La spesa pubblica al bar dello Sport

La spesa pubblica al bar dello Sport

di Alberto Bagnai*

 

Domanda:

Bene, dall’analisi costi/benefici di una permanenza nell’euro vs un’uscita potrebbe anche risultare conveniente uscirne. Non ci devono essere tabù.

E poi?
Lo Stato resta, con la sua famelica voracità ed in più il potere di maneggiare la nuova Lira…col solo nuovo vincolo costituzionale sul deficit… ma non sulla spesa.
Cosa sarebbe peggio?
Forse, prima di decidere di restare o andare, ammesso che tale scelta sia mai all’ordine del giorno, bisognerebbe agire sulla reale origine dei mali italiani: la spesa pubblica che drena le risorse produttive del paese.
Che ne pensa?
Grazie mille,
Giampaolo Ongaro
Risposta:

Penso che lei è uno che crede a quello che le dicono, il che può essere un bene o un male. L’idea che la spesa pubblica “dreni” le risorse produttive del paese è un ottimo luogo comune da prima serata.

Replica:

Mi aspettavo una risposta nel merito piuttosto che una battuta. Giannino è pazzo?

Controreplica:

Vede, lei se la prende perché l’ho liquidata con una battuta, e vuole una risposta “nel merito”? E io gliela do, sperando di essere chiaro. Dopo di che forse intuirà perché a certi argomenti chi i dati li conosce è fortemente tentato di rispondere con una battuta.

La sua idea che la spesa pubblica “dreni” (un economista direbbe “spiazzi”) risorse è estremamente semplicistica, si appoggia a modelli discutibili, e le assicuro che sul piano dottrinale è molto più controversa di quanto non sia nei dibattiti da bar. Va bene così?

L’Italia ha sì un problema strutturale di deficit pubblico, credo di essermene accorto in venti anni che lo studio. Le faccio notare che questo problema è strutturale, preesisteva alla crisi, e anzi prima della crisi l’Italia stava lentamente rientrando dal deficit pubblico:

2001    -3.1

2002    -3.0
2003    -3.5
2004    -3.5
2005    -4.4
2006    -3.3
2007    -1.5

(i dati sono in punti di Pil e vengono dal database del Fmi).

Vede? Dopo aver raggiunto un picco nel 2005 per motivi congiunturali, nel 2007 (anno precedente alla crisi) il deficit si era dimezzato rispetto al valore del 2001. Il deficit pubblico quindi non è la causa dei nostri problemi attuali (ma certo rimane una circostanza aggravante). Ma certo, lei forse si ricorderà come funzionava al tempo della cosiddetta aviaria: “un’altra vittima dell’aviaria!” (titolo strillato)… poi, sottovoce, nascosto fra le righe: “il virus è stato trovato su un vecchio ottantenne malato di tumore al polmone che si è gettato dalla finestra”… Si sa come i giornali graduano le cause e gli effetti: allora il problema era far vendere il vaccino alle industrie farmaceutiche. Oggi il problema è salvare le banche. E quindi dare la colpa allo Stato cattivo (mentre gli si chiedono i soldi).

Il nostro deficit è composto essenzialmente da spesa corrente per interessi, cioè è legato alle dimensioni del debito, che effettivamente costituiscono un problema. Da cosa si vede? Semplice: dal fatto che il saldo primario (al netto degli interessi) è costantemente e consistentemente positivo:

1999    4.6

2000    5.2
2001    2.9
2002    2.4
2003    1.4
2004    1.1
2005    0.1
2006    1.1
2007    3.2
Le chiarisco un punto che potrebbe sfuggirle. Se, ad esempio, nel 2007 il nostro saldo primario era di 3.2, ma il saldo complessivo di -1.5, questo significa che la spesa per interessi era di 4.7 punti di Pil (complessivo=primario-interessi=3.2-4.7=-1.5).

Ci siamo, nel merito, come piace a lei?

Quindi il problema a monte della spesa è chiaramente il debito, che determina l’enorme spesa per interessi (della quale possiamo solo aspettarci che riesploda nei prossimi anni, a causa dello spread). A spanna, se il nostro debito fosse quello che i parametri di Maastricht richiedono, cioè quello che era alla fine degli anni ’70, noi nel 2007 avremmo pagato 2.5 punti di Pil di spesa per interessi, e quindi avremmo avuto un surplus complessivo di quasi un punto di Pil (3.2-2.5=0.7).
Sa quando è sorto il problema del debito? Glielo dico subito: dopo il divorzio fra Tesoro e Banca d’Italia del 1981, effettuato come parte integrante del percorso verso l’Euro(pa), contestualmente all’ingresso nel Sistema Monetario Europeo. Perché? Semplice. Perché l’ingresso nello Sme obbligava l’Italia ad adottare una politica monetaria restrittiva (alti tassi di interesse) per “difendere” il valore del cambio. Il tasso di interesse reale ha superato il tasso di crescita e l’Italia ha cominciato a indebitarsi per pagare gli interessi sul debito. Vuole vederlo? Eccolo qua:

È ampiamente riconosciuto da chi non adotta un approccio ottusamente ideologico che il percorso “europeo”, intrapreso per questi nobili scopi, ha avuto come “danno collaterale” l’esplosione del debito pubblico, con la quale la spesa primaria c’entra poco, perché mentre il debito raddoppiava, essa restava costante in rapporto al Pil (32% nel 1980, 36% nel 2000), mentre c’entra quella per interessi, che raddoppiava (dal 5% nel 1980 fino a oltre l’11% a metà degli anni ’90, per poi ridiscendere quando il debito, come vedrà dalla Fig. 1, si stabilizza). Vuole vederlo? Eccolo qua:

Vede? La spesa primaria sale fino all’inizio degli anni ’80, poi si stabilizza. Ma in Fig. 1 vedrà che è proprio da allora che il debito comincia a correre.

