Se vi parlano dei crimini della Russia in Ucraina…

CORRIDOI UMANITARI – IRAQ, MARZO 1991.

L’ aviazione americana bombardò la testa e la coda di questo convoglio lungo 10 km per chiuderne le vie di uscita.

Poi bombardò la colonna per ore con bombe al fosforo che bruciavano vive le persone.

Fu il deliberato genocidio della classe  media e moderna delll’Irak, per volontà di chi non possiamo dirvi.

L’autostrada della morte

Mauro Indelicato

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Nei giorni scorsi ha destato scalpore quanto dichiarato dalla commissione Chilcot, incaricata di valutare motivazioni e circostanze che hanno condotto la Gran Bretagna nell’avventura della seconda guerra del golfo, con la quale Usa e Regno Unito hanno abbattuto il governo di Saddam Hussein in Iraq; il rapporto trapelato e reso pubblico, ha demolito di fatto Tony Blair, premier laburista a Londra nel 2003, anno in cui è stato deciso l’intervento armato.Per approfondire: Isis in Iraq è anche “merito” di Blair

Di quella guerra anche la storiografia ufficiale ha iniziato a delineare i contorni reali che hanno portato all’escalation militare contro Baghdad ed inoltre, alla luce di com’è andata la storia negli ultimi tredici anni, sono ben visibili ai nostri giorni le tragiche conseguenze di quella campagna condotta da Washington e Londra: terrorismoIsis, migliaia di civili iracheni uccisi da autobomba e kamikaze, un paese distrutto ed in preda a lotte settarie tra le varie anime che lo compongono. Eppure i mali dell’Iraq e di questa fetta di Medio Oriente, sono iniziati ancora prima; c’è una data, riconducibile ad un’altra guerra compiuta dall’Occidente, che più di ogni altra può essere considerata come l’inizio dell’instabilità irachena e quindi della fine del quadro mediorientale per come lo si è conosciuto nell’ultimo secolo.Si è nel contesto della prima guerra del golfo, la data è quella della notte compresa tra il 26 ed il 27 febbraio 1991; quel conflitto è stato messo in atto per rispondere all’invasione del Kuwait perpetuata da Saddam Hussein ed è giunto al culmine della prima grande crisi internazionale dopo la caduta del Muro di Berlino. Baghdad, oltre ad aver sempre considerato il Kuwait come una porzione del proprio territorio, ha sempre fornito le prove delle colpe degli emiri kuwaitiani rei di rubare petrolio iracheno dal confine, con Saddam Hussein che ha sempre giustificato la sua azione militare partendo proprio da queste problematiche.

Secondo te l’Occidente è davvero colpevole?

La guerra non ha avuto storia: dopo un mese di bombardamenti, l’Iraq è stato ridotto allo stremo ma al tempo stesso fino a quel momento è ancora unito e da Baghdad allora Tareq Aziz, ministro degli esteri iracheno ed esponente in quel governo della minoranza cristiana, il 22 febbraio ha preso un aereo per Mosca per concordare con la cadente URSS un piano di uscita dal conflitto, prevedendo anche il ritiro delle forze irachene dal Kuwait. Ma il piano, tra l’incredulità di molti attori internazionali, è stato respinto da Bush senior, presidente Usa ancora per 18 mesi; da Washington è arrivato anzi l’ordine di iniziare le operazioni via terra per arrivare in breve tempo a Kuwait City. Così è stato ed ecco che si arriva nella notte fatidica tra il 26 ed il 27 febbraio; da Baghdad in quelle ore frenetiche, è arrivato l’ordine della resa e della ritirata, riconoscendo la vittoria militare dell’alleanza anti Saddam guidata dagli Usa.Sembrava tutto procedere per come stabilito, con la guerra oramai cessata e le ostilità appianate; ma ecco che in quelle ore è intervenuto un episodio destinato a cambiare per sempre l’Iraq e, con esso, parte del medio oriente: due carovane con migliaia di uomini e mezzi dell’esercito iracheno al seguito stavano camminando lungo l’autostrada 80, che dal Kuwait conduce a Bassora, quando improvvisamente una pioggia di fuoco ha iniziato a travolgere ogni cosa ed ogni persona si muovesse in quella lingua di asfalto lungo il deserto.

