E’ di queste ore la notizia: l’europarlamento ha varato una risoluzione intitolata Comunicazioni strategiche dell’UE come contromisure alla propaganda di parti terze.
Leggendo il titolo si potrebbe immediatamente pensare al famoso giornalista tedesco Udo Ulfkotte che, dopo aver vinto numerosi premi internazionali, è uscito nel 2014 con un libro-confessione in cui dichiarava di aver sistematicamente mentito per 17 anni, al soldo della CIA e di ricchissimi privati. Nel suo libro, intitolato significativamente “Giornalisti comprati”, riporta che la maggior parte delle aziende di comunicazione lavorano per una agenzia di intelligence che le controlla. Oltre ai giornalisti tedeschi, Ulfkotte riferisce che soprattutto inglesi, israeliani, francesi, australiani, neozelandesi e di Taiwan, lavorano con lo stesso standard.
Le affermazioni del brillante redattore del Frankfurter Allgemeine sono piuttosto gravi: “Noi abbiamo un’informazione puramente americana, siamo di fatto una loro colonia. Tutti i giornalisti che scrivono per i media occidentali sono di fatto membri di questa organizzazione transatlantica… loro ti invitano a vedere gli USA, pagano tutto, ti riempiono di benefit, ti corrompono”.
E il modus operandi è abbastanza semplice: “Siamo tutti collaboratori della CIA, spesso vengono a trovarti in redazione, vogliono che scrivi un pezzo. Anche i servizi tedeschi sono venuti, mi hanno chiesto di scrivere…, ma io non avevo informazioni… me le hanno date loro!! e io ho scritto sulla base delle loro fonti NON verificate”.
Del resto queste confessioni non rivelano qualcosa di propriamente nuovo se già negli anni ’50 il dirigente della CIA Frank Wisner aveva pianificato l’infiltrazione di agenti segreti nel sistema dei media americani e internazionali, dai grandi network televisivi, alla carta stampata, al cinema, al fine di influenzarli e plasmarli secondo le necessità e gli scopi della propaganda statunitense. Il suo programma Propaganda asset Inventory comprendeva uno schedario virtuale con più di 800 organizzazioni della stampa e di news, pronte a diffondere qualunque notizia Wisner avesse scelto. Il network includeva giornalisti, opinionisti, case editrici, editori, organizzazioni intere come Radio Free Europe e corrispondenti di svariate agenzie di news.
Nel suo articolo “La CIA e i media” il giornalista Carl Bernstein, a fine anni ’70, rivelava che i massimi organi di informazione erano stati acquisiti da questo programma: ABC, NBC, l’Associated Press, UPI, Reuters, Hearst Newspapers, Scripp-Howard, il magazine Newsweek ed altri ancora”. E le sue informazioni sono state confermate dal libro autobiografico di un ex dirigente CIA, E. Howard Hunt, publicato nel 2007. (Una spia americana: La mia storia segreta nella CIA, il Watergate ed oltre, Hoboken NJ: John Wiley & Sons, 2007, pag.150).
Dunque l’Unione Europea vorrebbe reagire a questa scandalosa infiltrazione politico-militare di una stampa ridotta a propaganda? Vorrebbe ripristinare l’indipendenza dei media, contrappeso essenziale al potere dei governi per salvaguardarli da derive autoritarie e strumento imprescindibile della democrazia? (Domande non retoriche visto il trattamento subito dallo stesso Ulfkotte quando si è messo a raccontare la sua storia: “Io so cosa succede se non vuoi collaborare con loro. Per sei volte la mia casa è stata perquisita da cima a fondo perché ero stato accusato di rivelare segreti di stato”).
Vorrebbe salvaguardare un’identità europea dalla sudditanza agli Stati Uniti d’America, visto che, dopo tutto, si chiama Unione Europea, non Unione Americana?
Niente di tutto questo: il documento di Bruxelles è rivolto principalmente contro i media russi come RT e Sputnik, i quali non nascondono subdolamente il loro schieramento, come fanno invece gli “autorevoli” media occidentali, ma propongono, apertis verbis, una più completa lettura della realtà.
