EVOLUZIONE DEL “GENDER” UMANO

di Stefano maria Chiari

I neologismi sono sempre interessanti; spesso non per il loro valore semantico, del tutto inesistente, quanto piuttosto per il background che svela i meccanismi mentali proiettati nei vocaboli scelti, mai a caso, ma quasi in risposta di quelle esigenze che dentro e dietro quei meccanismi si celano.

“Identità” e “genere” sono i termini che ci interessano. È vero, se n’é fatto gran parlare, ma proprio per questo una voce in più che si unisca alla gazzarra, credo non disturbi più di tanto.

Identità è una parola che davvero svela molto del bisogno inconscio di questa società; veicola senso, significato, ricerca del vero, fantasma sempre più perso nell’oblio di questo nichilismo post-modernista.

Deve essere l’OMS a chiedere identità! Certo, chi altri?! La Sanità “mondiale” avendo smarrito filosoficamente (perché di filosofie essa si ammanta!) la ragion d’essere, lascia il cuore vuoto sospirante un riempimento in risposta all’horror vacui dello spirito, quia inquietum est cor nostrum donec requiescat in Te. È una legge matematicamente ed infallibilmente sempre applicabile, il vuoto di Dio genera desiderio di pienezza, di vita, cose tutte, immancabilmente assenti nelle “cisterne screpolate” indicate da Geremia; e solo Uno può dare un’acqua che zampilla per la vita eterna e che non richiederà di attingere ancora al pozzo dell’esistenza.

Ebbene, “identità” tradisce tutto questo; una società smarrita, che si incammina senza sapere dove né perché, ma che non può fare a meno di cercare risposta a queste domande ineludibili.

Quanto al “genere”; ebbene esso rappresenta in binomio con la richiesta di identità, proprio questa incapacità di dare risposta. “Gender” disegna infatti un insieme indefinito, un agglomerato privo di quelle specificità che sono l’obiettivo finale dell’identità cercata. “Identità di genere” potremmo parafrasarlo proprio come il fallito tentativo di “avere un nome sulla terra”; siamo come in Babele, nella confusione estrema, senza specificità.

Dobbiamo però aggiungere altro. “Genere” è termine anche volutamente polemico (consciamente o no) nei confronti di Genesi. È curioso notare come lì, nel creato disegnato da Dio, non si parli mai di genere; il termine utilizzato dall’agiografo è “specie” (secondo la loro specie). Dio non perde tempo, lasciando la natura in balia di indefinite progressioni pluriopzionali; dà il tono ad ogni essere e lo connota per quel che è, riflettendo in ogni creazione la “bontà” dell’Autore. Dobbiamo, è vero e per inciso, precisare che l’unico ad essere creato con un “programma” è l’uomo stesso (già uomo completo, si intende), ma con un destino divino di progredire nella somiglianza al Creatore, che lo plasma a sua immagine. Troppo spesso i commentatori occidentali hanno trascurato di soffermarsi sul fatto che il versetto 26 (cap.1), nel quale Dio “delibera” la creazione dell’uomo sia differente dal successivo; nel passaggio tra i due, si è smarrita la “somiglianza”, proprio perché l’uomo è essere votato ad una crescita spirituale di luce e di amore, la theosis della persona umana in Dio.

Chiusa questa piccola digressione, concentriamoci sull’uso strumentale del documento OMS. Mentre un milione di persone affolla piazza San Giovanni determinata e convinta, più o meno, del sopruso dittatoriale posto in essere attraverso le imposizioni trasversali di questi “enti internazionali e sovranazionali”, è quanto meno agghiacciante constatare la controinformazione di una certa cultura che definiremo di “sinistra”, non tanto perché si connoti (ormai anche qui il genere prevale sulla specie) politicamente (tutto sommato la politica è un aspetto solo strumentale del messaggio), quanto piuttosto come entità culturale, mentalità diffusa che pervada gli animi e li conquisti nell’incedere inesorabile dell’evoluzione verso il nulla. Del resto, perché meravigliarsi? Smarrito l’essere nel divenire storico, la scuola hegeliana di sinistra precipita in questo vortice metamorfico da anni (esemplificativa la trasformazione del partito di Togliatti in quello di Renzi, con tutti i D’Alema e Prodi di mezzo). Evoluzione della specie; si! Perfettamente coincidente con gli ideali dell’ideatore Mordechai.

E mentre in Olanda una Sentenza della Corte d’appello dà il via libera al club che promuove la pedofilia, liberalizzando il sesso coi minori, l’ordine degli psicologi del Lazio etichetta come diffamante il volantino “antigender”, perché (a loro dire) decontestualizza alcune frasi, estrapolandole arbitrariamente. Questo è soltanto uno dei pronunciamenti pro gender, ma l’idea portante è sempre la medesima: il gender non esiste, la lettura del documento OMS è stata strumentalizzata dalla Chiesa per opporsi alle unioni civili. In realtà, più che la gerarchia ecclesiastica (Avvenire, all’indomani della manifestazione, ne trascura quasi completamente l’esistenza) e fatte salve alcune stoccate di Papa Francesco, la reazione non può dirsi tanto dei prelati (la stessa lettera di Mons. Paglia inviata e letta durante l’incontro è in perfetta linea col politicamente corretto: mai un riferimento al soprannaturale, al Divino…), quanto piuttosto, e per principio di sussidiarietà (divinamente ispirato), del popolo credente.

