Risulta impossibile separare l’elezione del Presidente della Repubblica dalla valutazione di due anni di politiche anti-pandemiche. Come al solito ci dicono che il problema è “istituzionale” e che serve una “figura di alto profilo”, ma si tratta delle solite bugie della politica di palazzo. L’elezione del nuovo Presidente va vista alla luce di una valutazione (negativa) da dare all’epoca Napolitano-Mattarella [come è già stato osservato] ma anche alla luce di una valutazione (anche questa negativa) della politica italiana nel biennio Conte-Draghi.
Un italiano su tre o è contrario o è infastidito dalla politica di questo triste biennio, che considera un fallimento. Non si tratta solo del parere di chi non si è ancora vaccinato, ma anche dei tanti che sono stati costretti a vaccinarsi col ricatto del lavoro, dei tanti che hanno dovuto sopportare le mille cervellotiche e contraddittorie restrizioni, dei tanti che non hanno potuto visitare i familiari in fin di vita all’ospedale, che hanno dovuto chiudere il loro esercizio commerciale e che temono per i loro bambini nuovo obiettivo del vaccinismo e così via procedendo nelle varie tipologie degli scontenti. Alle prossime elezioni politiche [a meno che il Covid di Stato non sospenda anche questo appuntamento per motivi di “igiene pubblica”] questo terzo di italiani non starà a casa, come alle ultime elezioni amministrative, ma andrà a votare perché dopo questo lungo periodo di voluto blocco della democrazia vorrà dire la sua e la dirà in modo chiaro e antisistema. Tutte le forze politiche che avranno macchiato la propria immagine partecipando a questo fallimento della politica verranno penalizzate. Per molte di loro la votazione per il Presidente è l’ultimo appuntamento per non perdere la faccia e, poi, perdere le elezioni. […]
QUANDO LA POLITICA FALLISCE E SI COPRE PURE DI RIDICOLO
In questi due anni la politica governativa non solo ha fallito, ma si è anche coperta di ridicolo. Le vaccinazioni non hanno prodotto risultati, i vaccinati hanno continuato a contagiare più dei non vaccinati e sono stati costretti a tamponarsi ugualmente, Paesi europei senza Green Pass sono nella stessa situazione dell’Italia che invece ha sposato come un dogma la causa della certificazione verde, non sono state preparate cure domiciliari e i medici di base consigliano ancora la tachipirina, è continuata la propaganda allarmista per impaurire e perfino la fiction RAI “Doc” si è incaricata di questa missione, si è continuato a fornire dati assoluti e non contestualizzati che non informano ma allarmano, ci si è abbassati a dare le multe di 100 euro e a segregare agli arresti domiciliari chi non si vaccina identificandoli come il “nemico assoluto”. Quante risorse sono state spese per vaccini e tamponi? Quanti soldi ha pagato lo Stato italiano alle industrie farmaceutiche, scegliendo dogmaticamente per il vaccino e non per le cure? Di quanto ci siamo indebitati e quanti decenni serviranno per pagare questo debito? Quanti sono gli alberghi e i ristoranti acquistati a prezzo irrisorio da avvoltoi e avventurieri? Quale è stato il prezzo di aver parlato per due anni solo di Covid trascurando tutti gli altri aspetti della vita degli italiani? Per non parlare del costo umano e sanitario di aver trascurato tutti i reparti sanitari che non siano Covid. Per arrivare infine all’ultimo Dpcm: un vero e proprio arrogante accanimento sia contro le persone interessate sia contro il Paese, che langue e si impoverisce. Nel frattempo nessuna ripresa si vede all’orizzonte, l’inflazione, spinta dal rincaro delle materie prime, comincia a colpire le fasce deboli e medie e il governo interviene con ridicole calmierizzazioni delle mascherine FFP2.
