Sull’enciclica, pareri soppesati.

(Luigi Copertino) Sull’enciclica, ecco un intervento del vescovo di Trieste. Il quale senza volerlo risponde anche alle critiche da Antonio Socci rivolte al Papa per l’ultima enciclica sul creato. La continuità con i suoi predecessori, ad iniziare da Benedetto XVI, è evidente.

Comunque l’intervento è importante perché segnala la distanza tra la posizione cristiana e quella dell’ecologismo panteista ed antiumano. Il clamore mediatico farà sicuramente in modo che questa differenza non trapeli adeguatamente. Ci siamo, purtroppo, abituati.

D’altro canto, il Papa – “i popoli hanno pagato il costo del salvataggio delle banche”! Una affermazione epocale quanto quella di Pio XI (Quadragesimo Anno, 1931) sull’imperialismo internazionale del denaro” (mi spiace per gli amici liberisti, se di fede cattolica, ma non c’è trippa per i gatti liberisti in casa cattolica) – ha sferrato un chiaro attacco all’ideologia tecnocratica ed allo scientismo, quindi anche a tutte quelle posizioni (neo)conservatrici, che hanno urlato allo scandalo tramite il repubblicano Jeb Bush (dovrebbe essere il fratello di George), araldi proprio dell’imperialismo internazionale del denaro. Posizioni che per definirsi “conservatrici” entrano poi in conflitto con lo stesso “conservatorismo” che – si pensi alla critica conservatrice ottocentesca all’avanzante industrialismo, una critica che faceva suoi ante litteram preoccupazioni che oggi diremmo ecologiche nonché preoccupazioni sociali legate alla distruzione mercantile del tessuto comunitario – tutto dovrebbe essere tranne che filo-liberista. Ma, purtroppo, nella storia americana ed anglosassone in genere si è fatto un frullato tra conservatorismo e liberismo, ed il risultato ne è stato il neoconservatorismo che iniziò il suo rampante e nichilistico percorso con Reagan e la Thatcher.

Al vescovo di Trieste, piuttosto, si dovrebbe chiedere di essere più preciso. Perchè se è verissimo che il problema della povertà e della distruzione del creato non è solo una questione economica e sociologica, ma anche innanzitutto una questione antropologica e teologica, è poi però necessario declinare in termini più politici, dunque anche sociologici ed economici, quali devono essere le soluzioni. Restare troppo sul vago, con la scusa che il Magistero non indica soluzioni “tecniche” (il che va bene, ma poi i cristiani devono pur offrire argomenti anche “tecnici” e perciò “politici”), presta il fianco, e così viene percepita anche per la banalizzazione mediatica, alla riduzione della parola del Magistero a mero “moralismo inconcludente”. Non a caso, a mio giudizio, un sito catto-conservatore, come la Nuova Bussola Quotidiana, ha pubblicato questo interessante intervento: infatti esso, evitando di scendere sul terreno delle concrete soluzioni politiche, evita di toccare ciò che sta a cuore dei catto-conservatori ossia il Nuovo Ordine Capitalista-Liberista del Mondo. Saluti a tutti.

Luigi Copertino

La lode per il creato e l’appello alla responsabilità

di Giampaolo Crepaldi* 18-06-2015

Presentata in vaticano l’enciclica di Papa Franceso Laudato sì. Un’ora prima c’è stata la guida alla lettura alla presenza del metropolita di Pergamo Joannis Zizioulas, considerato il più grande teologo vivente dell’ortodossia, in rappresentanza del patriarca Bartolomeo. E’ il primo caso nella storia di un’enciclica del papa di Roma presentata da un alto rappresentante di un’altra Chiesa cristiana. Francesco ha sempre riconosciuto infatti di essere stato ispirato per questa enciclica dal patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I, autore di precedenti testi sulla cura del creato. Alla conferenza c’erano anche il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente del Pontificio consiglio della giustizia e della pace, e due specialisti della materia di fama mondiale: i professori John Schellnhuber, fondatore e direttore del Potsdam Institute for Climate Impact Research, e Carolyn Woo, presidente del Catholic Relief Services e già decano del Mendoza College of Business, University of Notre Dame, Usa. 

