di rabbia incontrollata, rivelatrice: “Questo tizio (Trump) è un bugiardo patologico…un uomo del tutto amorale. La moralità non esiste per lui”. La rinuncia è avvenuta dopo le primarie dell’Indiana, che Cruz ha perso. L’attivista Gary Welsh viveva in Indiana. C’è motivo di credere che fosse stato lui lo spifferatore di quella notizia.
Forse non è vero. Ma nell’Establishment si è forse concluso che due loro candidati liquidati, erano troppi. Ne è seguito il ”suicidio” dello spifferatore.
Se questa vi sembra una storia troppo trucida per essere vera, una pagina strappata ad American Graffiti di James Ellroy, non so darvi torto. Avvertendo che l’America politica è anche questo , ed è ciò che la rende orribilmente fascinante: un brulicare di sicari-giornalisti, assassini a nolo, agenti di servizi pagati da ricchi privati, e gole profonde che ci lasciano le penne, si agita dietro la facciata degli educatissimi dibattiti tv. I romanzi di Ellroy, cari lettori, vi sembrano inverosimili. Invece sono “neorealismo”. O se volete, iperrealismo americano.
Sarà una coincidenza, ma il presidente repubblicano della Camera bassa, Paul Ryan (che è l’Establishment incarnato), che fino a ieri aveva ferocemente disprezzato Trump come pidocchioso malvissuto corpo estraneo, ha voluto incontrarlo, e subito ha emanato un comunicato congiunto: “Siamo onesti sulle nostre differenze di vedute ma abbiamo constatato che ci sono molti temi con cui abbiamo un terreno d’intesa”.
Quanto all’ex presidente della medesima camera, John Boehner, ha dichiarato che l’inchiesta dell’FBI sulle email di Hillary Clinton quando era Segretaria di Stato sono “una seria minaccia”: Ora, sono mesi che gli agenti FBI circondano la signora Clinton con la loro inchiesta, senza che l’Establishment ne prendesse atto. Ora invece Boehner dice: “Non sarei affatto sorpreso se Hillary Clinton fosse obbligata a ritrarsi”. Con ciò sarebbero tre, i candidati liquidati.
E forse non basta.
Il Secret Service, ossia la guardia del corpo presidenziale, per probabile impulso del presidente Obama, conta di indagare per quello che viene interpretato come “un invito ad uccidere Obama” da certi media. Il colpevole è Anthony Senecal, 84 anni un antico maggiordomo (butler) di Donald Trump per 17, che su Facebook ha diffuso una sua confidenza visibile solo ai suoi amici: “Obama avrebbe dovuto essere preso dai nostri militari e fucilato come agente nemico durante il primo mandato. Invece è ancora al potere”.
http://www.motherjones.com/politics/2016/05/trump-butler-anthony-senecal-facebook-kill-obama
Sono certamente corsi dei brividi di paura sulla schiene più importanti dell’America profonda. Perché in quel linguaggio militaresco, del tutto fuori stile per un maggiordomo a riposo, alcuni possono aver riconosciuto – chissà – un’eco di quell’ammiraglio Dempsey, allora capo di stato maggiore, e del generale Michael Flynn, allora capo della DIA (i servizi militari) che nel gennaio scorso hanno rivelato al giornalista Seymour Hersh come e qualmente loro due, gli altissimi gradi, hanno disobbedito ad Obama e sabotato gli sforzi della CIA per rovesciare Assad in Siria.
(Ne ho scritto qui: https://www.maurizioblondet.it/usa-la-rivolta-dei-generali-nascosta-ma-continua/)
Obama li ha cacciati, ma non ha osato metterli sotto accusa formale. Con le voci di Dempsey e Flynn, ora in pensione, parla tutto un settore di ufficiali che al Pentagono ne hanno abbastanza di 15 anni di guerre e sovversioni dei paesi islamici sferrate sotto falsi pretesti e “fals flags”. Costoro conoscono ovviamente tutti gli sporchi altarini ed arcana imperii , dall’11 Settembre in poi; hanno taciuto ed obbedito per quindici anni. Adesso, un maggiordomo di Trump, con inusitato eloquio soldatesco, dice che “Obama avrebbe dovuto esser fucilato per tradimento, come agente nemico”. Donald Trump ha dato già prove di saper colpire con allusioni lo Stato Profondo là dove fa’ male. Sa qualcosa che Obama e chi lo manovra non vogliono venga fuori? O sono i suoi ventriloqui che minacciano di far rivelazioni rovinose per l’Establishment?
Una delle ipotesi è che il gruppo dei militari che (apparentemente) assistono con i loro suggerimenti The Donald, ritengono sia urgente far sì che Obama se ne vada dalla Casa Bianca prima della fine del suo mandato a novembre, e ridurre al minimo la transizione che lascerebbe gli Usa senza un governo vero fino ai primi mesi del 2017. Essi vedono l’allarmante accelerazione dei fatti compiuti e delle provocazioni – fra cui il riarmo dei jihadisti in Siria, che coi missili a spalla americani hanno abbattuto tre caccia siriani, l’ammasso frenetico di truppe e armamenti NATO ai confini della Russia, le continue provocazioni aeree contro Mosca; forse hanno ragione di temere che qualcuno, che ha il controllo sulla Casa Bianca mentre Obama fa’ le valige, stia correndo per avvicinare più di quanto crediamo un conflitto mondiale, nucleare compreso? Forse stanno “consigliando” a Obama di lasciare “spontaneamente” la presidenza un po’ in anticipo per dedicarsi al suo amato golf?
Ma queste sono tutte nostre ipotesi. Basate sul quasi nulla, sulla frasetta dell’elegante vecchio maggiordomo, a cui è sciocco dare importanza.
Aspettiamo con ansia divertita i prossimi eventi. Non correte, cari lettori, a conclusioni affrettate, non crediate di aver capito chi sta coi cattivi e chi coi buoni; né chi è contro chi. Qui non siamo in un filmaccio di Clint Eastwood. Siamo nella più grande democrazia del mondo; la nazione indispensabile, la Superpotenza senza pari. La più trasparente repubblica della storia, la più morale. Coi sicari e gli assassini solitari sullo sfondo. Insomma, qui non c’è l’Ispettore Callaghan, siamo con James Ellroy, L.A. Confidential, con l’indimenticabile Danny De Vito nella parte del direttore di Hush Hush, il giornale che spiffera scandali, e una montagna di morti ammazzati. Prendete i pop corn e godetevi lo spettacolo. Non c’è niente di vero, è solo iperrealismo.
(Ringrazio qui Wayne Madsen e l’amico Umberto P. di Washington, senza i quali non avrei potuto scrivere questo pezzo)