di Paolo Comi
Non ci fu alcun malfunzionamento: il trojan venne spento dai finanzieri del Gico la sera che Luca Palamara incontrò a cena Giuseppe Pignatone. La clamorosa rivelazione è emersa solo adesso con la lettura degli atti d’indagine depositati dalla Procura di Perugia. La storia è nota. Il telefono cellulare di Palamara, indagato per corruzione nel capoluogo umbro, venne, dal 3 al 31 maggio del 2019, sottoposto a intercettazione mediante l’utilizzo del trojan”, il virus spia che trasforma l’apparato in un microfono.
Come più volte ricordato, il trojan deve essere programmato. Utilizzando molta energia, è necessario indicare le fasce orarie in cui accendersi. Normalmente non si devono superare le sei o otto ore al giorno, proprio per evitare che l’intercettato, notando un consumo anomalo della batteria, possa insospettirsi. Nel caso di Palamara, conoscendo le sue abitudini, i finanzieri alle dipendenze del colonnello Gerardo Mastrodomenico e del maggiore Fabio Di Bella, decisero che, durante l’arco della giornata, le ore serali sarebbero state quelle più interessanti dal punto di vista investigativo. E questo perché il magistrato romano era solito cenare quasi sempre fuori casa “intrattenendosi con svariati soggetti”.
Mastrodomenico e Di Bella, come disse Palamara parlando un giorno con il dem Luca Lotti, erano gli uomini di fiducia del “I”, alias Pignatone. L’avvio della registrazione avveniva all’orario programmato per ogni giornata in maniera automatica e solo quando lo schermo del terminale era spento, interrompendosi quando lo schermo si fosse acceso per qualsiasi motivo.
Leggendo, come detto, l’annotazione relativa alle operazioni di intercettazione della società milanese Rcs (che ha fornito il captatore e il supporto tecnico alla Procura di Perugia, ndr) datata 29 luglio 2019 e depositata dai pm lo scorso 20 aprile, risulta, però, una circostanza clamorosa.
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Palamara a cena con Pignatone, ma la Finanza decise di spegnere il trojan… [I DOCUMENTI]