Un diplomatico israeliano nell’ambasciata di Londra parla di come “togliere di mezzo” un vice-ministro britannico, sir Alan Duncan, colpevole di aver definito l’occupazione dei Territori “un furto”.
Il diplomatico, che si chiama Shai Masot, ne parla ad una assistente di un sottosegretario, Robert Halfon, del gruppo “Amici di Israele” nella politica britannica. L’assistente ha il nome italiano di Maria Strizzolo (sarà una Erasmus?) e risponde ammiccando: “Mai dire mai – si può ben trovare qualcosa…un piccolo scandalo magari”.
Nel video – che è stato rubato da un infiltrato della tv Al Jazeera, presente alla conversazione – i due ammiccano e ridacchiano. Shai Masot evoca un altro nemico da abbattere, Crispin Blunt, deputato conservatore membro del ministero degli Esteri, “veramente troppo pro-arabo”. La Strizzolo assicura che la persona si trova già “in una lista”.
Una lista di deputati non abbastanza filo-giudaici da eliminare.
La faccenda è stata rapidamente soffocata dal governo inglese. “L’ambasciatore israeliano [Mark Regev] si è scusato, è chiaro che quei commenti non riflettono le posizioni sue o del governo israeliano. Il Regno Unito tiene relazioni di fiducia con Israele e consideriamo la questione chiusa”, dice il comunicato del Foreign Office. Unica a dimettersi, dopo aver cercato di difendersi accusando, all’italiota (“le mie parole sono state riferite fuori contesto ed ottenute con l’astuzia e il sotterfugio”) è stata la Strizzolo. Che ha cancellato anche il suo sito Facebook, dove si definiva compiaciuta di sé “Italian geek, adopted UK as my home, driven by curiosity, Conservative. Love politics,cheese&chocolate …”, ossia “Secchiona italiana, ha adottato il Regno Unito come mia patria indottavi da curiosità. Conservatrice, ama la politica, il formaggio e il cioccolato”. Un’ altra Giulio Regeni da usare e poi gettare; ne abbiamo delle grosse riserve.
Non è il caso di notare che se, poniamo, nell’ambasciata russa si fosse parlato di “una lista” già pronta di deputati inglesi da “eliminare”, ciò sarebbe stato bollato come un’intollerabile e pericolosissima ingerenza straniera, gravissimo incidente diplomatico.
Voglio solo far notare come l’episodio si inserisce in una serie di atteggiamenti, come dire?, sempre più padronali del regime israeliano verso i goym in generale. Un atteggiamento sempre più apertamente sostenuto da un’ampia parte degli ebrei all’estero.
Il 24 dicembre, c’è stata l’inusitata risoluzione del Consiglio di Sicurezza di condanna degli insediamenti illegali giudaici nei territori rubati ai palestinesi; dove per una prima ed ultima volta (inutile meschina vendetta di Obama senza conseguenze) il voto di condanna non è stato annullato dal veto americano. Netanyahu ha convocato gli ambasciatori dei 14 paesi che hanno votato sì per una lavata di capo sovrana; l’ha fatto apposta il giorno di Natale, per sfregio alla fede cristiana di molti di loro (“Cosa avrebbero detto a Gerusalemme – ha osservato un diplomatico, ovviamente anonimo – se un ambasciatore israeliano fosse stato convocato nel giorno di Kippur?”). Inoltre, Bibi ha convocato anche l’ambasciatore Usa trattandolo come uno straccio (ancorché si chiami Shapiro..). Inoltre ha richiamato gli ambasciatori da Senegal e Nuova Zelanda, che avevano osato non votare a favore suo; ha fatto cancellare un programma di aiuti israeliani al paese africano; al neozelandese ha sibilato che il voto del suo paese era “una dichiarazione di guerra”; ha cancellato la visita in Sion del primo ministro di Kiev (ancorchè anche lui si chiami Groysman ). Ha infine ovviamente dichiarato che lui della “vergognosa” risoluzione Onu se ne frega, come di tutte le altre – perché, è implicito, il diritto ebraico sul mondo supera il diritto internazionale di tutti i goym, e quindi avrebbe costruito ancora più case per i giudei di prima sulla terra rubata.