 

L’enciclica Laudato si’ di Papa Francesco è la prima enciclica interamente dedicata alla cura del Creato secondo la visione cristiana. Dobbiamo essere grati al Santo Padre per averci dato questo insegnamento di grande ampiezza e sistematicità. Questa enciclica rappresenta una organica sistemazione della sapienza accumulata dal magistero pontificio più recente, sulla scorta naturalmente dell’insegnamento biblico ed evangelico e alla luce delle verità della fede cattolica. Non può non essere notato, in particolare, che l’enciclica Laudato si’ si collega espressamente in più punti alla Caritas in veritate di Benedetto XVI, che viene ripetutamente citata. Ed infatti era stata questa enciclica ad affrontare per la prima volta in modo ampio e culturalmente approfondito due tematiche che ora Papa Francesco ulteriormente sviluppa.

La prima di queste due tematiche è quella della tecnica. La Caritas in veritate vi aveva dedicato un intero capitolo e la Laudato si’ la affronta con completezza, parlandone in modo diffuso. Lo sviluppo della tecnica ha portato i suoi frutti, ma anche ha rivelato le debolezze dello spirito di tecnicità, che ora Papa Francesco chiama il paradigma tecnocratico. É un paradigma di possesso e di autoesaltazione individualistica che dà agli uomini il senso del potere senza però quello della responsabilità. Papa Francesco utilizza molto, qui, il pensiero di Romano Guardini, pensatore molto caro anche a Benedetto XVI. Il secondo tema della Caritas in veritate che transita nella Laudato si’ per esservi sviluppato è quello del rapporto con la natura. Comunemente viene detto il problema ambientale o ecologico. La prospettiva della Laudato si’, però, è più ampia, come dirò meglio più avanti, come più ampia era la prospettiva della Caritas in veritate. Non esiste un problema solamente ecologico, o della natura intesa unicamente in senso ambientale. Il problema ecologico è prima di tutto un problema antropologico e, infine, un problema teologico, ossia del rapporto della creatura col Creatore. C’è, quindi, una chiara linea di sviluppo tra le due encicliche.

Papa Francesco dice che la sua prima enciclica va ad arricchire l’insegnamento sociale della Chiesa. Il motivo non è dato solo dal fatto che oggi la questione ecologica è percepita da molti come un problema sociale emergente. Certo, anche questo ha la sua importanza. Dipende però soprattutto dal fatto che la tutela del creato, nella sua capacità di riconciliare, se bene intesa, l’uomo con la natura, compresa la propria natura, e con il Creatore, può essere una “chiave” dell’intera questione sociale. Dalla natura, afferma Papa Francesco, l’umanità trae le condizioni di vita, ma trae anche i motivi di vita, se è capace di vederla secondo l’insegnamento di Dio. Il creato ci parla e la cura per esso è anche cura dell’uomo secondo il progetto di Dio. Ed invero, nella Laudato si’, Papa Francesco tocca tanti temi che, a prima vista, non verrebbero ascritti alla questione del creato: parla della famiglia e della vita, del lavoro e dell’impresa, dello sviluppo e della povertà. Come se il rapporto con il creato e il Creatore fosse un punto di vista integrale sulla vita sociale.

Non manca, il Papa, di toccare in più punti il rapporto tra la tutela della vita umana e della famiglia e la cura per il creato. Benedetto XVI aveva approfondito questo legame, che veniva da lui proposto nella Caritas in veritate come un segno fortemente distintivo della visione cattolica dell’ecologia, vale a dire la sua relazione con l’ecologia umana, già ampiamente proposto da Giovanni Paolo II. Papa Francesco parla di aborto e di diritti dell’embrione umano, contrasta l’idea di una pianificazione familiare imposta politicamente e sfida il modello neomalthusiano secondo cui la salvezza dell’ecosistema dipenderebbe dalla riduzione pianificata delle nascite. Secondo lui questa è una ideologia che rientra nel paradigma tecnocratico proprio della ragione strumentale che la Laudato si’ denuncia. Papa Francesco fa anche notare la contraddizione di tanti movimenti ecologisti che difendono l’ambiente naturale ma non l’ambiente umano. La natura, se intesa come il creato, non può essere assunta a pezzi, ma in modo integrale. È un disegno unico ed unitario.

