Un caro amico mi gira, dal Secolo d’Italia, questa rievocazione del terremoto del Vulture, che colpì 50 Comuni di 7 provincie tra Basilicata, la Campania e la Puglia. Anno: 1930, nel luglio. Magnitudo oltre 6.7. Numero di morti, 1404. Titolo:
Nel 1930 il terremoto delle Vulture: il governo Mussolini in 3 mesi costruì 3.746 case e ne riparò 5.190.
“Benito Mussolini, non appena ebbe notizia del disastro convocò il ministro dei Lavori Pubblici, Araldo di Crollalanza e gli affidò in toto l’opera di soccorso e ricostruzione. Araldo di Crollalanza, classe 1892, fu ministro dal 1930 al 1935. Successivamente divenne presidente dell’Opera nazionale combattenti, e legò il suo nome alla bonifica dell’Agro Pontino. Già squadrista nella Marcia su Roma, Podestà di Bari, nella Repubblica Sociale Italiana fu commissario straordinario per il parlamento, nel quale aveva seduto per tre legislature. Dopo la guerra fu arrestato ma immediatamente prosciolto. Nel 1953 divenne parlamentare del Movimento Sociale Italiano e fu rieletto fino alla sua morte, avvenuta nel 1986”.
Mi interessa sottolineare come il governo procedette. I grassetti sono miei.
“Di Crollalanza dispose in poche ore il trasferimento di tutti gli uffici del Genio Civile, del personale tecnico, nella zona, come previsto dal piano di intervento e dalle tabelle di mobilitazione che venivano periodicamente aggiornate.
“Nella stazione di Roma, su un binario morto, era sempre in sosta un treno speciale, completo di materiale di pronto intervento, munito di apparecchiature per demolizioni e quant’altro necessario per provvedere alle prime esigenze di soccorso e di assistenza alle popolazioni terremotate. E su quel treno si accomodarono il ministro stesso e tutto il personale necessario in direzione dell’epicentro della catastrofe. Per tutto il periodo della ricostruzione Araldo di Crollalanza non si allontanò mai, dormendo in una vettura del treno speciale che si spostava da una stazione all’altra per seguire direttamente le opere di ricostruzione.
“I lavori iniziarono immediatamente. Dopo aver assicurato gli attendamenti e la prima assistenza, furono incaricate numerose imprese edili che prontamente giunsero sul posto con tutta l’attrezzatura. Lavorando su schemi di progetti standard si poté dare inizio alla costruzione di casette a piano terreno di due o tre stanze anti-sismiche, e nello stesso tempo fu iniziata la riparazione di migliaia di abitazioni ristrutturabili, in modo da riconsegnarle ai sinistrati prima dell’arrivo dell’inverno.
“A soli tre mesi dal sisma, il 28 ottobre 1930, le prime case vennero consegnate alle popolazioni della Campania, della Lucania e della Puglia. Furono costruite 3.746 case e riparate 5.190 abitazioni. Mussolini ringraziò di Crollalanza così: «Lo Stato italiano La ringrazia non per aver ricostruito in pochi mesi perché era Suo preciso dovere, ma la ringrazia per aver fatto risparmiare all’erario 500 mila lire». […]
Tra l’altro, le palazzine edificate in questo periodo resistettero ad un altro importante terremoto, quello dell’Irpinia, che colpì la stessa area 50 anni dopo”.
Araldo di Crollalanza ripeté l’impresa, anzi la superò, anche nella bonifica delle paludi pontine: “bonificati 1 milione e 600 mila ettari, “fatte brillare per sette mesi 4 mila mine al giorno, in tutto 800 mila” costruite “in tre anni 2500 case coloniche complete di servizi igienici… città ( le tre maggiori furono Littoria Sabaudia Pontinia), canali strade ed opere pubbliche per 14 mila ettari”, le spese di bonifica risultarono 4.500 lire per ettaro”. Lo Stato aveva stanziato 5.500 lire per ettaro” Oscar A. Marino, Il Viaggio Interrotto, Messina 2006).
Lungi da me ogni nostalgia. L’esperienza di governo dei Fini e dei Larussa, degli Alemanno e della Meloni me ne avrebbero vaccinato per sempre.
Voglio solo far notare questo: nel 1930 l’Italia era moderna; aveva strutture e personale all’altezza dei tempi (di allora), competenze pubbliche e doti intellettuali alla pari con le europee , ed oggi non più.
Oggi non siamo moderni. Siamo antiquati rispetto ai tempi, siamo sorpassati. E lo si vede nel dibattito o chiacchiera nato attorno alla scuola di Amatrice, resa antisismica nel 2012 con 700 mila euro (della Regione Lazio, del Comune e della Provincia di Rieti) e crollata l’altro giorno.