Il problema è che quest’anno RT si è assestato nelle prime cinque posizioni tra i canali televisivi più seguiti al mondo, e la somma dei telespettatori tra Tv e web ha superato l’identica somma per la BBC, nonostante il budget del canale inglese sia superiore a quello russo.
Chissà, forse diffondere la verità è più facile e meno costoso che diffondere la menzogna?
Ma alla BBC ne hanno fatto una questione di denaro e di potere: alzare i budget e boicottare i russi, cosa che hanno già iniziato a mettere in pratica sul territorio inglese, dove tutti i conti bancari di RT sono stati bloccati da metà ottobre. Adesso arriva anche la risoluzione europea, che in pratica richiede una censura dei media russi, perché non dipingono la realtà secondo i desideri dell’establishment euroatlantico.
Il documento dell’europarlamento sostiene inoltre che la Russia fornisce sostegno finanziario ai partiti politici d’opposizione dei paesi membri della UE ed utilizza le relazioni bilaterali coi singoli paesi come fattore di divisione tra i membri dell’Unione.
Due parole anche su queste accuse: per quanto riguarda il sostegno finanziario, è d’uso quando si fa questo tipo di proclami portare delle prove, che in sede atlantica non sono abituati ad esibire: se l’hanno detto loro, a noi mortali deve bastare. Strano però che ciò li scandalizzi, quando analoghi finanziamenti di Soros alle rivoluzioni colorate sono ben provati e alla UE non protestano.
E addirittura, senza bisogno di alcuna prova, se è il dipartimento di Stato americano a finanziare partiti e rivolte a casa altrui, i suoi funzionari possono persino vantarsi pubblicamente di aver speso 5 miliardi per destabilizzare l’Ucraina. Una guerra civile alle porte dell’Europa qualche preoccupazione a Bruxelles potrebbe arrecarla, o no? E le intenzioni di questo programma erano forse rispettose degli interessi europei? A giudicare dal famoso “fuck Europe” di Victoria Nuland, non sembra che la pace e il benessere degli europei fosse al primo posto tra i suoi obiettivi.
Obiettivi peraltro dichiarati spudoratamente dall’analista strategico George Friedman. Basta vedere il video in cui sostiene che l’inimicizia tra russi ed europei, segnatamente tedeschi, è un requisito fondamentale per l’egemonia statunitense (youtube).
Insomma, da questi confronti emerge chiaramente che la risoluzione UE non nasce da un desiderio di tutelare in qualche modo la qualità dell’informazione, ma da un ostinato preconcetto di ostilità nei confronti della Russia.
La prova del nove la forniscono, ancora una volta, le confessioni di Ulfkotte: “I media tedeschi e americani stanno cercando di portare la guerra in Europa e di portarla in Russia… ho manipolato le persone e ho fatto propaganda contro la Russia. Non è giusto quello che ho fatto finora…boicottare e screditare la Russia per alzare un muro per l’Europa… Noi abbiamo spinto per entrare in guerra, io non voglio più guerre”.
Si noti quel “I media… stanno cercando la guerra” che riflette il fulminante aforisma di Karl Kraus: “Come cominciano le guerre? I diplomatici raccontano bugie ai giornalisti, poi credono a quello che leggono sui giornali”. Ma purtroppo siamo oltre anche a questa fase, in pieno delirio hegeliano: se la realtà si adatta alle nostre teorie bene, altrimenti tanto peggio per la realtà. Principio che nel mondo dell’informazione si traduce con un “se la realtà è utile alla nostra propaganda ne parliamo, altrimenti no.
E infatti, digitando il titolo del documento Ue nel motore di ricerca del Corriere, di Repubblica e de La Stampa -online- non compare nulla. Insomma, la UE censura i media, ma in segreto, con la complicità di altri media. La conclusione è che l’Unione Europea sembra aderire senza riserve ai principi del “socing” di orwelliana memoria: la guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza.
E li sta applicando in ordine funzionale, ricordatene cittadino: la tua ignoranza è la sua forza; grazie al potere di manipolarti che le conferisci con la tua ignoranza, sarai convinto che la tua forma di schiavitù si chiama libertà (libertà democratica per la precisione); e infine, stai bene attento, ti confezionerà una splendida pace, che potrai gustare sotto i bombardamenti a tappeto e il fischio della mitraglia.
25.11.2016