Questo è l’episodio passato alla storia come ‘la strage dell’autostrada della morte’; gli americani, pur sapendo che oramai l’esercito iracheno era in ritirata ed aveva l’ordine di cessare le ostilità ed essere inoffensivo, hanno deciso di bombardare ugualmente quelle carovane, le quali non potevano assolutamente trovare riparo e né potevano rispondere al fuoco.

In quella nottata, sono morte  migliaia di  persone che stavano di fatto semplicemente tornando a casa; l’episodio è destinato a sconvolgere l’Iraq: fino a quel momento, la sconfitta maturata sul campo aveva destato meno preoccupazione dei danni e dei disagi procurati dalla guerra, ma quel bombardamento lungo l’autostrada della morte ha fatto assumere a quel conflitto i contorni della disfatta e dell’umiliazione.

In quel 27 febbraio, l’Iraq ha conosciuto per la prima volta cosa vuol dire essere sotto il fuoco di un’alleanza che, da lì ai futuri dodici anni, tornerà nuovamente (seppur con l’apporto soltanto di Washington e di Londra) a bombardare questa popolazione per ben altre tre volte fino alla resa dei conti definitiva del 2003; il Paese mediorientale ha perso ogni certezza nel suo esercito, nei suoi apparati, in quella notte in poche parole forse in Iraq si è annullata ogni pur minima parvenza di stato unitario.Per approfondire: Perché l’Iraq rischia di scomparire

Quel bombardamento è stato molto probabilmente voluto proprio per schiacciare definitivamente il morale non tanto ad un esercito ormai in rotta, ma alla popolazione irachena; anche se le telecamere della Cnn (all’epoca quasi dominante nel panorama dei network ‘all news’) non hanno fatto in tempo a riprendere la strage, le immagini dei carri armati e dei mezzi inceneriti hanno fatto il giro del mondo ed hanno dato idea della ‘devastazione gratuita’ posta in essere.

Questo episodio della prima guerra del golfo è direttamente collegabile con quanto accaduto nel 2003; la devastazione di un Paese, la messa in discussione del suo governo nel 1991 e la sua definitiva caduta dodici anni dopo, hanno creato un buco nero nel cuore del medio oriente che adesso è difficile risanare e che ha permesso le atrocità più crudeli che potessero derivare dalle guerre settarie dell’ultimo decennio, con conseguenze anche nella crescita del terrorismo in Europa.

Ricordare quell’episodio che oramai è lontano un quarto di secolo, vuol dire ricordare l’ottusità di un occidente che dal 1991 in poi si è mosso spesso in maniera unilaterale e spropositata, contribuendo all’instabilità di un’area del mondo troppo vicina a casa propria per non recare danni anche al suo interno.

Come nel 2003, anche nel 1991 l’indebolimento del governo centrale ha dato vita a lotte intestine e settarie all’interno del paese; sciiti, curdi e sunniti sono entrati in una tensione tale da divorare lo stato iracheno poi troppo debole per affrontare l’aggressione del 2003. Come se non bastasse, quando dopo quel 27 febbraio di 25 anni fa Saddam Hussein ha usato il pugno duro contro gli insorti, l’occidente ancora presente nelle zone a sud dell’Iraq non è intervenuto nemmeno diplomaticamente per cercare di arginare la situazione.Quella dell’autostrada della morte, è una brutta storia che ha cancellato migliaia di vite e che ha iniziato a far vedere agli iracheni ed al mondo intero cosa l’Occidente aveva in mente per quello spicchio di medio oriente ad oggi così difficile da restituire alla normalità.

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“Sorgi, Signore, nel Tuo sdegno! Levati contro il furore dei nemici! Poni fine al male degli empi!”