UNA MINA PERICOLOSA PER IL SISTEMA
Certamente, oltre al terzo di italiani profondamente scontenti, ci sono anche gli altri due terzi che sembrano condividere – almeno sulla carta – la falsa sicurezza garantita dai governi Conte e Draghi. Ciò nonostante un terzo di italiani con le idee chiare è, politicamente parlando, una mina pericolosa per il sistema. Fratelli d’Italia può vantare di non essere entrato in maggioranza e senz’altro farà fruttare questa sua scelta, anche se, in generale, si è comunque trattato di una opposizione molto debole e frammentaria. C’era una “piazza” da interpretare e Fratelli d’Italia non l’ha interpretata. La Lega si trova in una situazione molto difficile e ad essa spetta ora di smarcarsi con decisione per non essere completamente accusata di concordismo col governo Draghi. La votazione per il nuovo Presidente è per questo partito l’ultima possibilità di tirarsi fuori da un periodo politico ignominioso. E forse è già troppo tardi. Significativa ma anche tardiva, la polemica assenza del ministro Giorgetti alla riunione del governo che decretava la segregazione dei non vaccinati. Anche i 5stelle, e perfino il Partito democratico, non hanno interesse a continuare con il criterio politico della situazione di eccezione anche nella nuova Presidenza della Repubblica, ma qui siamo in un ambito politico che difficilmente può rinnegare il proprio recente passato senza pagare prezzi troppo alti, anche se magari lo vorrebbe.
Se i partiti penseranno alle prossime elezioni politiche e non solo all’elezione del Presidente della Repubblica potremmo vederne delle belle, che non saranno né Draghi né Casini. Se no, no.
Nota di BastaBugie: Rino Cammilleri nel suo Antidoti mette in risalto la differenza tra le elezioni del presidente degli Stati Uniti e di quello italitano citando un articolo di Bisignani. Ecco il piccolo, ma succoso estratto.
«In un rapporto riservato del Dipartimento di Stato Usa, sulla base di un dispaccio dell’ambasciata di Via Veneto, riguardo all’elezione al Colle si legge: “Il metodo non consente una conoscenza ed un dibattito preventivo sui programmi dei candidati, che del resto ufficialmente non ci sono, tanto più che il diritto di voto appartiene a mille grandi elettori sconosciuti e prescelti oltre cinque anni fa, che fanno riferimento a non più di dieci super grandi elettori”» (L. Bisignani, Il Tempo, 23.1.22).
NAPOLITANO-MATTARELLA, UNA CONTINUITÀ DEVASTANTE PER L’ITALIA
L’autore dell’articolo sui disastri di Mattarella, Stefano Fontana, nell’articolo seguente dal titolo “Dopo Napolitano-Mattarella serve un cambio di rotta” spiega che con Napolitano e Mattarella, il Colle si è messo a fare politica diretta, adottando principi tipici del neo-globalismo. Colpisce l’univocità di discorso dei due ultimi presidenti, con la spinta sui “nuovi diritti” e il silenzio su famiglia naturale e vita fin dal concepimento. Serve discontinuità al Quirinale, per il bene dell’Italia. Ecco perché noi siamo quasi sicuri che invece anche chi sarà eletto si metterà sul solco dei predecessori. Quando il sistema è malato non si può sperare che gli uomini riescano a cambiare proprio il sistema che li ha scelti.
Ecco l’articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 18 gennaio 2022:
Le manovre per il Quirinale sono in fase conclusiva e si apre il periodo decisivo. I politici, quando devono intrecciare accordi, dicono sempre lo stesso: non si tratta di nomi ma di programmi, prima mettiamoci d’accordo sulle idee e poi troveremo il nome giusto per incarnarle. So bene che il nome giusto ognuno di loro ce l’ha già in tasca, ma tutti si attengono al gioco di “prima le idee e poi il nome”. In questo momento, però, i partiti non sono in gran forma per produrre molte idee e quindi la situazione, mentre ci si avvicina al conto alla rovescia per il Quirinale, è piuttosto confusa, col pericolo che alla fine vinca chi punta sul piatto preconfezionato di Draghi. Proviamo però almeno noi a fare un ragionamento e a produrre un quadro di valutazione politica.
Ogni considerazione sul futuro inquilino del Quirinale va preceduta da una riflessione sul Quirinale. Abbiamo trascorso una lunga fase buia, quella dell’era Napolitano-Mattarella. Lo dico ben sapendo che l’opinione corrente largamente diffusa e fatta propria dai media dominanti è contraria: l’epoca Napolitano-Mattarella sarebbe stata caratterizzata dallo stato di salute delle istituzioni repubblicane. Ma questa è la concezione degli apparati del potere ma non di tutti gli italiani.
