“Inaccettabile; il campo di battaglia nella Siria del Nord è troppo affollato”, si è lamentato il portavoce del Pentagono Peter Cook. Sarebbe da ridere, se non avvenisse nella tragedia siriana. Come spiega il Washington Post, tre gruppi combattenti sostenuti dagli americani con la scusa di combattere Daesh (creata dagli americani, sauditi israeliani) ma in realtà per annichilire Assad, si stanno combattendo tra loro. Come noto, le truppe della Turchia, grande alleata nella NATO (fino a quando Erdogan non ha avuto impressione di essere stato vittima di un colpo di Stato americano), sono penetrate in Siria per cacciare oltre l’Eufrate i guerriglieri curdo-siriani dello YPG, armati dagli Usa con la scusa di combattere Daesh ma in realtà per sottrarre al legittimo governo di Damasco l’area curda della Siria; negli scontri è implicato anche parte della Free Syriana Army, pagata dagli Usa, con il gruppuscolo guerrigliero Ahrar al-Sham (Usa nutrito).
Sono i risultati politici altamente interessanti della doppiezza (o confusione mentale?) con cui Obama ha condotto da cinque anni la sanguinosa campagna di distruzione del regime siriano, per interposti gruppi terroristi e secessionisti. Ma nell’area sono in corso manovre – se confermate – per cui il termine ‘doppiezza’ non si applica nemmeno più. Bisognerà parlare di gran bazar del sangue e della guerra.
Ad Aleppo, jihadisti guidati da ufficiali turchi
Provo a riferirla come la dà il giornale libanese AsSafir, per quanto incredibile sembri – se non altro perché ne risaltano particolari interessanti dei doppi giochi precedenti.
In breve: Damasco – il cui territorio è stato violato da Erdogan con l’incursione di cui sopra – si starebbe accordando con Erdogan e i suoi emissari per dare il colpo di grazia ai curdi e alle loro speranze (eccitate dagli Usa) di uno stato proprio.
Il giornale libanese chiarisce che non si tratta di un’alleanza, ma di “un baratto”. Che consisterebbe in questo: i Turchi abbandonerebbero Aleppo ad Assad, e in cambio questi lascerebbe ai turchi mano libera per devastare le speranze curde in Siria.
Al che immagino lo stupore del lettore: i turchi ad Aleppo? Ma ad Aleppo, scusate, contro l’armata siriana regolare, non ci sono Daesh, Al Nusrah, insomma i tagliagole irregolari wahabiti? Ebbene: non solo.
Infatti, a credere al ben informato giornale libanese, in un incontro avvenuto a Baghdad giovedì scorso fra i capi dei rispettivi servizi (per Ankara si fa’ il nome del capo del controspionaggio in persona, Hakane Fidane) – incontro organizzato dal capo dei servizi iracheni – gli emissari di Ankara hanno posto ai siriani “informazioni su 7 ufficiali turchi che avevano preso parte ai combattimenti coi ribelli siriani ad Aleppo, e di cui avevano perduto le tracce dal febbraio 2015..
Già nel dicembre 2015 il vostro modesto cronista aveva denunciato che elementi turchi, a fianco dei jihadisti nella Aleppo da cui avevano cacciato i militari siriani, si erano impossessati di macchinari industriali che avevano portato in Turchia.
https://www.maurizioblondet.it/erdogan-ordina-i-saccheggi-dellis-in-siria/
Adesso si apprende che al comando dei jihadisti di Daesh c’erano ufficiali turchi, che li comandavano; che hanno combattuto, questi membri della NATO, mascherati da jihadisti, non solo ad Aleppo, ma anche a Idlib e a Latakia. E persino nell’ultima battaglia di Aleppo, qualche settimana fa ai primi di agosto, la spallata con cui i gruppi terroristi son quasi riusciti a rompere l’assedio delle truppe siriane sostenute dall’aviazione russa – non hanno nulla a che fare con le sigle più o meno fantasiose di cui i nostri media ci hanno riempito (Jaish al Fatah, Fateh al Sham ex Al Nusra ex Al Qaeda…): no, sono state “le ondate suicide del Partito Islamico del Turkestan addestrate dallo spionaggio turco” a quasi riuscire nell’impresa, naturalmente con razzi Tow americani ed altre armi occidentali utili allo scopo.
Questo “partito islamico del Turkestan”, che è carne da cannone turcofona, era inquadrato da ufficiali turchi: di quattro, catturati vivi e prigionieri, gli emissari di Assad hanno date ai turchi le informazioni richieste; degli altre tre han detto di non sapere niente. In ogni caso, sembra che la prova di buona volontà fornita dai siriani sia stata ritenuta soddisfacente.
Noi possiamo solo ricordare che in quei giorni, mentre l’aviazione russa e le tuppe siriano-iraniane richiudevano la breccia di Ramousseh (breccia mai veramente aperta: non poté mai essere percorsa da automezzi), i nostri media e l’emissario della Nazioni Unite di cui ci sfugge il nome strillavano a più non posso sulla “crisi umanitaria a Aleppo” e sui “civili” affamati e assetati sotto assedio, e gridavano che bisognava lasciar passare i rifornimenti. Sì, i rifornimenti per i kamikaze turcomanni mascherati da “opposizione siriana” o da Califfato Islamico.
