L’euro in sé è un affare (come fu promesso) o una maledizione (come oggi appare)? Ci sono contrapposte opinioni. Ma parlano i fatti invece su come la moneta unica è stata concretamente realizzata e gestita.
Il professor Mario Baldassarri, col suo Centro studi Economia reale, ha calcolato quanto ci è costata la politica della Banca centrale europea guidata – dal 2003 – da Jean-Claude Trichet in base ai diktat teutonici della Bundesbank, quelli che vogliono l’euro come un super-marco.
I NUMERI
Ebbene, “all’intera eurozona la super moneta unica è costata dal 2003 al 2014 l’11% di Pil in meno e 18 milioni di disoccupati in più. A questo si aggiunge il costo della stupidità di Maastricht, che ha spinto tutti i governi a cercare di azzerare il deficit aumentando tasse e tagliando investimenti. Qui abbiamo perso altri 8 milioni di occupati e il 5% di Pil”.
Dietro le nude cifre ci sono i volti di milioni di giovani. Un’intera generazione (specie in Italia) che paga il conto salato di quelle politiche dissennate. Ma nessun politico o tecnocrate ne risponderà.
Il Rapporto del centro studi aggiunge:
“il tasso di disoccupazione nella zona euro, alla fine del 2014, è stato di circa 11,6%. Con la parità euro/dollaro si sarebbe invece determinato un tasso del 5,8%, che è più o meno quello registrato negli Stati Uniti alla fine del 2014”.
Ed ancora:
“Attraverso quella masochista politica monetaria che ha condotto ad una super-valutazione dell’euro, le condizioni di finanza pubblica sono state ulteriormente peggiorate sia in termini di deficit che di debito. Alla fine del 2014, l’area euro presenta un consistente deficit pubblico di -269 miliardi di euro che, invece, sarebbe stato addirittura un surplus di +165 miliardi: la differenza risulta pari a 445 miliardi”.
Infine:
“In termini di percentuale del Pil, la differenza è di 4,1 punti percentuali (…). Sul fronte del debito pubblico, per l’area dell’euro , avremmo 3000 miliardi di euro di debito in meno” (per l’Italia circa 400 miliardi in meno).
“Tutto ciò” conclude il Rapporto “significa semplicemente che, in caso di parità euro/dollaro, non avremmo avuto alcuna crisi europea da debito sovrano, Grecia compresa”.
Questo disastro economico e sociale è stato realizzato espropriando la sovranità ai popoli e riducendo i governi a meri esecutori delle direttive degli eurocrati di obbedienza tedesca.
CRISI SPIRITUALE
A ciò si accompagna l’inesistenza politica dell’Europa sulla scena internazionale, derivata dall’inconsistenza politica e spirituale della sua potenza egemone, la Germania.
La Germania infatti – avendo accantonato la tradizione cattolica del dopoguerra (Adenauer), vero antidoto al totalitarismo – si è data un basso profilo politico e ha creduto di esorcizzare il passato nazionalismo con una moneta forte che la mettesse al riparo dall’inflazione, come se la causa del nazismo fosse stata “l’iperinflazione di Weimar” e non piuttosto un errore/orrore spirituale e ideologico.
Ma proprio la “religione” del supermarco è diventata la nuova maschera del vecchio nazionalismo, la nuova bandiera e il nuovo esercito per conquistare l’Europa.
L’euro non è altro che il supermarco imposto a tutta l’Unione europea (con i risultati disastrosi che abbiamo visto).
E l’euro è diventato l’unica identità della Ue, anch’essa senza connotati spirituali, né visione internazionale, né strategia.
La sudditanza tedesca all’America è diventata così la sudditanza europea. Negli anni di Obama è stata ancor più devastante. Lo si vede in questi giorni.
Gli Usa di Obama, dopo aver fatto disastri in Medio Oriente e in Nord Africa, rendendo esplosivo il Mediterraneo, hanno appena chiuso un vertice Nato dove all’ordine del giorno – incredibilmente! – non c’è stata la stabilizzazione del Mediterraneo (in cui l’Italia è il Paese più esposto), ma la destabilizzazione dell’Est europeo, con l’assurda criminalizzazione della Russia di Putin (a cui sono state imposte sanzioni che all’Italia costano un occhio).