Il gender non esiste si sostiene! Quindi un milione di persone, tutte completamente inebetite dalla propaganda cattolica, di chissà quale matrice; c’è chi dice che i Neocatecumenali l’abbiano fatta da padroni, che Adinolfi altro non aspettava per farsi propaganda nel lancio prossimo di un partito…ma, alla fin fine, l’idea della strumentalizzazione regge davvero poco.

Basta prendere il documento per rendersene conto (sul web è disponibile), per chi abbia orecchi per intendere.

La stesura del testo procede con assunti indimostrati, che, di passaggio in passaggio si mutano in premesse certe di successivi step di avanzamento; l’esito finale è quello di un castello di carta, che cade su stesso, privo di reale fondamento, ma che tuttavia arriverebbe ad avvalorare la perfetta coerenza delle conclusioni (aberranti, perché vitiatur et vitiat, derivate da assiomi assolutamente inaccettabili).

Vediamone brevemente alcuni momenti.

Le premesse sono inquietanti. Il programma prescelto e benedetto è quello della promozione della “salute sessuale”, alla quale farebbero da contraltare una serie di “diritti sessuali”.

Interessante notare subito che tra i pericoli che minacciano la salute sessuale vi siano le “gravidanze indesiderate” e la contrazione di malattie veneree; detto altrimenti: la salute sessuale, fondata sul principio del “libero esercizio” del proprio corpo, “autonoma determinazione della propria sessualità”, queste a ben vedere!, ragioni tutte che vanno a determinare l’insorgenza delle deprecate minacce (notare come il bimbo concepito sia considerato una “minaccia”), dovrebbe costituirne la cura preventiva. Ovviamente si tacita l’astensione, passandola in rassegna come esperimento un po’ retrò messo in atto da certe correnti “repubblicane” degli States, ritendendola superata e non olisticamente orientata al “benessere sessuale”.

Prima erronea convinzione, passata per dogma incontestabile: la salute sessuale ad ogni costo, prima di tutto, gravidanze comprese. Se questo non è un proclama di esaltazione egoica delle più basse pulsioni riproduttive, passando per l’erotico, fino al mortifero gesto eliminatore di ogni ostacolo a tale godimento: l’infanticidio nel grembo della madre! Si badi bene: il matrimonio consensuale viene ricompreso nell’elenco dei diritti, come perfettamente equivalente al godimento con prostitute, trans e chi più ne ha più ne metta (non si dice espressamente, ma sostanzialmente è quel che si afferma).

Nessun vero “senso di responsabilità”, nessuna presa di coscienza delle conseguenze delle proprie azioni; quello che disturba, determinato dal sollazzo dei propri organi sessuali, è eliminato, senza troppe chiacchiere; come al solito, ed alla faccia della sbandierata visione olistica, si cura il sintomo e non la malattia. Sappiamo e prova ne sono generazioni di santi e di uomini, che tutto questo bisogno di “salute sessuale” non soddisfi la felicità, che, res severa, necessita di impegno, dominio ed autocontrollo (“Chi domina se stesso vale più di chi conquista una città” (Pr 16,32)). Nemo dat quod non habet: disperdere la propria vita sessuale, seguendo le pulsioni di presunti diritti internazionalmente riconosciuti, porta a dissipare la capacità di amare, perché non costituisce donazione, ma egoistica ricerca dello “star bene”. In realtà, “si dovrebbe pensare più a far bene che a stare bene: e così si finirebbe anche a star meglio”. Il senso della sessualità (che l’OMS distingue dal “sesso”, proprio per innescare subdolamente uno spazio vuoto dove inserire il “genere” oggetto di sviluppo) passa per la castità, come l’amore per il sacrificio: amare è volere il bene dell’altro, costi quel che costi; la vita sessuale non prescinde da questa regola. Essa infatti appartiene ai rapporti relazionali, che, in quanto tali, vivono del rapporto con un “tu”, della cui presenza nel documento dobbiamo cercare a fatica, connotandosi come esaltazione dell’ “io”. Ecco l’equivoco fondante: il benessere sessuale dovrebbe costituire, si dice nel documento, una visione olistica dell’essere umano, ma, se si osserva attentamente, esso ne riduce la portata al freudismo più becero. Nessuna visione olistica emerge dal messaggio imposto; esiste soltanto la falsa convinzione di un’unica panacea: il pansessualismo, che deve essere curato, anzi imposto (figuratevi quanto interesse abbia un bambino di tre anni a sapere della masturbazione (a parte i pochi casi di prese di coscienza del corpo, che tuttavia mai arrivano a disegnare un consapevole atto di autoerotismo)!!); nessun riferimento ad altre dimensioni dell’uomo in sé ed in relazione all’altro.

È l’evoluzione della specie…anzi del genere, da homo sapiens a homo guadens e quando il piacere viene prima della sapienza, il crinale della fine è vicino.

 

Stefano Maria Chiari