Liste comuni di terroristi. Da ammazzare.
Chiarita la questione degli ufficiali, gli emissari turchi e i siriani avrebbero raggiunto un accordo preliminare sulle “liste dei terroristi”. Cosa significa? Che Damasco avrebbe accettato di inserire nelle sue proprie liste di organizzazioni terroristiche (da combattere cioè senza quartiere) tutte le fazioni curde armate che dispiacciono ai turchi e operanti nel Nord siriano; Damasco si sarebbe impegnata a smettere di armare un paio di fazioni curde operanti nella regione di Aafrine, che sosteneva in funzione anti-Ankara.
In cambio, Ankara ha promesso di smettere di rifornire di armi i gruppi jihadisti delle varie denominazioni che continuano ad occupare parte di Aleppo e combattere l’esercito siriano, e di classificare certi altri gruppuscoli armati come “organizzazioni terroristiche secondo i criteri russi” (qualunque cosa ciò voglia dire), perché i russi ci tengono a distinguere fra “estremisti” e “moderati” da far partecipare ad una futura transizione in Siria.
Già, perché questo cosiddetto “baratto” ha avuto luogo su suggerimento dei russi e degli iraniani, a livello dei capi dell’intelligence dei paesi coinvolti.
Secondo AsSafir, i turchi hanno cominciato già ad operare cambiamenti sul terreno, ad Aleppo. “Sono stati già convocati [?] migliaia di miliziani” che si trovavano sul fronte di Aleppo e di Idlib; parte ragguardevole della milizia “Al Jabhat al-Shamyyat” che si sarebbe staccata da Jaish al –Fateh. E poi, “i servizi turchi hanno ritirato il Battaglione 13 e le brigate turcomanne che si trovano alla frontiera siro-turca, e soprattutto nella provincia nord di Latakia e a Jarablus: si tratta in specie delle Brigate Murad-4,Sultam Selim, Istakim kama Oumirt ed altri gruppi vicini ai servizi turchi”.
Con tanti complimenti a chi ancora crede e scrive sui media che in Siria c’è una guerra civile, e una “opposizione siriana” fatta di patrioti e democratici che hanno dovuto prendere le armi per combattere il mostruoso dittatore Assad. Qualcuno magari avverta la Mogherini e Staffan De Mistura.
In forza di questo duro accordo (per salvare la integrità territoriale siriana) se la cavano per il momento i criminali della brigata Sultan Murad, che hanno abbattuto l’elicottero russo, e la Brigata Al-Zinki, quella che ha sgozzato in video il dodicenne palestinese – entrambi “alleati” di Erdogan in funzione anti-curda.
Si ignora se faccia parte del ‘baratto’ la notizia (ammesso sia vera) dell’uccisione presso Aleppo del “portavoce dello Stato Islamico Abu Muhammad al-Adnani”, indicato dalla propaganda occidentale come “l’organizzatore degli attentati all’estero” da Parigi a Bruxelles a Dhakka: trattasi dunque di figura la cui esistenza era puramente televisiva, molto promossa in esclusiva dal SITE di Rita Katz.
Cosa chiesero gli americani ad Assad
Si apprende ora dallo stesso As-Safir che nel 2003, il regime di Assad fornì agli americani preziose informazioni d’intelligence sui terroristi. Ben altro interessava a Washington. In un incontro avvenuto il 3 maggio 2003, Colin Powell, l’ allora segretario di Stato promise ad Assad l’apertura di “un nuovo capitolo nelle relazioni siro-americane”: bastava che Damasco cessasse di sostenere Hamas. “Vi chiedo di chiudere l’ufficio di Hamas (a Damasco) e informare i responsabili di andare a traslocare da un’altra parte. E poi, lasciate cadere Hezbollah”. Un tipo di richieste in cui chiunque può vedere la longa manus di Israele.
La risposta di Assad (che ospita più di 200 mila profughi palestinesi, molti dal 1948) fu che non avrebbe espulso alcun palestinese, a meno che essi stessi non volessero tornare in Palestina. Il “nuovo capitolo” non si aprì, e le forze di Washington si sono concentrare nella distruzione della Siria.
http://parstoday.com/fr/news/middle_east-i10969-syrie_ce_qu’assad_ne_regrettera_jamais
Ora si scopre (o meraviglia), nei territori da cui sono stati cacciati i guerriglieri dello Stato Islamico, una quantità di fosse comuni. Ormai sono 72 fra Siria e Irak, con un numero di corpi valutato fra i 5200 e i 15 mila. Frutti della sistematica pulizia etnica messa in atto dallo Stato Islamico pagato dall’Arabia Saudita, addestrato dalla Cia e sostenuta dall’Europa in forme occulte (Mogherini mantiene le sanzioni contro Damasco, per volontà Merkel-Hollande) e o meno: quelli che “sul terreno hanno fatto un buon lavoro”, secondo il ministro Fabius. Lo stesso che passerà alla storia per aver dichiarato, nell’agosto 2012: “Assad non merita di camminare sulla terra”.
In questo lurido carnaio di sangue e tradimenti, doppiezze e menzogne che è stato reso il Medio Oriente, riconosciamo almeno noi in Assad una nobile figura umana e fedele.