L’amico americano, da Washington, mi commenta i contraccolpi della vittoria di Trump sul Vaticano. E’ in rovina il progetto di “primavera cattolica” sul modello delle primavere arabe, auspicata nella famosa mail da John Podesta. Gli ho rimbalzato l’importante articolo di Piero LaPorta su La Verità, che dice in fondo la stessa cosa con informazioni d’intelligence: “Bergoglio predica la povertà e inquatta denari”.
Qui si legge che El Papa “ oggi è furioso con chi lo ha mal consigliato – facendogli credere sicura la vittoria di Hillary – e tuttavia s’illude di recuperare peso negoziale con Trump, aizzandogli contro l’opinione pubblica, sulla quale, ne è proprio convinto, presume di avere un controllo a tutta prova. È un illuso, ma deve guadagnare tempo mentre le elezioni presidenziali lo lasciano scoperto, perché «la finanza vaticana ha avuto un ruolo al servizio di Hillary Clinton e delle sue guerre e questo Trump lo sa» (…) «Bergoglio, Bertone e i cardinali tedeschi condividono un segreto finanziario di enorme portata. Quale? Penserà Trump a metterli a posto. D’altronde egli sa bene che costoro hanno finanziato la campagna elettorale della Clinton».
L’amico americano mi chiede se ho visto The Young Pope, la serie di Sorrentino sul ‘giovane papa” Pio XII. Ho visto solo la prima puntata, mi son chiesto dove andava a parare: il Papa giovane vi appariva ortodosso e profondamente conservatore, figura netta fra cardinali dalle cui facce traspariva l’abiezione e la falsità…
Poi è cambiato e si è fatto tutto dolce, tutto amore, dice l’amico. E sostiene che questa serie è parte del progetto “primavera” ad ausilio dell’opera di Bergoglio.
Non spingo fino a questo punto il mio complottismo, scherzo. Lui insiste. Mi ricorda “Il Divo”, dove Sorrentino atteggia Andreotti come Nosferatu, deliberatamente ricalcando le scene di quell’Horror dell’espressionismo tedesco; “La grande bellezza”, preludio d’atmosfera allo scacco del PCI (PD) su Roma, e al cambio di regime a favore del 5 Stelle. Sorrentino, molto promosso in Usa, è diventato uno specialista in questo genere di film “di cultura” che influenzano certi ambienti. Io continuo ad essere incredulo. L’amico americano mi ricorda i film del ’76, “Cadaveri Eccellenti” e “Todo Modo” : servirono, mi assicura, a preparare l’opinione pubblica all’assassinio Moro e alla distruzione della DC per impulso americano. “Non si può fare l’omicidio Moro senza preparare l’opinione pubblica”, mi dice: “Proprio tu non puoi dubitare dell’uso politico di Hollywood, e delle fiction in generale come strumenti di creazione di stati d’animo collettivi”.
“Papa Francesco” fu immaginato a Princeton, nel 1979
Per esempio, mi dice, lo sai che nel 1979 è uscito un romanzo, “The Vicar of Christ”, scritto da Walter Murphy, uno “scienziato politico” docente a Princeton, nonché colonnello dei Marines, che ‘preconizza’ quel che fa oggi Bergoglio?
Cerco rapidamente sul web. Il libro del professore-colonnello è stato nella classifica dei best-seller del New York Times per 13 settimane: il che non significa necessariamente che fosse molto venduto, ma che il New York Times lo pompava. Parla di Declan Walsh, eroe di guerra, poi membro della Corte Suprema, sposato, un adulterio nella sua vita; infine, dopo la morte della moglie, si fa monaco. Viene eletto Papa dal Conclave di una Chiesa alle corde.
Asceso al soglio, papa Walsh attua la rivoluzione: “Lancia una crociata globale contro la fame, gestita da giovani cattolici e finanziata dalla vendita dei tesori del Vaticano. Interviene più volte nei conflitti mondiali, recandosi anche in aereo a Tel Aviv mentre è sotto i bombardamenti arabi”. Ma soprattutto “ Si propone di invertire gradualmente gli insegnamenti della Chiesa sulla contraccezione e sul celibato ecclesiastico, confinando i cardinali conservatori alla vita monastica, quando essi complottano contro di lui. Flirta con l’eresia ariana, che dubitava piena divinità di Gesù, e fa suo lo stile quacchero di pacifismo religioso, sostenendo che la teoria della guerra giusta non è aggiornata in epoca di armi nucleari e di guerra totale. Quest’ultima mossa alla fine lo porta alla morte, assassinato probabilmente da uno dei governi minacciati dalla sua ricerca della pace”.