Un lettore. : “Vivo in Giappone, e vi dico come si costruiscono qui gli edifici (antisismici): travi e pilastri di SOLIDO ACCIAIO. Niente cemento armato e altre schifezze. Puro acciaio. Resistentissimo, flessibile al punto giusto, impossibile che collassi”. Un altro: “I criteri antisismici italiani per le nuove costruzioni sono equivalenti a quanto si faceva in California ed in Giappone negli anni 70 ed 80. Adesso in questi due stati non viene realizzato praticamente piú nulla in calcestruzzo, nemmeno i viadotti stradali. Le costruzioni sono tutte in acciaio o legno per le piú piccole. Il calcestruzzo è confinato alle sole fondazioni, ma anche lí i criteri di costruzione sono ben differenti. Ho provato a parlarne con qualche ingegnere e qualche geometra; solo uno ha risposto “lo so, ma se presentassi un progetto di quel tipo non mi verrebbe approvato”, gli altri hanno fatto spallucce. Molti semplicemente non hanno conoscenza di tecniche antisismiche. Moderne”.
Appunto. Ma i nostri palazzinari-tipo, che hanno la seconda elementare anche se magari sono miliardari, non sono capaci di costruire in acciaio e (i piccoli fabbricati) in legno. Possono imparare? Ma no, non possono – non hanno la cultura – e nello stesso tempo non vogliono imparare: il loro business sta nel cemento armato con mescole di sabbia, nelle macchine movimento terra, nei subappalto mafiosi a poppare denaro pubblico. E’ da lì che ricavano i soldi, è lì che sono ras e padroni – e la nuova tecnologia rischierebbe di dare la corona ad altri, che sanno usare l’acciaio. I palazzinari-tipo (fate voi qualche nome) perderebbero il dominio del solo mercato dove sanno muoversi.
E allora, ecco che le ‘leggi antisismiche’ sono quelle che in California, Giappone e Cile sono scadute da 50 anni. Sono stati loro a suggerirle: a politici tanto ignoranti da non capire che sono arretrate, e hanno il loro tornaconto clientelare, perché possono raccomandare “per il posto” qualche muratore generico ignorante come una scarpa, qualche povero cafone della mescola che non si può nemmeno immaginare acquisti la vertiginosa perizia dei suoi colleghi americani degli anni ‘10.
E non parlo solo del Sud arretrato. Quando fu costruito il grattacielo Pirelli Milano (1958), firmato dalle archistar Gio Ponti e Pierluigi Nervi, la città si vantava: “Il solo grattacielo al mondo costruito in cemento armato!”. Che scemi gli altri che i grattacieli li facevano in acciaio dal 1902. Come siamo più furbi noi. A fare una cosa che “appare” moderna, ma non lo è. Che ha “una bella linea” e “fa’ la sua figura”: apparenza e non sostanza.
Guardate che tutti i settori in Italia sono diventati così: dalla magistratura alle università, dal giornalismo agli insegnanti che non superano gli esami di cultura generale, da Equitalia al personale pagatissimo della presidenza del consiglio che non sa l’inglese, giù fino al geometra comunale fino all’assenteista pubblico che si copre la testa con una scatola per timbrare il cartellino altrui, è – da settant’anni – tutto un accettare un po’ meno competenza di quella richiesta, un venire a patti con la mancanza di professionalità, di rigore etico, di intelligenza che sono strettamente necessari per adempiere alla mansione. Uno scadimento vistoso della ‘qualità’ di tutto: del lavoro, ma anche delle persone, della qualità della vita: incapace di cortesia e gentilezza, la società italiana è rozza, maleducata, invivibile per gli stessi italiani.
Persino la Chiesa è scaduta a tal punto, che un monsignore – il noto Galantino – ha potuto proclamare che Sodoma fu salvata dalla preghiera di Abramo (mentre fu incenerita), e restare al suo posto: ora, è evidente che non ha nemmeno letto né capito la Bibbia. Dopo un tale esempio di incompetenza professionale, vacuità e superficialità (ammantata per giunta di “modernità alla Papa Francesco”), vi potete scandalizzare se il palazzinaro mafioso che ha costruito la scuola di Amatrice ha usato sabbia e polistirolo, e cemento armato sui tetti? E la costruzione è stata dichiarata antisismica da apposita burocrazia?
Tout se tient. Se i vescovi non sanno la Bibbia, i palazzinari non sanno le tecnologia dei fabbricati in acciaio.