Vuole il parere di un esperto? Nicola Acocella “La politica economica nell’era della globalizzazione”, p. 122: “Quanto poi la scelta di ricorrere a un fattore esterno di disciplina sia stata coronata da successo… e quanto invece abbia imposto sforzi eccessivi in termini di elevati tassi di interesse e, quindi, di aggravamento del debito pubblico è materia che deve essere ancora serenamente valutata, in particolare alla luce della svalutazione della lira avvenuta nel 1992”. Direi che alla luce della crisi che stiamo vivendo, i benefici del vincolo esterno non si vedono, i costi invece ci sono tutti, e si vedono bene in Fig. 1.

Tornando all’età dell’euro, nel periodo dell’euro, dal 1999 al 2007, l’Italia è stata più virtuosa degli altri paesi europei. Ce lo dice la media del saldo primario in rapporto al Pil:

Ireland            2.9

Italy                2.4
Spain               2.2
Netherlands    1.7
Austria            0.7
Germany         0.4
Greece             0.4
France             -0.1
Portugal          -1.2

Solo l’Irlanda ha avuto uno stato più “risparmioso”, ma non le è servito perché essa aveva ben altri squilibri strutturali, che noi non abbiamo (ancora), dovuti agli ingenti afflussi di capitale estero, i quali non sono sempre benefici, talora sono venefici, come ho spiegato su lavoce.info. La Germania, tanto virtuosa, ha avuto un saldo primario pari a un sesto del nostro, e del resto abbiamo visto che la sua crescita è stata trainata in buona parte dalla spesa pubblica, e abbiamo anche visto per quali motivi: sostanzialmente per finanziare una svalutazione reale competitiva ai danni della periferia, violando il patto diStabilità per sostenere i costi sociali delle sue “riforme” del mercato dellavoro (deprecate perfino dalle Nazioni Unite per il loro carattere unilaterale, foriero di instabilità strutturale per l’intera area euro).

Certo, il governo italiano ha risparmiato anche perché era costretto a farlo, data la pesante eredità che aveva. Ma una eredità simile ce l’avevano anche altri governi, che non si sono comportati altrettanto bene. Quindi finiamola anche con la storia che la colpa è di Berlusconi sempre e comunque, perché questo nei dati non c’è.

Ah, ma lei parla di spesa, quindi, mi dirà, non è significativo parlare di deficit, perché in fondo lo Stato italiano potrebbe essere risparmiatore a spese del contribuente: spende tantissimo e tassa tantissimo. Orrore! Solo che le cose non stanno così. Nel periodo 1999-2007 il rapporto fra spesa pubblica complessiva e Pil nei paesi dell’eurozona è stato questo:

France             53

Austria            51
Italy                48
Germany         47
Netherlands     46
Greece             45
Portugal          43
Spain               39
Ireland             33
L’Italia arriva terza, dopo la Francia (5 punti di Pil in più) e l’Austria (tre punti di Pil in più), mentre la Germania, la virtuosissima Germania, è indietro, distante, distantissima, a, si figuri, ben un punto (dicesi 1 punto) di Pil in meno di spesa pubblica. Lo sapeva? Credo di no. Ecco, ora lo sa. Quindi “spesa pubblica” è una parola che al bar Sport dice più di quanto dica nella realtà e anche nella teoria economica. Tant’è vero che il paese meno spendaccione chi era? Guarda un po’, or vedi sorpresa: l’Irlanda. Che infatti aveva un debito pubblico bassissimo e un debito estero altissimo. Secondo lei, cosa l’ha mandata per aria?

Ricapitolando: la rigidità del cambio, che lei lo colga o meno, è stata evidentemente una parte del problema della spesa (imponendo politiche di alti tassi di interesse e avviando l’Italia nella spirale del debito), e la sua rimozione dovrà essere una parte della soluzione. Se le interessa la Francia, per dirne una, ha avuto dinamiche simili dopo il suo “divorzio” (nel 1973).

Giannino è un simpatico showman, del quale talora apprezzo le analisi e sempre apprezzo l’unica cosa che certamente abbiamo in comune: il narcisismo. Sta a lei decidere adesso chi se lo può permettere di più, se Goofy, o Giannino. Siamo in democrazia. Nel frattempo sto valutando l’ipotesi di farmi crescere dei baffi a manubrio. Fanno molto Maupassant, che resta uno dei miei autori preferiti.

E la morale della favola è che se non volete essere liquidati con una battuta… non cominciate voi!

17 maggio 2012

*Docente di Macroeconomia all’Università G. D’Annunzio di Pescara

da www.goofynomics.blogspot.it

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