É questo il senso dell’espressione “ecologia integrale” che il Papa adopera spesso. L’aggettivo integrale non sta qui a significare il radicalismo di un’ideologia. Papa Francesco sa bene che anche i movimenti ecologisti sono spesso vittime di un’ideologia semplificatoria e riduttiva. Integralità significa piuttosto: attenzione a tutte le interconnessioni, orizzontali ma soprattutto verticali, e potrebbe essere intesa anche come globalità, secondo l’ottica del tutto. È molto attento Papa Francesco a mettere in evidenza le relazioni, i collegamenti vitali, le forme della collaborazione comunitaria come risposta alla globalità interconnessa dei problemi. Questo deriva dal fatto che il creato è un “tutto”, non una somma di particolari, ma un senso unitario e coordinato, un unico discorso sull’uomo. Di questa ecologia “integrale”, Papa Francesco mostra tutti gli aspetti, da quello sociale a quello culturale, da quello proprio della vita quotidiana su su fino a quello sacramentale ed eucaristico. Tutto si tiene, ma ciò che tiene il tutto è sempre la vita cristiana, la vite del tralcio innestato in Cristo. Papa Francesco spinge il discorso molto in alto, fino a parlare della Santissima Trinità. I dogmi della fede cattolica non sono privi di significato per la nostra vita su questa terra e per lo stesso modo di trattare la Terra. Farà forse discutere l’espressione “conversione ecologica” e non è escluso che questo punto possa venire strumentalizzato, assieme ad altri, da parte dei movimenti ecologisti troppo condiscendenti con lo spirito del mondo.

Il Papa fa molti esempi concreti e quotidiani, piccoli, se vogliamo, ma questo non significa che all’impegno ecologico egli non dia un significato molto alto e completamente cristiano, ossia collegato con l’intera dottrina della fede. Anche la “conversione ecologica” va intesa in questo senso alto. Conversione non a risparmiare acqua o a non sprecare energia, ma conversione al Creatore di cui il creato esprime la magnificenza e la bontà. In questa luce, anche i piccoli atti quotidiani di rispetto delle cose, degli animali, dell’ecosistema e dei nostri fratelli più poveri possono assumere il significato di essere segni visibili di una conversione più profonda. É presente nella Laudato si’ una attenzione particolare per il tema della povertà e dei poveri. Non stupisce in Papa Francesco. La povertà non si spiega mai solo in termini economici e la lotta alla povertà non si fa mai solo con interventi economici. A pagare la noncuranza per il creato sono soprattutto i poveri. Ma spesso le ideologie che hanno millantato di difendere i poveri sono state le principali distruttrici dell’equilibrio naturale. Il nesso tra degrado ambientale e povertà c’è, ma la soluzione sta nella capacità di vedere il problema dal punto di vista dell’intero: dell’ecologia integrale. Lì anche i poveri trovano il loro posto, perché se cambiano i cuori e si rappacificano con il creato e il Creatore, anche le relazioni umane si arricchiranno.

Il Papa chiama “consumismo” un atteggiamento della mente e del cuore: adoperare le relazioni e le persone come strumenti. Il pericolo che di questa espressione dell’enciclica si impossessino ideologie sociali ed economiche di retroguardia c’è. Il Papa parla di “mercato” o di “logica di mercato” intendendo la mentalità del possesso tecnocratico applicata all’economia, senza le precise distinzioni fatte per esempio da Giovanni Paolo II nella Centesimus annus. Ed anche qui il pericolo suddetto può riconfermarsi. Ma al fondo del suo discorso afferma che la povertà non è solo un problema economico o sociologico. Essa dipende da come gli uomini si rapportano a Dio e al suo progetto di salvezza su di loro che ha avuto inizio con la creazione.

L’enciclica scende anche sul terreno delle teorie scientifiche e sulle prospettive pratiche di gestione ambientale. Utilizza concetti presi dalla sociologia contemporanea, come quello di “decrescita” o di “sostenibilità”, ancora oggetto di dibattito. Si muove, insomma anche sul terreno del possibile e di quanto potrebbe anche essere altrimenti. Affronta anche temi spinosi e contrastati come quello dell’uso degli Ogm in agricoltura. Talvolta lo fa per raccogliere dati come base per una proposta etica e religiosa, altre volte presenta il problema controverso ed auspica un ulteriore approfondimento, come nel caso degli Ogm, ma senza prendere posizione. In altri casi ancora usa espressioni oggi molto adoperate, ma cercando di collocarle in un contesto più ricco di significato, per emanciparle da prospettive riduttive.

 

*vescovo di Trieste

Da la Nuova Bussola Quotidiana