Il Business straccione dei profughi
Vogliamo parlare del business degli immigrati, che fa’ ricchi i soli noti e dà “lavoro” alle clientele sicule del ministro Alfano? Vogliamo spiegare una volta per tutta che la “accoglienza” dei “profughi” è un affare straccione – oltre che cialtrone – che si sono accaparrati albergatori non-professionali? La Sicilia dovrebbe fare miliardi col turismo, come lo fanno le Canarie o le più rustiche isole greche. Ma i siciliani, semplicemente, non sono stati capaci. Non hanno la professionalità, non sanno né vogliono fornire servizi di qualità, piscine, wifi eccetera che ormai in qualunque isola greca sono la routine. Peggio: il turismo non vende soggiorni alberghieri, “vende” una popolazione e la sua cortesia, la capacità di mettersi nei panni degli altri, un minimo di attenzione collettiva – che alla Mauritius come a Karpatos, si chiama “civiltà quotidiana”: Un amico siciliano che lavora a Milano, irritatissimo, mi ha detto: torno ad Acireale e non ho potuto fare il bagno ai bambini, perché il mare è inquinato. Dai liquami della fogna che butta a mare come nel 17mo secolo. Acireale! Una meta che dovrebbe essere nei circuiti internazionali mondiali, ha il mare merdoso: della merda dei siculi, ai quali la merda in mare non sembra intollerabile residuo arcaico. La “modernità”, invece, è farsi governare da un invertito: vedete che abbiamo superato i pregiudizi arcaici! Non siamo più macisti! E’ come la signora Cirinna e i suoi reggicoda giornalistici “La legge (delle nozze gay) renderà finalmente l’Italia un paese più moderno e civile!”.
No, moderno e civile sarebbe il paese se Acireale avesse il depuratore. Se i templi di Agrigento non fossero assediati da palazzoni di 8 piani abitati da mafiosi che i templi, li vogliono vedere solo loro, anche se manco sanno cosa sono. E non le orribili case abusive che hanno bruttato ogni metro quadro di litorale perché i siciliani vogliono avere la casetta lì, e d’estate riempire le straducole abusive di quintali di gusci di cozze che puzzano al sole perché nessun servizio pubblico viene a raccoglierle. Se avesse una popolazione gentile che davanti a un turista si chieda: di cosa ha bisogno?, e non: come posso fregarlo?
Ebbene: tutto ciò manca. Per cui ci sono decine, centinaia di hotel ‘familiari’, di alberguzzi di poche stanze e di nessuna qualità, messi su con pochi capitali e pochi mezzi, gestiti da gente che non ha la professionalità, non si aggiorna, non si informa su come si fa turismo moderno nel ventunesimo secolo, e mette prezzi pure spropositati perché “come si mangia bene da noi non si mangia a da nessuna parte del mondo”. Orbene, questi albergatori sono professionalmente dai falliti e incapaci; i loro “hotel” non sono proponibili sui siti web internazionali, non reggono la competizione globale con le pensioncine della Grecia. Non hanno mercato. Ma – furbissimi – hanno adottato il business degli immigrati come ultima ancora di salvezza della loro inprofessionalità. 35 euro a notte per persona, metti una quarantina di somali sudanesi eritrei che “fuggono dalle guerre”, e lo Stato ti passa già 1400 euro al giorno. Sai che pacchia. E mica devi offrire servizi all’altezza, mica sono turisti quelli, mica si lamentano del mare pieno di merda o della piscina asciutta o del wc che puzza. Non dovete mica competere sul mercato; ricevete denaro pubblico – che come sempre è la vostra aspirazione suprema.
Denaro pubblico senza obbligo di corrispondere nessuna ‘qualità’.
E’’, siciliani, un business straccione. Oltre che cialtrone, straccione: marginale cioè, residuale, un espediente anche se per ora rende. Indegno di voi, se foste i siciliani che dite di essere, popolo “fiero e orgoglioso”.
Provate a misurare di quanto siamo scaduti in “modernità” rispetto al 1930. C’era un treno attrezzato e pronto su un binario morto, in perennità perennità all’intervento. Oggi tale treno verrebbe, nell’ordine: 1) abbandonato dai sorveglianti pagati per sorvegliarlo; 2) saccheggiato e ripulito del materiale di valore dagli zingari del clan Casamonica, che nessuna magistratura e nessuna polizia riesce a far sloggiare dalla capitale della nazione, per mancanza di professionalità e diligenza; 3) il suo guscio vuoto, diverrebbe bivacco maleodorante di barboni e extracomunitari, dediti a prostituzione e alcolismo; 4) ogni tentativo di sloggiare costoro sarebbe vanificato da accuse de Il Fatto Quotidiano alla brutalità della polizia, l’apertura di un fascicolo contro gli agenti del noto magistrato, interrogazioni indignate del Senatore Manconi (17 mila mensili), compassione e solidarietà mediatica della Caritas, urla e strilli contro Salvini i “settentrionale senza cuore” che è una vergogna per questa Italia che ha il cuore grande così, e non manca mai di far sentire la sua vicinanza e indulgenza a chi la legge la viola, invece di applicarla e farla applicare.