La sconcertante strategia Obama-Clinton spinge verso una nuova guerra fredda, fatta di provocazioni e militarizzazione, che rischia perfino l’incidente atomico.
SUICIDIO
Tutto ciò si accompagna al disimpegno verso il terrorismo islamico (che Obama impone addirittura di non chiamare islamico), all’indifferenza per la sistematica violazione dei diritti umani nei regimi musulmani e ad una folle passività verso la bomba emigratoria dovuta alla demografia e a cause sociali e belliche.
Due immagini.
La ricchissima e disabitata Arabia Saudita che è pure il centro dell’Islam – sta costruendo un muro di 600 miglia lungo il confine con l’Iraq per bloccare i rifugiati iracheni e siriani (c’è qualcuno che protesta per questo? Il Vaticano ha detto qualcosa?).
La Germania – che nella Ue mette tutti in riga per la politica economica – si copre di vergogna e di ridicolo per le violenze di Capodanno sulle donne.
In una sola notte 1200 donne, in diverse città, sono state vittime di aggressioni sessuali, da parte di 2000 aggressori: 120 gli indagati, perlopiù nordafricani (la metà dei quali arrivati in Germania nel 2015) e alla fine – come ha rivelato il quotidiano Süddeutsche Zeitung – quattro condanne. Quattro!
Le autorità tedesche, fin da quella notte, hanno minimizzato la gravità dei fatti. Per motivi ideologici: la sbandierata “apertura” del governo tedesco agli emigranti.
Ma dietro questo atteggiamento di debolezza – che penalizza i cittadini tedeschi e soprattutto le donne – si nasconde in realtà una motivazione economica.
Anche la politica dell’emigrazione infatti è stata determinata in Germania dell’interesse economico.
I problemi sono denatalità e invecchiamento.
Nel corso di questo secolo il numero di donne tedesche in età riproduttiva diminuirà dal 50 al 66 per cento, cosicché l’economia di quel Paese chiede milioni di immigrati per tenere in equilibro i conti. E’ scaltrezza politica o miopia suicida?
All’attuale tasso di natalità (1,3 figli per donna in età fertile) il popolo tedesco alla fine di questo secolo non ci sarà più (se non con nomi turchi o nordafricani e le relative culture d’origine).
Così – per una tragica eterogenesi dei fini – il perseguimento dell’interesse nazionale più egoista da parte della Germania, si rovescia nel suicidio di una nazione.
Lo stesso venale nichilismo è la malattia che affligge tutta la Ue. La quale non ha più nessun vigore spirituale, non fa più figli ed è diventata un brutale mercato, dogmaticamente laicista, immemore della sua storia bimillenaria e di una cultura e una fede che hanno illuminato il mondo intero.
AUTODEMOLIZIONE DELLA CHIESA
Anche la Chiesa Cattolica che, in Germania, sulla via tracciata da Ratzinger, avebbe potuto risvegliare le forti radici spirituali e culturali di quel popolo, ha accantonato la sua identità ed è oggi un’enorme burocrazia che perde continuamente fedeli (oltre 100 mila ogni anno), ma incassa fondi immensi dal ricco stato tedesco.
La Kirchensteuer, la tassa ecclesiastica (obbligatoria), nell’anno 2012 ha convogliato 5,9 miliardi di euro nelle sue casse (una cifra sei volte superiore all’8 per mille della chiesa italiana, che è facoltativo), sebbene la chiesa tedesca (solo 24,3 milioni di cattolici) sia più piccola dell’italiana.
Quella tedesca è una chiesa “modernizzata”, che ha archiviato l’autentica fede cattolica di sempre, sostituendola con la potenza economica e tecnocratica (la sola Caritas tedesca impiega circa 500mila persone a tempo pieno, più del gruppo Volkswagen che ne ha 389mila).
Oggi, con i suoi teologi progressisti (vedi Kasper) questa potente chiesa tedesca, anti-ratzingeriana e politically correct, è egemone nella Chiesa universale e sta guidando Roma verso la protestantizzazione, sotto il segno teutonico dei 500 anni di Lutero.
Così la germanizzazione sarà completa. E anche il suicidio spirituale. Ma così i popoli che si ribellano alle tecnocrazie saranno costretti ad affidarsi ai nazionalismi o a quelli che si chiamano “populismi”.
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Antonio Socci
Da “Libero”, 14 luglio 2016
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