Un papa secondo i desideri del potere americano. E che nome assume Walsh diventato pontefice? “Francesco”. Franciscus Primus.
Sì, ma è un libro del ’79!, esclamo. Era appena salito al soglio Woytila!. L’amico americano non si scompone: e che importa? Per cambiare una istituzione ferma da 2000 anni, bisogna pur che il progetto parta da lontano. Son meno di 40 anni.
Dopotutto, rifletto, c’era già stato il Concilio. E il “mondo” (quel ‘mondo’) aveva già visto con quanta facilità il centro e vertice della Chiesa s’era aperto alla nota lobby, lasciandosene infiltrare; era stato praticamente dettato dal B’nai B’rith il documento Nostra Aetate, che cancellò, e vietò ai cristiani, l’accusa di deicidio al popolo ebraico. Era stata cambiata la dottrina bi-millenaria su un punto centrale per la fede. L’appetito per indurre cambiamenti come la morale sessuale e i preti sposati non poteva che essersi acuito, in ‘quel mondo’.
(Per l’infiltrazione del B’NAi B’rith al Concilio, http://www.crisinellachiesa.it/articoli/massoneria/azione_giudaico_massonica/azione_giudaico_massonica.htm.
http://www.disinformazione.it/bnaibrith.htm)
L’amico americano mi ricorda “The Vatican” il nome di una serie televisiva, regia di Ridley Scott, che stava per uscire nel 2013, che avrebbe “dovuto esplorare le relazioni, le rivalità, i misteri e i miracoli che si nascondono dietro una della più importanti, potenti Istituzioni del mondo: la Chiesa Vaticana”. Era, secondo l’amico, una fiction fatta per ausiliare la grande operazione di persecuzione-pressione contro Benedetto, ampliando e diffondendo la sensazione di un’istituzione corrosa da una corruzione senza riscatto; poi fu un flop perché Ratzinger “ha dato le dimissioni prima del previsto”.
Il punto è che il vecchio libro di Murphy sul papa chiamato Francesco è stato recentemente rievocato su una rivista culturale americana, The Atlantic: nel maggio 2015, a firma di Ross Douthat (un altro “scienziato politico”, di Harvard). Titolo: “Will Pope Francis break the Church?”, ossia: spaccherà la Chiesa Papa Francesco? Farà uno scisma?
http://www.pierolaporta.it/wp-content/uploads/2015/06/Will-Pope-Francis-Break-the-Church_-OCR.pdf
Un articolo lunghissimo, 19 pagine. Un saggio. Dove si analizza a lungo il profilo psico-biografico di Bergoglio: stroncatore della teologia della liberazione fra i gesuiti, dipinto (da giornalisti ebrei) come poco meno che collaborazionista col regime militare argentino, insomma con un profilo di destra che gli dovette attrarre voti dei cardinali nordamericani che ora lo osteggiano, convinti che sarebbe stato “a conservative Pope”. Adesso hanno avuto una sorpresa: il Francesco ‘previsto’ 38 anni orsono da Murphy.
“Francesco ha mostrato esplicita disapprovazione, non tanto verso i religiosi conservatori, ma verso quelli esplicitamente associati al tradizionalismo e alla messa in latino. È questo il famoso caso del cardinale Raymond L. Burke, che fu nominato da Benedetto, ed è stato retrocesso a una posizione di mero cerimoniale; ma anche sui vescovi e sugli ordini religiosi tradizionalisti spira un vento gelido”, scrive Douthat.
“La teologia dei conservatori rende loro impossibile resistere a un papa liberalizzatore”
L’autore però si concentra sul punto della massima importanza, sul quale teme che Francesco possa fallire: “Egli ha più volte mostrato un tacito (sic) sostegno per l’idea, da tempo sostenuta da Walter Kasper, di permettere ai cattolici un secondo matrimonio per ricevere la Comunione, anche se il loro primo matrimonio è considerato ancora valido – cioè vivono in quanto la Chiesa considera una relazione adulterina.
L’argomento, di Kasper e altri, è che questo sarebbe strettamente un cambiamento pastorale, un gesto di accoglienza e di perdono, piuttosto che l’approvazione della seconda unione, e quindi non modificherebbe l’insegnamento formale della Chiesa sull’indissolubilità del matrimonio. Si sottintende che il quadro post rivoluzione sessuale è ormai culturalmente estraneo alla Chiesa, come lo era la Cina ai tempi di Matteo Ricci”.