In questi sedici anni – Napolitano governò per sette anni + due perché i partiti in ginocchio gli chiesero di rimanere dopo le elezioni del 2013 – il Quirinale si è messo a fare politica diretta, anche se da dietro le quinte. Il caso più evidente fu quando, alla fine del 2011, Napolitano impose agli italiani il governo Monti. Lo spread con i bund tedeschi saliva alle stelle, tutti parlavano di collasso imminente, Berlusconi fu costretto a dimettersi, Merkel e Sarkozy sogghignavano, Napolitano nominò Monti in sordina senatore a vita e poi lo incaricò di formare il nuovo governo. Non fu un governo tecnico, fu un governo pesantemente politico. Ci sono prove che l’aumento vertiginoso dei bund tedeschi era frutto di manovre finanziarie ed europee. La regia di Napolitano era stata pressoché perfetta, essa partiva dal Quirinale ma raggiungeva Palazzo Chigi.
La politicità della presidenza della Repubblica continua con Mattarella in molte forme: intervenendo su questioni di politica europea, appoggiando a pieno e direttamente le politiche governative anti-Covid, mettendo sostanzialmente a tacere lo scandalo cosiddetto “Palamara” sulle molteplici connessioni tra il Consiglio superiore della magistratura e il Partito democratico, ponendo il suo veto alla nomina di Paolo Savona a ministro dell’Economia come chiesto dalla Lega nel primo governo Conte, incaricando Mario Draghi di formare il nuovo governo dopo le dimissioni del secondo governo Conte e presiedendo in questo modo ad una soluzione ben vista, se non proprio voluta, dai poteri finanziari e politici europei e non solo europei. Tutti i principi e le linee d’azione del neo-globalismo sono stati fatti propri da Mattarella.
Colpisce l’univocità di discorso dei due presidenti, come se ci fosse stata un’unica presidenza lunga sedici anni. Molte le prese di posizione su Regeni, sul femminicidio, su un’ambigua parità di genere, sull’omofobia, silenzio sul caso Dj Fabo (“per non interferire con la Consulta”) e mai nessun cenno sulla famiglia naturale e sulla vita. All’adesione alla linea culturale del neo-globalismo si è aggiunta quella sui nuovi diritti. Infatti, in questi anni, quante leggi ingiuste sono state firmate dal duo Napolitano-Mattarella, a cominciare dalla Cirinnà!
Due sono quindi le principali caratteristiche delle due lunghe presidenze da cui stiamo uscendo: un chiaro impegno politico che va ben oltre la funzione istituzionale del presidente della Repubblica e l’allineamento, anche questo politico, all’ideologia dei poteri dominanti a livello europeo e internazionale e al pensiero forte del globalismo e del radicalismo. Tutto l’armamentario del politicamente corretto è stato confermato e tutelato. Molti gli interventi di Mattarella contro il sovranismo identitario (“Il vento del sovranismo non minaccerà l’esistenza dell’UE”), di appoggio ad un europeismo muscolare (“L’Europa è chiamata a un cambio di passo anche su politica estera e difesa”), di conforto ai progetti interessati alla transizione (“Non è più tempo di ambiguità, la transizione ecologica è urgente e impegnativa”), di incitamento all’immigrazione (“Italia e Europa devono fare di più”).
Non tutti gli italiani però la pensano così. La lunga ibernazione della politica con la scusa della pandemia e il collaborazionismo delle opposizioni hanno forse fatto dimenticare questi altri italiani, che però ci sono e sarebbe bene che il nuovo presidente della Repubblica si ricordasse di loro. C’è bisogno di una forte discontinuità con l’era Napolitano-Mattarella. C’è bisogno di indipendenza di giudizio rispetto alle formule prefabbricate dai poteri che contano, di coraggio per parlare di identità, libertà organica, famiglia, vita, nazione, popolo. Occorre porre fine al tatticismo istituzionale che diventa tatticismo politico.
Titolo originale: Eleggere il Presidente dopo due anni di disastri. I partiti riflettano
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 24-01-2022
Pubblicato su BastaBugie n. 753