Il 4 ottobre, quando l’Unesco ha definito Israele “potenza occupante” di Gerusalemme mettendo in dubbio – in base, veramente, alle più recenti scoperte archeologiche e agli studi dello storico Shlomo Sand sulla “Invenzione del popolo ebraico” – che esista un diritto degli attuali ebrei (khazari) sul “muro del pianto” e sul “monte del Tempio”, Netanyahu ha naturalmente espresso propositi punitivi contro l’Unesco. Ma non quanto il suo ministro degli Esteri, Avigdor Lieberman, in vista di un altro incontro scientifico in programma a Parigi sul Medio Oriente, ha detto che in Francia si stava organizzando “un altro processo Dreyfus” e si è rivolto agli ebrei francesi così: “Se volete restare giudei, che i vostri figli e nipoti restino giudei, dovete lasciare la Francia e venire a stabilirvi in Israele”.
Soros per mutare le leggi dei paesi “cristiani”
Altri indizi. Georges Soros ha lanciato (e finanziato attraverso la sua Open Society Foundation ) una campagna triennale per far cancellare in Irlanda la legge (relativamente) anti-aborto vigente – iscritta nella Costituzione – perché, si legge nel documento della Foundation, avendo l’Irlanda “una delle leggi più restrittive al mondo, una vittoria qui avrebbe forte impatto sugli altri paesi cattolici in Europa, dimostrando che cambiare è possibile anche nei posti più conservatori”. Il documento cita anche Messico, Zambia, Nigeria, Tanzania, l’America Latina, come paesi da far evolvere verso”la salute e l’autonomia riproduttiva della donna”. Improvvisamente, in Irlanda, i gruppo pro-aborto “mostrano di avere vaste risorse che non avevano qualche anno fa”, dice Cora Sherlock, del Pro Life Ireland.
E’ lo stesso Soros che promuove l’ondata di rifugiati in Europa dal 2005; dove la sua fondazione Pro-Asyl, che è detta “la filiale tedesca della Open Society”, ha dichiarato che l’Europa deve ricevere un milione di richiedenti asilo all’anno. Soros è colui che ha messo nel mirino per l’eliminazione l’ungherese Orban, con queste parole: “Il piano di Orban ritiene che la protezione delle frontiere è il fine, è i rifugiati sono l’ostacolo. Il nostro piano, al contrario, considera la protezione dei rifugiati il fine, e i confini dei paesi l’ostacolo”.
Insomma Soros ordina sia la grande sostituzione delle popolazioni d’Europa, sia di cambiare le leggi in tutti i paesi cattolici, in modo da accelerare l’esaudimento dell’ordine emanato anni fa da Noel Ignatiev, professore giudeo di Harvard, di “abolire la razza bianca”.
Lo scopo di “abolire la razza bianca è così desiderabile”, ha scritto Ignatiev, “che si può trovare difficile credere che ci si opponga qualcuno, che non sia un suprematista bianco militante”.
“Eliminare la razza bianca”
“Il solo modo per risolvere i problemi sociali del nostro tempo”, ha spiegato Ignatiev, “è abolire la razza bianca, il che significa né più né meno che abolire i privilegi della pelle bianca. Fino a quando questo compito non è adempiuto, ogni riforma parziale sarà inefficace, perché l’influenza bianca permea ogni questione politica, interna ed estera”.
E’ una idea che ha sempre più corso in certi ambienti, specie dopo la vittoria di Trump. “Il mio desiderio per Natale è il Genocidio Bianco”, ha esalato il professor George Ciccariello-Maher, docente di Storia Politica alla Drexel University di Filadelfia: “Per essere chiaro: quando i bianchi sono stati massacrati nella rivoluzione di Haiti è stata una bellissima cosa”.
“Gli ebrei devono esser lieti del fatto che l’Europa cristiana perde la sua identità, come punizione per quello che hanno fatto a noi nei secoli in cui siamo stati in esilio lì. Non perdoneremo mai i cristiani d’Europa per aver sgozzato milioni di nostri bambini, donne e vecchi…Non solo nell’Olocausto ma per generazioni, nella continuità ipocrita tipica di tutte le fazioni della cristianità. Ora non ci saranno residui né superstiti della impurità del Cristianesimo, che ha versato tanto sangue da cui non potrà mai avere perdono”: Rabbino Baruch Efrati, capo di una jeshiva negli insediamenti illegali dei Territori Occupati. “Mozart, Pascal, l’algebra boleana, Shakespeare, il parlamentarismo, le chiese barocche, Newton,l’emancipazione femminile, Kant, i balletti di Balanchine eccetera non riscattano quello che questa specifica civiltà ha abbattuto sul mondo. La razza bianca è il cancro della storia umana” (Susan Sontag – che lo ha scritto nel 1967).
