Vento dell’Est
- 🔴 L’Azerbaigian (che ha alle spalle sia Turchia che Israele) attacca l’Armenia, alleata della Russia nel CSTO, e avanza pesanti pretese territoriali.
- 🔴 Scoppiano proteste davanti al parlamento armeno, per chiedere la testa del primo ministro Pashinyan.
- 🔴 Il CSTO, riunitosi su richiesta urgente dell’Armenia, prende una posizione ecumenica, chiedendo una “soluzione pacifica”. E non fa scattare il meccanismo di mutuo soccorso.
- 🔴 Scontri di frontiera, con diversi soldati feriti, tra Tagikistan e Kirghizistan, entrambi membri del CSTO.
- 🔴 Il partito di governo della Georgia, paese finora rimasto neutrale, apre ad una consultazione per scendere in campo contro la Russia.
- 🔴 Il ministro degli Esteri ungherese, membro di un governo che finora non ha mandato nemmeno una pistola agli ucraini, va a visitare una base Nato in Lituania.
L’immagine – vera o presunta e percepita – di una Russia “debole e in difficoltà” sta destabilizzando l’intera area euroasiatica. Creando fermenti, divisioni e tentativi di riposizionamento tra paesi neutrali, amici e alleati.
A ciò vanno aggiunti i recenti colloqui telefonici tra Putin e le due “colombe” UE, Macron e Scholz, utilizzati come messaggeri dalla Nato: entrambi premono per una resa con il cappello in mano. Ci provano, tirando fuori questa carta…
A breve Putin incontrerà il leader cinese Xi Jinping. Pechino è alleata strategica di Mosca e continuerà a garantire sostegno politico, diplomatico ed economico. Ma scordatevi l’opzione di un suo coinvolgimento diretto in Ucraina, per togliere le castagne dal fuoco a Mosca.
La Russia deve prendere – da sola – una decisione in brevissimo tempo. Una scelta irreversibile, in una direzione o nell’altra.
Tirare il freno a mano e cercare di riaprire un dialogo con l’occidente: cosa che comporterebbe pesantissime conseguenze interne e esterne per la leadership russa, che ne uscirebbe di fatto sconfitta e con un’enorme perdita di credibilità.
Oppure fare una guerra vera, utilizzando tutte le sue immense risorse umane, militari ed economiche. Una guerra contro l’Ucraina, che potrebbe diventare una guerra contro la Nato. Con tutte le immaginabili conseguenze che ciò può comportare.
È difficile prevedere soluzioni intermedie in questo momento.
Draghi riarma… Senza benzina.
Le spese militari, in particolare i fondi destinati all’acquisizione di nuovi sistemi d’arma, non subiscono battuta d’arresto con la crisi di Governo: dallo scioglimento delle Camere (avvenuto lo scorso 21 luglio) il Ministro della Difesa Guerini ha sottoposto all’esame del Parlamento oltre venti programmi di riarmo per un investimento totale pluriennale per le prime fasi confermate che supera i 12,5 miliardi di euro. L’onere complessivo delle successive fasi dei programmi, già prefigurate ma non ancora sottoposte a voto, potrebbe superare i 22 miliardi di euro nel corso degli anni di vita dei vari progetti. Queste decisioni, che impegnano fondi su futuri vari Bilanci dello Stato, sono proposte e discusse con un Esecutivo che dovrebbe solo garantire il “disbrigo degli affari correnti”, in attesa di nuove elezioni.
Cinque programmi (scudo antimissile, armamento droni Predator, elicotteri Carabinieri, sistemi di ricognizione aerea, razzi anticarro) per una spesa complessiva pluriennale di quasi un miliardo sono stati presentati al Parlamento il 26 luglio e approvati velocemente (ed all’unanimità) dalle Commissioni Difesa di Senato e Camera rispettivamente il 2 e 3 agosto.
Altri sei programmi (nuovi pattugliatori e cacciamine della Marina, ammodernamento degli elicotteri per la Marina, missili antiaerei, ammodernamento di cacciatorpedinieri per la Marina e carri armati per l’Esercito) per una spesa complessiva pluriennale di oltre 6 miliardi sono stati presentati dal Ministero tra il 3 e il 10 agosto e calendarizzati per l’esame in commissione Difesa della Camera a partire dall’8 settembre.
Ulteriori dieci programmi (elicotteri d’addestramento, gestione droni, navi anfibie per la Marina, radiotrasmissioni, satelliti spia, bazooka, un sistema di piattaforma stratosferica, droni di sorveglianza, potenziamento di capacità per brigata tattica, nuovi carri armati leggeri) per una spesa totale pluriennale di oltre 5,5 miliardi sono infine stati inviati al Parlamento dal Ministro Guerini il 1 settembre, solo pochi giorni fa. Non è chiaro se le competenti Commissioni parlamentari arriveranno a calendarizzare i pareri (obbligatori) su questi atti del Governo nei pochi giorni di vita ancora rimanenti della XVIII Legislatura.
Alla serie di richieste per nuovi sistemi d’arma concretizzate dopo lo scioglimento delle Camere si deve aggiungere anche quella per l’ammodernamento e rinnovamento di un sistema satellitare SICRAL3 presentata solo qualche giorno prima (11 luglio) per un controvalore di 345 milioni di euro. Nel corso del 2022 sono poi stati votati, sempre all’unanimità, pareri positivi per programmi d’armamento “targati” 2021 ma discussi nell’anno successivo per un controvalore totale approvato di quasi 4 miliardi di euro (per batterie missilistiche, navi cacciatorpediniere, blindati, blindati anfibi, carri armati,…) e un onere complessivo di circa 7,3 miliardi di euro.
Corsa al riarmo a Camere sciolte per oltre 12,5 miliardi di euro
MILEX Osservatorio sulle spese militari italiane (https://www.milex.org/2022/09/08/corsa-al-riarmo-a-camere-sciolte-per-oltre-12e5-miliardi-di-euro/)
Corsa al riarmo a Camere sciolte per oltre 12,5 miliardi di euro – MILEX Osservatorio sulle spese militari italiane
Le spese militari, in particolare i fondi destinati all’acquisizione di nuovi sistemi d’arma, non subiscono battuta d’arresto con la crisi di Governo: dallo scioglimento delle Camere (avvenuto lo scorso 21 luglio) il Ministro della Difesa Guerini ha sottoposto all’esame del Parlamento oltre venti programmi di riarmo per un investimento totale per le prime fasi confermati che supera i 12,5 miliardi di euro.