Il guaio è la possibile obiezione dei conservatori: ”Se l’adulterio in corso è perdonabile, allora perché non altre forme di amore, impegno di lunga durata sessuale? Non solo coppie dello stesso sesso, ma coppie conviventi eterosessuali e anche famiglie potrebbero meritare la stessa eccezione pastorale, rendendo repentinamente anacronistica l’idea stessa di oggettivo peccato sessuale. […] Si lascia intendere al mondo e ai tanti cattolici che il cattolicesimo si è formalmente arreso alla rivoluzione sessuale. E sarebbe l’impossibilità per molti conservatori, laici e clericali, di evitare una sorta di opposizione pubblica al papa”.
In realtà, prosegue Douthat, “la Chiesa cambia da sempre. Un insegnamento o un’idea (la proibizione contro l’usura , o la speculazione teologica del limbo per i bambini morti non battezzati) diventa a poco a poco regressiva: i cattolici finiscono per ignorarlo e la Chiesa smette di parlarne”. Oggi i progressisti “sinceramente pensano che un cambiamento come quello proposto dal Cardinal Kasper è solo un lieve aggiustamento pastorale (come la scomparsa postconciliare del venerdì senza carne)”; sicché prevede che “i conservatori brontoleranno per poi imparare velocemente a convivervi”.
Dopotutto, infatti, si rallegra l’autore, “La teologia dei conservatori rende impossibile per loro resistere efficacemente a un papa liberalizzatore; in ogni caso non hanno altro posto dove andare. Poiché i cattolici conservatori sono così subordinati all’autorità papale, una rivoluzione dall’alto può trascinarli tutti in avanti”.
Era questo il progetto per cui il colonnello-scienziato politico Murhy sintetizzò nel suo romanzo un Papa, e gli diede nome Francesco?
“Il nome Francesco e il programma globalista-pauperista di Bergoglio, è perfetto per legittimare-santificare l’attuale fase, terminale della globalizzazione: quella che ha promesso la crescita infinita, e sta portando la miseria nel mondo sviluppato. Siate poveri come Francesco, che vive in un bilocale a Santa Marte e ha l’utilitaria”.
Non spingo il mio complottismo fino a questo punto.
Mi basta quello di Piero LaPorta. Per esempio, sul grande successo diplomatico di Francesco a Cuba, assistito da Obama che gli ha dato l’onore di aprire l’isola castrista al commercio internazionale, egli ha un giudizio brutale: “Si sta costruendo così una base bancaria a Cuba per realizzarvi un paradiso fiscale difficilmente criticabile, almeno per qualche lustro, stante l’aura sacrale della patria di Castro e del Che, con la benedizione di Francesco. Una volta che ci si metta d’accordo sui soldi anche la questione di Camp Delta e dei suoi ospiti in catene troverà una soluzione”. Per leggere le sue spiegazioni, qui:
E LaPorta torna sul tema nel pezzo che ha scritto per La Verità, “Bergoglio predica la povertà e inquatta denari”.
Dove si parla dell’APSA, Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica – l’ente finanziario che, al contrario dello Ior ormai obbligata alle norme di “trasparenza” globali sta, “riceve ed emette liquidità senza bilanci, senza rendere conto ad altri se non a chi ne assume il controllo”: che sarebbe ancora Bertone, attraverso i suoi uomini, e nell’assenso del papa Francesco, il papa-pop dei rotocalchi. Là vi sono, assicura LaPorta (la cifra sembra esagerata) “centinaia di miliardi, ancora più incontrollabili dopo la riforma voluta da Bergoglio […] miliardi incontrollabili, molti dei quali erano diretti verso il più politically correct dei paradisi fiscali, Cuba. Con l’arrivo di Trump il piano scricchiola e i vessilliferi della povertà sono molto preoccupati».
Il tutto con un elogio comparativo allo “ Ior di Marcinkus”, che “era criticabile, ma non ha mai genuflesso la Chiesa a gente dello stampo dei clintoniani e di Goldman Sachs, né ai loro servi mitrati”.
Potete leggerlo qui:
Sono informazioni che noi, semplici cronisti, non siamo in grado di confermare o smentire. Da povero cattolico qualunque, leggo la frase “Bergoglio, Bertone e i cardinali tedeschi condividono un segreto finanziario di enorme portata. Quale? Penserà Trump a metterli a posto. D’altronde egli sa bene che costoro hanno finanziato la campagna elettorale della Clinton». E mi accontento. Sperando nella prossima puntata. Lo scandalo del denaro inquattato.