“Duemila anni di antisemitismo cristiano”
Come che sia, l’idea ha ovviamente attratto i negri militanti americani, ben lieti di sfogare il loro odio. In Europa l’idea della eliminazione totale dei bianchi non-giudei fa strada anche nella sinistra intelligente, preludio ad una entrata della idea nel mainstream (grazie alla finestra di Overton) fino a renderla auspicabile. Michel Onfray, neo filosofo parigino della “sinistra dionisiaca”, celebratore “dell’ateismo filosofico e dell’edonismo”, ha appena pubblicato il suo recentissimo saggio Décadence, dove non si contenta di rilevare che la civiltà occidentale “è in fase terminale”, ma se ne rallegra: era ora, “dopo 2 mila anni di antisemitismo cristiano, e il suo terribile coronamento nella Shoah”; oggi “il Dio del Vaticano è morto sotto i colpi del Dio della Mecca”. Il sottotitolo del suo Dècadence è indicativo: “Da Gesù all’11 Settembre, vita e morte dell’Occidente”.
Onfray si scaglia contro il Concilio che “ha fatto di Dio un amico a cui si dà del tu”, finendo per indebolire il cristianesimo in Europa a tal punto che esso non combatte più l’Islam (e quindi non protegge gli ebrei), di cui beninteso lui ha paura ed odio – come un israeliano. Questo propagandista dell’edonismo (è autore di un Manifesto Edonista) nello stesso tempo si scaglia contro “Il crollo del giudeo-cristianesimo, il calo del tasso di fecondità, le legislazioni post-cristiane che liberano la sessualità e la separano dalla procreazione” – quasi non fosse la conseguenza dell’edonismo imperante da lui promosso. Lui ci vuole allo stesso tempo Crociati e sessualmente liberati: siccome non lo siamo, vuole la nostra fine come civiltà.
La precedente palingenesi (fiumi di sangue)
Chi ha l’orecchio esercitato ai segnali di quella “cultura”, vi riconosce i prodromi di quella tendenza collettiva che loro per primi riconoscono in sé. “Due aspetti che in fondo già erano nelle parole dei profeti: da un lato la natura catastrofica e distruttiva della redenzione, e dall’altro il carattere utopico delle realizzazioni messianiche”. Per la sua natura profonda, il messianismo ebraico è una teoria della catastrofe” (Gershom Scholem). “Siamo distruttori, persino degli strumenti di distruzione che volgiamo a conforto. Gli ebrei resteranno distruttori eterni” (Maurice Samuel). “Di colpo l’ebreo protese la mano verso il Palazzo d’Inverno, ed era come se le parole uscissero da una prodigiosa profondità: Versa la Tua collera sui popoli che non Ti conoscono…distruggine la casa così che non resti pietra su pietra, come facesti per Assur e Babel!” (Schalom Asch).
Quando dal 1918, si proposero di “eliminare i kulaki come classe”, e prima la borghesia come classe, non si fermarono davanti all’eliminazione di decine di milioni, le esecuzioni a catena, la fame che sparsero nel paese, gli orrori dei genitori che macellavano un proprio figlio per nutrire gli altri. Ora che fra loro si fa strada l’idea, che prima covava marginale, di “abolire la razza bianca”, e farla finita “con duemila anni di antisemitismo cristiano”, non si creda che non se ne sentano capaci: “La nostra è una nuova morale. La nostra umanità è assoluta, perché ha le sue basi nel desiderio dell’abolizione di ogni oppressione e tirannide. A noi tutto è permesso”, si leggeva sul primo numero di Spada Rossa (Krasnyi Mec), organo della CEKA di Kiev (e il 75 per cento dei suoi membri erano ebrei). Già nell’agosto 1919, quando volontari antibolscevichi riconquistarono temporaneamente Kiev e videro la sala di esecuzione della polizia politica: “Tutto il cemento del grande garage era inondato di sangue. Il sangue non correva, formava vaste pozze di diversa ma sempre immensa vastità. Stagnava un orribile miscuglio fatto di poltiglia rossa, cervello, frammenti di cranio, ciocche di capelli e resti umani […] Una fossa larga venticinque metri, profonda altrettanto e lunga dieci metri, era piena completamente di sangue”. Nel bolscevismo “una elite di intellettuali governano autocraticamente in nome di una dottrina sacra e rivendicano una giurisdizione totale sulla vita umana individuale e collettiva al fine di rigenerarla “ (Luciano Pellicani).