Certamente: siccome nessuno fa’ il suo mestiere bene e sa farlo come si deve, all’altezza dei tempi, ci si sente tutti indulgenti con chi non sa farlo. Schettino, sei tutti noi! Poverino!
Provate solo a immaginare il ministro di Crollalanza negli anni ’30, se avesse trovato il treno non pronto. O se fosse arrivato ad Amatrice davanti alla scuola antisismica crollata e costata quasi un milione di denaro pubblico. Avrebbe avuto indulgenza per il podestà? Avrebbe chiuso un occhio perché membro del Partito? Al contrario. Eppure era pugliese. La non-professionalità, il non fare le cose al meglio e anche più del meglio, non godevano di alcuna manica larga. Il Fascimo era moderno. L’Italia democratica no, è arretrata.
Non si può accusare “la corruzione”, davanti alla scuola crollata. Giungo a dire: magari, fosse ‘solo’ la corruzione, perché si potrebbe correggere e punire. Ma quando la ‘corruzione’ è così evidentemente autolesionista – come quella di Schettino, dal fancazzista pubblico che si copra con la scatola di cartone, del capostazione pugliese che manda due convogli sul binario unico – si deve ammettere che la corruzione non è se non la conseguenza. La causa primaria, è un’altra. Come definirla? Come definire questa incuria nell’adeguarsi alle esigenze del proprio mestiere? Questa furbizia che consiste nel risparmiare cemento armato mescolandoci più sabbia? Questo non collegare le cause agli effetti, se pure immancabili, che metteranno in mostra la tua incapacità professionale e la tua delinquenza morale? Come definire questa imprevidenza, questa incapacità di mettersi nei panni altrui?
C’è un solo modo di definirla: è stupidità. La speciale ottusità italiana mista di egoismo calloso e di rozzezza arretrata, di inadempienza ai propri compiti e imprevidenza, che da chi la pratica viene – oltretutto – chiamata “furbizia”. Ohimé, siamo un popolo poco intelligente. E che da troppo tempo ha smesso ogni sforzo per diventare migliore, competente, rigoroso e onesto nel mestiere – perché “Mica siamo più nel fascismo”. Sì, siamo “in democrazia”: e l’ignorante dice la sua. Beninteso, gli ignoranti esistono in tutti i paesi. Ma solo in Italia gli ignoranti sono arroganti, imperiosi, impongono il loro standard, hanno voce in capitolo, vincono i concuorzi, vanno in Parlamento e in tv, impongono il cemento armato dove occorre l’acciaio; solo qui, invece di essere messi a tacere, vengono accontentati nelle loro esigenze da ignoranti – come vedo si fa’ con quelli di Amatrice che vogliono “la ricostruzione delle case così com’erano”, e gliela daranno gli altri ignoranti.
E’ troppo facile (se non siamo stupidi) vedere che la ‘democrazia’ ha contribuito alla nostra stupidità. Il decentramento amministrativo, gli ottomila comuni, le Regioni, hanno dato l’ultima zappata. Il decentramento ha senso in paesi dove le competenze sono numerose e diffuse in basso, dove la gente sa esercitare l’autonomia, dove i palazzinari non hanno la seconda elementare,i preti conoscono il latino e i vescovi hanno letto almeno una volta la Bibbia. Nei paesi dove non c’è stato addestramento rigoroso al proprio mestiere qualunque sia, l’ottusità e l’ignoranza più callosa sono la norma plebea, l’arretratezza salta agli occhi, le risorse intellettuali scarse, le professionalità alte scarsissime, è necessario lo Stato centralizzato, che raduna le poche, preziose professionalità migliori in alto per usarle e anche valorizzarle, non lasciarle sprecare dalla massa dei callosi ignoranti incapaci di prevedere, ma imperiosi ed arroganti a imporre le loro volontà di pancia e di intestino.
Una simile società ha bisogno di uno Stato centralizzato: che capisca la modernità, la insegni e se necessario la imponga con la forza. Uno Stato autoritario. Capisco che sono parole al vento. Quindi al prossimo sisma. A ricordare come eravamo moderni negli anni ’30, e come siamo neandertaliani oggi.