(Le citazioni sono da Giudeobvolscevismo, di Gianantonio Valli, Edizioni Ritter)
Se pensate che esageri, è perché non avete più notizie dalla Striscia di Gaza: lì la gente vive ancora accampata sulle macerie di Piombo Fuso (2008), fra le rovine di Protective Edge (2014): il 75% della case sono distrutte, la gente campa all’aperto nel gelido inverno mangiando pasti come questo:
L’eliminazione fisica dei prigionieri di Gaza continua. Solo che i media – che tanto hanno strillato sui “bambini di Aleppo” – non dicono una parola.
Adesso l’intelligence militare sionista ha fatto uscire, a cura dello Institute for National Security Studies (INSS), la 2016-2017 Strategic Survey for Israel. Vi si lamenta “la campagna internazionale per delegittimare Israele” (ossia “il genere umano ci odia”, proiezione freudiana del “odiamo il genere umano”). Soprattutto si nota che “nonostante i buoni rapporti fra Mosca e Gerusalemme”, una maggiore e prolungata presenza militare russa nella regione, conseguenza dell’intervento che ha cambiato le sorti a favore del presidente Bashar al-Assad, “restringe la libertà di azione militare di Israele”:
“Dalla prospettiva israeliana – continua il rapporto – lo scenario migliore è la scomparsa del regime di Assad, insieme alla rimozione di Iran e Hezbollah dalla Siria, e dall’altra parte la sconfitta dello Stato Islamico e l’instaurazione di un regime moderato sunnita in Siria”.
Insomma non hanno rinunciato a una virgola del loro programma: eliminazione di Assad. Eliminazione di Iran. Eliminazione di Hezbollah. Insediamento di tagliagole salafiti in Siria.
Come modello di moderazione sunnita, infatti, il rapporto indica “le alture di Golan, dove ribelli moderati sunniti stanno combattendo con successo sia Assad sia lo Stato Islamico”: ovviamente avendo chiaro che si tratta di “Al Nusra”, ossia Al Qaeda, i cui combattenti Israele ha armato e curato se feriti.
Nouriel Roubini, il ben noto speculatore finanziario e docente alla Stern School of Business di New York, boccia Donald Trump. Paventa che metterà fine alla “Pax Americana, l’ordine mondiale sotto guida americana che ha prodotto 70 anni di prosperità” (sic), e “poggia sulla liberalizzazione dei commerci basata sul mercato, sull’accresciuta mobilità del capitale e la messa in atto di politiche sociali giudiziose (sic) il tutto sostenuto dalle multiple garanzie americane di sicurezza in Europa, in Medio Oriente e in Asia, attraverso la NATO ed altre alleanze”.
“La Russia sfida già oggi l’America e la UE sui territori dell’Ucraina, di Siria, nei paesi baltici, e nei Balcani”, “sosterrà i movimento pro-russi in Europa. Se l’Europa vede sparire l’ombrello militare americano, nessuno sarà più lieto che il presidente russo Vladimir Putin”.
No, non rinunciano ad un microgrammo del loro programma. “La svolta isolazionista dell’America e il perseguimento dei suoi scopi strettamente nazionali rischia di sboccare in un conflitto mondiale”.
Titolo dell’analisi di Roubini: “America prima di tutto, e poi la guerra mondiale”
Il senatore McCain e il suo complice senatore Lindsey Graham si sono portati avanti. Come abbiamo già detto, a Natale sono andati in Ucraina a sostenere la guerra di Kiev contro Mosca: “La nostra lotta è la vostra lotta”, ha arringato McCain. E anche, con tipica sobria valutazione: “Se Putin vince in Ucraina, allora può invadere il resto del mondo. In patria, spingeremo per misure adeguate. E’ tempo per loro di pagare un prezzo pesante”.
Dio aiuti il popolo russo, che ha pagato già un prezzo di sangue troppo alto all ‘incubo ricorrente ebraico di rigenerazione dell’umanità attraverso la sua eliminazione.